martedì 30 gennaio 2018

Cave canem - Danila Comastri Montanari


Titolo originale: Cave canem - 1993


Lago d’Averno 44 d.C 
Dopo aver trascorso un periodo di villeggiatura a Baia, il senatore romano Publio Aurelio Stazio e l’amica Pomponia, si fermano nella villa di Gneo Plauzio, un ricco mercante di pesce. La villa si trova sul lago d’Averno, la porta del regno degli inferi. Sul pavimento d'ingresso, i visitatori vengono accolti da un mosaico raffigurante un cane, cave canem (attenti al cane). 
All’arrivo, il senatore però ha una brutta sorpresa: il figlio di Gneo Plauzio, Attico, è stato trovato cadavere la notte precedente nella peschiera delle murene. Publio Aurelio viene invitato a trattenersi per fare da testimone alla stesura di un nuovo testamento, e apprende da Paolina, la nobile moglie di Gneo Plauzio, che sulla famiglia grava una maledizione scritta su una pergamena che la stessa Paolina ha trovato tra i gioielli della prima moglie di Gneo, una donna molto superstiziosa che si recava spesso a consultare la Sibilla Cumana

"Avvizziscono i rami degli alberi piantati nel giardino. 
Pesci, uccelli e insetti ne fanno marcire i frutti. 
Ma il pruno dell'orto fecondato dallo stesso polline, 
dissestato dalla stessa acqua, 
cresce rigoglioso 
e tutta la casa si nutre dei suoi frutti." 

In realtà, Aurelio non crede affatto a superstizioni e vaticini, e la morte di Attico gli risulta subito strana. Quando poi viene trovato morto anche il fratello, Secondo, Aurelio è decisamente convinto che il Fato non c'entri nulla e inizia ad indagare, grazie anche all'aiuto dell'astuto servitore Castore.
Dopo un paio di false piste, Aurelio riesce a capire chi è l'assassino e perchè ha inscenato tutta la storia della maledizione.

Terzo libro della serie di Publio Aurelio Stazio. Ho visto una crescita nella capacità narrativa dell'autrice. Il romanzo è scorrevole, gli scambi di battute tra Aurelio e Castore sono sempre molto simpatiche. Stavolta, poi, Castore si invaghisce di Xenia, una serva di casa Plauzio, una dalle mani leste che gli tiene testa.
Sono tante le donne che girano in questo romanzo: da Paolina, seconda moglie di Gneo (che l'ha rubata al precedente marito, un militare di nome Marco Fabrizio da cui lei ha avuto un figlio, Lucio Fabrizio, anch'egli militare); poi Elena, la bellissima moglie di Attico, madre di Nevia, una sedicenne che gioca ad accalappiare gli uomini e che odia la madre senza conoscere il suo passato; e ancora Terzia Plautilla, terzogenita di Gneo con cui Aurelio ha avuto una storia in passato. 
I personaggi non sono pochi, ma non ho fatto fatica a ricordarmeli perchè hanno delle caratteristiche ben definite.
La storia regge bene, si segue bene.
L'unica cosa che mi ha lasciata perplessa, è il prologo che viene fatto, dove si parla di un Aurelio ancora sedicenne, che si trova da un momento all'altro catapultato nel ruolo di paterfamilias... cioè, immagino il motivo per cui l'abbia messo proprio in questo romanzo (creando un parallelismo con la situazione di Silvio), però sembra un po' buttato lì.  
Una lettura gradevole.
Mio voto: 7 e mezzo / 10

