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domenica 20 gennaio 2019

La baracca dei tristi piaceri - Helga Schneider


Titolo originale: La baracca dei tristi piaceri (2009)


"Stava lì, l'aguzzina delle SS, capelli biondi e curati, il rossetto sulla bocca dura, l'uniforme impeccabile? Stava lì e pronunciò con sordida cattiveria: Ho letto sulla tua scheda che eri la puttana di un ebreo. È meglio che ti rassegni: d'ora in poi farai la puttana per cani e porci'".
Così racconta l'anziana Frau Kiesel alla giovane e ambiziosa Sveva, dando così voce a un dramma lungamente taciuto: quello delle prigioniere dei lager nazisti selezionate per i bordelli costruiti all'interno stesso dei campi di concentramento, in base un'aberrante strategia per la limitazione dell'omosessualità.
Donne i cui corpi venivano esposti ai sadici abusi delle SS e dei prigionieri maschi? spesso veri e propri relitti umani? che malgrado tutto preferivano rinunciare a un pezzo di pane per scambiarlo con pochi minuti di sesso tristissimo. Donne che alla fine della guerra, schiacciate dall'umiliazione e dalla solitudine, invece di denunciarla fecero di tutto per nascondere quella tragedia, seppellirla dentro di sé. In questo nuovo capitolo della memoria storica personale e collettiva, Helga Schneider continua, con lucidità e compassione, ma anche con implacabile giudizio, a dare testimonianza di ciò che è accaduto perché non si ripeta mai più, e a rendere un coraggioso omaggio alle donne che in tutti i tempi e in tutti i luoghi subiscono la violenza degli uomini, delle leggi, della Storia. (www.salani.it)


"Sant'Iddio, mi dicevo questi prigionieri sono solo ombre ossute prostrate dai lavori forzati... Sono poveri esseri privati di qualunque dignità... Sono trattati come rifiuti umani, gli spezzeranno le ossa, poi saranno uccisi e lo sanno. Si alzano all'alba, lavorano sodo per dodici ore a pancia vuota subendo ogni sorta di sopruso, fisico e psicologico, poi devono sopportare l'appello serale che troppo spesso si trasforma in tragedia quando il conto non torna. Solo dopo possono trangugiare il rancio disgustoso, ma invece di non veder l'ora di stendersi sulla branda per dormire il poco concesso, ecco che non resistono al bisogno di trascinarsi al bordello per sfogarsi con una donna.
Non potevo proprio capirlo, mi sembrava insensato, cosi illogico. Alla fine ne trassi la conclusione che l'istinto sessuale rappresenta nell'uomo una sorta di coercizione ineluttabile che lo domina oltre la stanchezza mortale, oltre la fame che rode, oltre l'esasperazione esistenziale...Lo trovavo terribile, un'imposizione biologica cieca e inesorabile...... Quei prigionieri erano tra la vita e la morte eppure volevano sesso!"


Dopo "Il rogo di Berlino", sono rimasta un po' spiazzata dallo stile di questo libro. Mi aspettavo qualcosa di autobiografico, mentre invece è una storia un po' romanzata, dove la scrittrice intervista la donna sopravvissuta a Buchenwald, e riporta quindi la sua storia. Storia che viene spesso interrotta dalle vicende personali della scrittrice, che non aggiungono molto alla vicenda. Per esempio, il fatto che l'amico sia gay non capisco che giovamento dia al libro (forse per dire che i gay sono poco accettati anche nel presente?)...
Sono, quindi, un po' incerta sul "giudizio". La vicenda di Herta, costretta a prostituirsi, è ovviamente terribile. E' un altro tassello sulle barbarie naziste. E' una cosa su cui c'è stata molta reticenza in passato, perchè le stesse vittime hanno preferito non denunciare per non essere mal giudicate. Solo più recentemente è stata scoperta questa cosa dei bordelli costruiti all'interno dei campi di concentramento, destinati non solo al sadismo delle SS ma anche ai prigionieri "privilegiati".
Lo svolgimento del libro però è un po' dispersivo e dà la sensazione di parlare della vicenda di Herta in modo un po' superficiale e un pelino edulcorato. Forse era ciò che voleva la scrittrice, magari voleva far riflettere senza creare un libro "mattone"; se questo era lo scopo è riuscito. 
La lettura è stata molto scorrevole. E' un libro adatto anche a giovani lettori (adolescenti)
Mio voto: 7 e mezzo / 10

