Teheran, anni ottanta.
Mentre infuria la guerra contro l'Iraq, nell'Iran della rivoluzione
islamica quattro famiglie si trovano a convivere forzatamente sotto
lo stesso tetto. Famiglie guidate dalle donne, perchè gli uomini
sono al fronte o inabili.
Cinque sono le figure
femminili che spiccano nel romanzo. Layeh, madre di Sareh, Salman e
della piccola Setareh (che nasce nel primo capitolo). Vedova di
Mansur morto in guerra durante la gravidanza.
Suri, coi figli Mayssam e
Samireh, vedova di Akbar.
Alyeh, zia e suocera di
Suri, moglie di Mashti.
Khorshid, moglie di
Qorban Alì, oppiomane.
Malayheh, moglie di Hamid
invalido di guerra.
Il libro è un
interessante scorcio sulla vita di queste donne, tra amicizie, odii,
riappacificazioni, intrecci. Una società dominata da superstizioni e
dalla fiducia in Dio.
Tra le storie degli
uomini, che in questo libro sono personaggi abbastanza di contorno, a
mio parere è molto intensa e commovente quella di Hamid, che soffre
la sua condizione di invalido al punto che preferirebbe essere morto
ma che, in seguito ad un avvenimento particolare (che non vi svelo),
trova la forza di cominciare una nuova vita, riscattandosi un po'
dalla condizione di “fardello” che lui pensa di essere.
Ci sono alcune pagine un
po' cruente che avrei fatto volentieri a meno di leggere, ma il libro
nel complesso è bello. Bisogna solo fare attenzione a non fare
troppa confusione con i nomi e le parentele.
Il finale mi ha lasciato
un po' così... sembra un po' “fantascientifico”...
Mio voto: 7 e mezzo /10