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Serie Publio Aurelio Stazio finora:
1. Mors tua (1990)
2. In corpore sano (1991)
3. Cave canem (1993)

sabato 27 gennaio 2018

Il piccolo albergo della felicità - Lucy Dillon


Titolo originale: One Small Act of Kindness - 2015

Il piccolo albergo ricoperto di edera domina il giardino. Il futuro di Libby riparte da lì. Trasferirsi a Longhampton per gestire la nuova attività non è stato facile, e i lavori di ristrutturazione sono sempre più complicati. E poi c'è un ospite di cui è impossibile liberarsi. Un ospite con due orecchie pelose e un muso sempre in cerca di carezze: è Bob, il cane della suocera. Libby non ha tempo per occuparsi di lui e vorrebbe non averlo sempre tra i piedi. Ma presto scopre che Bob ha una dote speciale: attraverso la pet therapy, aiuta le persone a ritrovare il sorriso. Da allora Libby non può più fare a meno di quegli occhi capaci di leggere nel profondo della sua anima. E all'improvviso tutto appare più semplice. Un giorno, davanti all'albergo, un'auto investe una donna che rimane ferita e perde la memoria. Libby decide di ospitarla, sperando che la vicinanza di Bob possa aiutarla come ha fatto con lei. E la magia si compie. Tra quelle stanze calde e rassicuranti, piano piano i ricordi riaffiorano. L'amicizia con quel cucciolo buffo e invadente dà alla sconosciuta una nuova speranza e il coraggio di rimettere insieme i pezzi della sua vita. Ma quando arriva un uomo che si presenta come il fidanzato della giovane, Bob non si fida di lui. Libby non ha dubbi: il fiuto del suo caro amico non sbaglia mai. Insieme devono mettere in guardia la nuova amica. Perché il passato può nascondere delle ombre. Superarle può essere difficile, ma a volte il destino regala una seconda possibilità.(www.ibs.it)

Attenzione: contiene spoiler.

Mi piacciono i libri di Lucy Dillon, anche se la trama e il finale sono un po' scontati, nel senso che capisci proprio come finirà già a pagina cinque... Ma ogni tanto ho voglia di una lettura leggera, che mi faccia solo un po' sognare.
Libby e Alice, due donne a cui mi sono affezionata subito. Libby per la sua determinazione a voler far funzionare l'albergo; Alice perchè deve essere terribile veder scomparire il tuo passato e doverti fidare di quello che ti dicono gli altri. Soprattutto quando quello che ti viene detto contrasta un bel po' con quello che sono i tuoi sentimenti.
Alice pare essere fidanzata con Gethin, che però quando è sparita non l'ha cercata per settimane, dicendo che era fuori città. Nemmeno una telefonata? Questo doveva essere un enorme campanello d'allarme sull'inaffidabilità del personaggio... Ma poi c'è Luke, lo scapestrato della famiglia, che in realtà si rivela essere molto più solido e concreto del fratello considerato perfettino. Luke riconosce immediatamente Alice, ma non le rivela nulla perchè vuole che sia lei a ricordare tutto. Molto generoso, se non fosse che praticamente la lascia andare tra le braccia di uno poco raccomandabile.
Un grande assente, sempre presente è lo suocero di Libby, la cui moglie riesce a mantenere gli occhi foderati di prosciutto per buona parte del libro (ammetto che la suocera l'ho sopportata poco).
Diciamo che la storia è carina. Mi ha messo un po' di tristezza l'allontanamento di Jason da Libby, però, visto che la Dillon scrive romanzi d'amore, ho immaginato che in qualche modo sarebbero poi tornati insieme. Non vedevo l'ora, invece, che Gethin venisse smascherato, perchè è un personaggio abbastanza viscido fin da subito. Quando poi prende a calci il cane, gli avrei riservato lo stesso trattamento. A proposito, ho trovato su internet che in molti hanno chiesto alla Dillon che fine avesse fatto la cagnolina, perchè la vediamo andare via tra le braccia del veterinario e non se ne sa più niente; lei ha risposto che ovviamente la cagnolina sta bene! Probabilmente lo aveva dato per scontato, ma così scontato, in effetti, non lo era. Oltretutto, non capisco perchè nella versione originale il cane di Alice si chiama Fido (anche se femmina) mentre nella versione italiana le viene cambiato nome (forse perchè da noi "Fido" è maschile?).. mah.
Altra curiosità del romanzo: il rifugio in cima alla collina è quello gestito da Rachel e dal veterinario dell'altro libro della Dillon "il rifugio dei cuori solitari" eh eh..
Diciamo che, in generale, la trama è abbastanza leggera. Diventa un po' barbosa la parte della ristrutturazione ma si legge comunque in modo scorrevole. La storia dei due fratelli  che in realtà hanno due padri diversi, mah, mi pare messa lì più per fare "il colpo di scena" che non per dare un'effettiva utilità alla storia.
Carino, leggero, scorrevole. Piacevole lettura.
Mi piace molto l'idea dell'albero della gentilezza che c'è all'ospedale dove Bob fa il pet-terapista!
Mio voto: 7 / 10