sabato 4 febbraio 2012

Il rogo di Berlino - Helga Schneider



(contiene spoiler)
La vita degli abitanti di Berlino durante la seconda guerra mondiale. Civili che soffrono la fame, la sete, costretti a vivere come spettri nella propria città dove c'è solo terrore e bombardamenti, palazzi in fiamme e cadaveri per le strade.
Il tutto visto con gli occhi di Helga, una bambina di 5 anni la cui madre, dopo la nascita del secondo figlio Peter, si arruola nelle SS. E' l'autunno del 1941 e le forze tedesche se la passano male sul fronte russo.
Helga e Peter si trovano a dover vivere con la matrigna, per loro praticamente una sconosciuta. Ma mentre Peter viene accolto davvero come un figlio, tra Ursula ed Helga ci solo incomprensioni che col tempo diventano vere e proprie ostilità.
Helga viene prima rinchiusa in un istituto che si rivela essere un lager, un deposito per fanciulli non desiderati o ritenuti indegni di appartenere alla razza ariana. Successivamente, viene mandata in un collegio rieducativo per bambini caratteriali, che lei ricorda con una sorta di calda gratitudine, dove vengono trattati con fermezza affettuosa e i ragazzi sono impegnati in lavori utili per la comunità.
Il ritorno a Berlino fa scoprire ad Helga la vita fuori da Eden, uno scenario sconsolante: la città sembra un immenso rogo.
Da quel momento la vita di Helga si svolge nella casa di famiglia di Hilde. Quando urlano le sirene corrono in cantina; una volta cessato l'allarme ritornano alle case. Un continuo andare su e giù per le scale.
Fame, sete, freddo, terrore, insonnia, sporcizia, debolezza, apatia, senso di abbandono e di impotenza: questi sono gli ingredienti della quotidiana esistenza trascorsa in cantina, nel costante progredire dei bombardamenti sopra di loro. Costretti a vivere con persone che non si erano scelti. In questo clima, solo la presenza di Opa, il padre della matrigna, è la sola che trasmette ad Helga un po' di affetto.
Poi, la fine della guerra. La gente si riversa in strada “come spettri ubriachi di gioia”.
Berlino quando finalmente le armi tacciono è una distesa di rovine ardenti, le strade gremite di cadaveri, una latrina a cielo aperto, senza elettricità, né gas, né acqua, né riscaldamento, né alcuna distribuzione di viveri o medicinali.
Helga ripone molto speranze nel ritorno del padre dopo il congedo. Ma lui si rivela essere un uomo introverso e di poche parole.
Finchè arriva il momento dell'addio a Berlino, il ritorno in Austria, patria del padre. Helga si ritrova a piangere la città che tanto le ha tolto, in un commovente finale.

Ho letto questo libro per il gruppo di lettura della biblioteca. Non volevo leggerlo poi l'ho fatto. L'ho praticamente divorato. E devo ammettere che mi è piaciuto molto, nonostante gli argomenti pesanti che tocca.
Un libro con scene terribili ovviamente, con immagini che dovrebbero essere un monito per non farle mai più accadere. Raccontato attraverso i ricordi di una bambina. Si capisce chiaramente dal linguaggio che il libro è stato scritto quando Helga non era più una bambina, con alcuni passaggi che sono obiettivamente “filtrati” dalla mente di una persona adulta che ha rielaborato le sue esperienze. Ma non per questo sono meno incisivi ed efficaci.
Un linguaggio semplice, che è probabilmente la sua forza.
Una testimonianza che nonostante la crudezza dell'argomento, offre alcune scene anche molto tenere.
Un libro adatto da far leggere ai giovani, a mio parere.
mio voto: 8/10