venerdì 26 gennaio 2018

A spasso con Bob - James Bowen


Titolo originale: A street cat named Bob - 2010

Quando James Bowen trova davanti alla porta del suo alloggio popolare un gatto rosso, rannicchiato in un angolo, indifeso e ferito, non immagina quanto la sua vita stia per cambiare. James, ventisette anni, un passato di alcol e droga, non ha un lavoro né una famiglia su cui contare. Vive alla giornata per le vie di Londra, e raccoglie qualche spicciolo suonando la chitarra davanti a Covent Garden e nelle stazioni della metropolitana. L'ultima cosa di cui ha bisogno è un animale domestico. Eppure non resiste a quella palla di pelo, che subito battezza Bob. Pian piano James riesce a farlo guarire, e a quel punto lascia il gatto libero di andare per la sua strada, convinto di non rivederlo più. Ma Bob è di tutt'altro avviso: per nulla al mondo intende separarsi dal suo nuovo amico e lo segue ovunque. Instancabile. Finché a James non rimane che arrendersi. È l'inizio di una meravigliosa amicizia e di una serie di singolari, divertenti e a volte pericolose avventure che trasformeranno la vita di entrambi, rimarginando lentamente le vecchie ferite, anche quelle più profonde. A spasso con Bob è una storia tenera e commovente che parla di amicizia, felicità e amore. Un messaggio di speranza che, nel mondo, ha già toccato il cuore di oltre sette milioni di lettori. (http://www.sperling.it)

Dopo aver visto il film, ero curiosa di leggere il libro e finalmente ci sono riuscita. Nel film c'erano molte scene che nel libro non ci sono o di cui viene solo accennato. Nel libro ciò che viene fuori è la crescita di James, la sua rinascita. Un piccolo ammasso di pelliccia che gli fa ritrovare il senso della famiglia, della responsabilità prendendosi cura di qualcuno. La storia è terribilmente toccante. Chi ha avuto degli animali sa bene cosa prova James quando questa novità gli si presenta nella sua squallida vita, al punto da farlo guardare allo specchio e fargli trovare la forza di cominciare davvero a vivere e non solo a sopravvivere. Trovare la forza di uscire definitivamente dal tunnel della droga.
Le ultime 40 pagine le ho lette tutte piangendo (tranquilli, il gatto non muore!!).
Concordo con la presentazione che ne hanno fatto: una storia di amicizia, felicità, amore e speranza (il libro è autobiografico).
Mio voto: 8 e mezzo / 10. 


Giusto per curiosità, questi sono Bob e il suo papà umano:

mercoledì 24 gennaio 2018

Il tatuatore di Auschwitz - Heather Morris


Titolo originale: The tattooist of Auschwitz - 2018

Il cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento non saranno più donne, saranno solo una sequenza inanimata di numeri tatuati sul braccio. Ad Auschwitz, è Lale a essere incaricato di quell’orrendo compito: proprio lui, un ebreo come loro. Giorno dopo giorno Lale lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo finché una volta alza lo sguardo, per un solo istante: è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non potrà più dimenticare. Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito: racconta poco di lei, come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno un passato, ma sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Dove sono rinchiusi non c’è posto per l’amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l’amore è un sogno ormai dimenticato. Ma non per Lale e Gita, che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino tenta di separarli, le parole che hanno solo potuto sussurrare restano strozzate in gola. Parole che sognano un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle pronunciare di nuovo. Dovranno conservare la speranza per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo.

ATTENZIONE: contiene spoiler sul finale

E' sempre difficile giudicare un libro tratto da una storia vera, soprattutto quando viene raccontato un altro tassello di una delle più grandi tragedie dell'umanità. Questo libro, infatti, l'ho scelto in occasione della Giornata della Memoria, è un po' di anni che in questo periodo cerco di leggere qualcosa a tema con l'Olocausto.
La storia narrata è la storia di Lale e Gita che si conoscono e si innamorano nel campo di concentramento di Birkenau (o Auschwitz II).
Lale ha un solo obiettivo: uscire vivo da quell'inferno e vivere il resto dei suoi giorni con Gita. E questo è ciò che gli fa sopportare le atrocità che è costretto a vedere e vivere ogni giorno. Per Lale, "se ti svegli al mattino, è una buona giornata".
Per sopravvivere, Lale è deciso a lavorare a testa bassa, e grazie a Pepan, che ha tatuato il suo numero sul braccio, arriva a fargli da assistente e a sostituirlo quando questo "sparirà". Questo incarico gli concede alcuni privilegi, come una camera tutta sua e razioni di cibo maggiori che lui condivide con le persone che conosce. Nel giro di qualche tempo, osservando quello che accade intorno a sè, riesce a crearsi un giro di scambi grazie a due lavoratori esterni che gli procurano cibo e medicinali in cambio di soldi e gioielli che le ragazze che smistano gli oggetti personali gli fanno avere. E' un triste commercio, basato su ciò che ai deportati viene portato via, ma Lale in questo modo riesce ad aiutare molti prigionieri.
Lale e Gita riusciranno a condividere alcuni momenti molto teneri, nonostante tutto. E (va beh, ve lo anticipo) riusciranno a ritrovarsi e finalmente vivere insieme dopo che il campo sarà liberato dall'armata russa.

L'argomento è terribile, potete immaginarlo. E' un lucido racconto  della voglia di vivere, che ti costringe a dover far male ai tuoi connazionali per poter arrivare vivo alla mattina dopo. Lale non è l'unico prigioniero che è costretto a lavorare per i tedeschi (anche alcune guardie vengono prese dai prigionieri, alcuni torturatori del blocco 11 sono presi tra i prigionieri. Questa è una cosa che non sapevo). Lale è costretto a profanare il braccio delle persone, se non lo fa lui lo farà qualcun altro; almeno prova ad essere il più gentile che può in questo suo terribile compito.
L'autrice ha una scrittura molto fluida. Il libro si legge tutto d'un fiato, forse perchè si è anche curiosi di vedere come andrà a finire. Ci sono spaccati molto esplicativi della vita nel campo, del terrore, del dolore. Ci sono personaggi che ti rimangono impressi, come Leon (che subirà una tortura terribile), come Jakub, il gigante ebreo che tortura i prigionieri, come Baretski, l'ufficiale delle SS che a suo modo si "affeziona" a Lale.
La narrazione si modifica decisamente dopo che Lale riesce a scappare dal campo di concentramento. Sembra che diventi più "sbrigativa". Posso immaginare che rispecchi anche il racconto che Lale da vecchio ha fatto alla giornalista, posso immaginare che si sia soffermato sui dettagli del campo perchè sono quelli che gli sono rimasti più dentro e che voleva far conoscere; infatti, nel giro di poche decine di pagine, dopo che scappa da Birkenau viene ingaggiato dai russi per procurare loro delle donne, poi scappa e riesce ad arrivare a casa, dove la sorella lo manda a cercare Gita. Queste pagine sono comunque permeate dal suo desiderio di ritrovare Gita e di tornare a casa, ma la narrazione arriva meno in profondità. Non so come spiegarmi altrimenti.
E' una lettura che consiglio, anche a lettori giovani.
Mio voto: 8 / 10

w…w…w…wednesdays #112




"w…w…w…wednesdays" è una rubrica con la quale posso aggiornarvi sulle mie letture attuali, passate e prossime.  
Non è detto che gli aggiornamenti siano settimanali, perché non sempre leggo un libro in una settimana eh eh…
Ovviamente, se vi va, sono ben accetti i vostri interventi per condividere con me le vostre letture ;-)

Partecipare è facile, basta rispondere a queste domande:
1) cosa stai leggendo?
2) cosa hai appena finito di leggere?
3) quale pensi sarà la tua prossima lettura? 

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Sono rimasta un po' indietro con questa rubrica perchè, tra una cosa e l'altra, "vento dell'est" che ho cominciato prima di Natale non sono riuscita a finirlo prima dell'11 gennaio (!!!) e mercoledì scorso avevo troppe cose da sistemate in vista dell'operazione che ho fatto alla mano.. e quindi riparto oggi.

Le mie risposte (112^ puntata - mercoledì 24 gennaio 2018):

1) cosa stai leggendo?
il tatuatore di Auschwitz

2) cosa hai appena finito di leggere?
vento dell'est - m.m. kaye
- le vedove del giovedì - claudia pineiro
- l'ultimo lenzuolo bianco - farhad bitani

3) quale pensi sarà la tua prossima lettura?  
non so se proseguire con un'altra lettura sull'Olocausto o qualcosa di meno impegnativo... sono ancora indecisa

martedì 23 gennaio 2018

L'ultimo lenzuolo bianco - Farhad Bitani


Titolo originale: L'ultimo lenzuolo bianco - 2014
Edizione in inglese: The last white sheet - 2015

Farhad Bitani è figlio di un generale che combatte per liberare l'Afghanistan dalla dominazione sovietica, successivamente comandante dei mujaheddin. Farhad vive tra gli afghani benestanti, i privilegiati, i mujaheddin più danarosi, pur avendo come vicini di casa anche persone normali che vivono in povertà.
E' diventato anch'egli un militare, ha studiato all'Accademia di Modena. Una volta, tornando in Afghanistan in licenza, ha subìto un attentato. Da lì si è modificato radicalmente il suo modo di pensare e ha cominciato a dedicarsi all'idea di scrivere questo libro e dedicarsi alla pace ed al rispetto delle altrui culture.

"Nel mio Paese ho fatto la guerra, come fanno tutti i soldati." 
"Ho vissuto la paura, la fuga, il coraggio della disperazione. Ho sparato, ho ucciso. Sulla spalla sinistra porto la traccia della ferita di un kalasnikov. 
Gli altri segni, quelli invisibili agli occhi, sono rimasti nel cuore, nella testa, nel modo che ho di guardare la vita"

Il libro è un crudo spaccato della vita in Afghanistan, Paese che non ha mai vissuto in pace. Bitani alterna pagine molto sintetizzate della storia del periodo con pagine dei suoi ricordi di vita.

"Dopo aver vissuto l'infanzia, l'adolescenza e la prima giovinezza nell'ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità".

Bitani ha vissuto da dentro la trasformazione di coloro che in nome di Dio hanno accresciuto le violenze sui civili, donne e bambini in particolare 

"Non capivo che cosa avevano a che fare Dio e l'Islam con le ingiustizie che vedevo".

E' una lettura molto triste e molto interessante. E' una biografia dove è chiarissimo il suo cammino di crescita personale, con la rinuncia ad una vita agiata e una facile carriera prestigiosa in favore di una vita sudata in ogni suo centesimo ma senza dover prevaricare gli altri.
Mio voto: 8 / 10 

lunedì 22 gennaio 2018

Le vedove del giovedì - Claudia Pineiro


Titolo originale: Las viudas de los jueves - 2005


Alla periferia di Buenos Aires, dietro alti muri perimetrali, al di là di cancelli rinforzati e affiancati dalle garitte della vigilanza, si trova il complesso residenziale di lusso Altos de la Cascada. Fuori, la strada, la baraccopoli di Santa Maria de los Tigrecitos, l'autostrada, la città, il resto del mondo. Ad Altos de la Cascada vivono famiglie facoltose che hanno lo stesso stile di vita e che vogliono mantenerlo, costi quel che costi. In quest'oasi dorata di pace e tranquillità, un gruppo di amici si riunisce una volta alla settimana lontano dalla vista dei figli, delle donne di servizio e soprattutto delle mogli che, escluse da questi incontri virili, si autonominano, ironicamente, "le vedove del giovedì". Ma una notte la routine si spezza rivelando il lato oscuro di una vita "perfetta". (www.lafeltrinelli.it)

C'è chi ha definito questo libro un giallo, probabilmente solo perchè fin dall'inizio si scoprono questi tre cadaveri. Ma a ben guardare è più una minuziosa analisi di una comunità che ha scelto di essere chiusa, fisicamente (col muro di recinzione) ma anche mentalmente con pregiudizi, razzismo e regole che disciplinano ogni aspetto della vita sociale e di quartiere. Ad Altos de la Cascada tutti sono ricchi; gli uomini hanno tutti un lavoro di successo, giocano a golf e tennis, finanziano mogli che sono dedite allo shopping e figli che vanno in scuole separate dove chi sbaglia viene inserito in una lista di studenti a rischio. Tutto è regolato, omologato, persino sui fiori del giardino non c'è libertà di scelta perchè in pratica il giardino è unico, non ci sono recinzioni delle proprietà che deturperebbero la vista.
Ma l'Argentina sta per essere colpita da una grossa crisi finanziaria, e diversi degli uomini perdono il lavoro. E allora in casa Guevara è Virginia che diventa agente immobiliare per salvare la famiglia, mentre Tano Scaglia finge di continuare a lavorare anche dopo averlo perso per salvare le apparenze. Perchè ad Altos ciò che conta sono le apparenze. 
Questo libro mi ha ricordato molto il telefilm "desperate housewives", in tante cose. Solo che visivamente forse è più facile ricordare chi fa cosa e con chi sta. Sono tanti i personaggi che l'autrice ci presenta, anche se alla fine forse vale la pena di soffermarsi su 4 delle famiglie. E non sono comunque pochi. In queste famiglie, ci sono poi due ragazzini che si annoiano e cominciano a spiare i vicini. Grazie a loro si scoprirà una cosa successa in piscina "quella sera"...
Ma le certezze che chi abita ad Altos si aspetta, sono comunque destinate a crollare, perchè il resto del mondo riesce comunque ad entrare nella piccola comunità. Niente è per sempre, dice una madre ad una figlia disperata.
Il libro è interessante. Pone tanti interrogativi. Parte praticamente dal ritrovamento dei cadaveri e poi torna indietro alla creazione di Altos de la Cascada e alle famiglie che negli anni ci hanno abitato. A tratti mi è sembrato un po' noioso. Alcune descrizioni di come funzionano le cose diventano veramente prolisse, minuziose e quasi maniacali, la tira un po' per le lunghe come si suol dire. 
La narrazione mi ha lasciato perplessa. Parte con Virginia che parla in prima persona e poi d'un tratto capisci che quello che parla non è più Virginia, ma non si capisce mai chi sia. E così va avanti per tutto il libro. 
Ovviamente il problema della perdita del lavoro riguarda solo gli uomini, perchè ad Altos le donne i soldi li spendono (unica eccezione: Virginia).
Intorno a pagina 200 si comincia a capire cosa è probabilmente successo a bordo piscina, ma la verità la racconta Ronie e nelle ultime pagine alcuni dettagli mancanti vengono integrati dai due ragazzi che in pratica hanno assistito alla scena.
Una cosa che mi è rimasta impressa è quando a Virginia dicono che devono mettere dei chiodi nella gamba di Ronie, e lei fa tutta una riflessione sugli oggetti inseriti nel corpo umano e che sopravvivono anche alla decomposizione (come i denti finti del padre o le protesi al silicone).
Nel complesso il libro è interessante per l'argomento ma non mi ha fatto impazzire. So che è stato tratto anche un film, non so, sarei quasi curiosa di vederlo.
Mio voto: 7 / 10

giovedì 11 gennaio 2018

Vento dell'est - M. M. Kaye


Titolo originale: Trade wind - 1963

Un romanzo ricco di emozioni, magia e passione sullo sfondo pittoresco e suggestivo di Zanzibar. A quest'incantevole meta è attratta irresistibilmente Hero Hollins da quando, ancora bambina, le fu pronosticato un futuro di gloria e avventura.
Sfuggita per miracolo a un naufragio, viene catapultata nella ribollente realtà dell'isola, ultimo centro del commercio degli schiavi.
E lei, infervorata abolizionista, s'innamora perdutamente di un affascinante negriero... (dalla copertina)

Avrei voluto leggere questo libro in dicembre, per farlo rientrare in una delle reading challenges del 2017, ma ne ho lette pochissime pagine. In realtà l'avevo letto secoli fa e mi era piaciuto anche allora, pur ammettendo che non ricordavo i dettagli della storia. Avevo invece ben vivi nella mente i due personaggi principali, Hero Athena Hollins, che arriva a Zanzibar convinta di poter stravolgere le usanze locali e di fermare la tratta degli schiavi neri, e il capitano Emory (Rory) Frost, farabutto dal cuore tenero.
L'ambientazione è la Zanzibar di metà '800, governata dal mite e pavido sultano Majid su cui però gravano le trame del fratello Bargash che ha sempre voluto governare il territorio. E Hero si trova coinvolta, un po' ingenuamente, un po' stupidamente, negli intrighi di corte e nella realtà dell'isola che è controllata dagli inglesi. Hero è una ragazza con idee chiare e un caratteraccio testardo; ha sempre voluto andare a Zanzibar perchè così le aveva predetto da bambina una fattucchiera. Ma fin da subito viene a contatto con un uomo che è esattamente ciò che lei vuole combattere, e che le lascerà fin da subito un segno nel suo cuore, mettendo a rischio il matrimonio che aveva sempre sognato col cugino Clayton Mayo. Hero ama gettarsi anima e corpo nelle cause che hanno attirato la sua attenzione, finchè si rende conto che viene più volte ingannata.
Rory Frost, capitano della Virago, ha la fama di negriero, contrabbandiere e quant'altro. Un uomo di origini inglesi che ha rinnegato il suo passato, vittima di una famiglia in cui ha solo sofferto, che vive con una concubina che ha comprato da bambina per qualche moneta e che le ha dato una figlia.
Rory e Hero continueranno a incontrarsi per tutto il romanzo, finchè lui per vendetta nei confronti di Mayo fa un gesto veramente pessimo, che però cambia tutta la mentalità di Hero nella seconda parte del romanzo. E nonostante tutto, Rory riesce ad essere un "cattivo non cattivo", un personaggio a cui ci si affeziona.
Mi rendo conto che non riesco a rendere la bellezza di questo libro. Le descrizioni ci fanno veramente calare nel paesaggio; i personaggi sono ben delineati, anche quelli secondari. Magari mi sono un po' persa in tutte le dinastie dei sultani, ma anche la parte storica è interessante, con le superstizioni e le scene terribili dell'epidemia di colera che ha devastato l'isola.
E' una storia travolgente di amore, gelosia, vendetta, congiure, malattie, coraggio. La parte romantica ha sicuramente un grosso peso nella trama, ma l'autrice tocca veramente tanti argomenti importanti.
Purtroppo questo libro è fuori commercio e non credo esista su ebook. Se vi capita di trovarne una copia in qualche mercatino dell'usato, prendetelo!
Mio voto: 9 / 10