venerdì 29 gennaio 2016

Se la vita che salvi è la tua - Fabio Geda


Titolo originale: Se la vita che salvi è la tua - 2014

Andrea Luna ha trentasette anni, fa l'insegnante, ma non ha una cattedra fissa. Quello che doveva essere un breve soggiorno newyorkese, una vacanza solitaria voluta per riprendere fiato e soffocare le braci di una crisi coniugale, si trasforma in una peregrinazione nelle miserie dell'umanità e nella sua infinita ricchezza, in un viaggio che lo trascina ai margini della società e che gli regala incontri memorabili, soprattutto quello con la famiglia Patterson: Ary, la madre, e i suoi due figli gemelli di tredici anni, Benjamin e Allison. Quando, all'improvviso, Andrea decide di tornare a casa dalla moglie, quello che ha lasciato non esiste piú. E allora capisce che «casa» è altrove. Per raggiungerla sarà disposto a tutto, anche ad affidarsi a un pollero, un trafficante d'uomini. (www.einaudi.it)

Questo libro l'abbiamo letto per il gruppo di lettura di gennaio. Vi giuro che all'incontro, la prima cosa che ho detto è che "non sapevo cosa dire". Forse perchè ci sono tanti argomenti nel libro, forse perchè da un certo punto di vista capisco bene la fuga di Andrea, e al tempo stesso poi mi dissocio da altre scelte che compie, ma insomma non riesco a trovare nessun feeling "totale" col protagonista.
E' un uomo precario, come lavoro e (forse anche di conseguenza) come carattere. Non sa cosa vuole, è imprigionato in una vita dalla quale si lascia trasportare. Anche il matrimonio, secondo me, era a pezzi ben prima della perdita del figlio. Questo evento tragico è solo la goccia che fa traboccare un vaso già pieno. Non capisco la moglie, ha accanto un uomo che le vorrebbe stare vicino, e lei alza un muro, si chiude in se stessa, quando gli parla lo insulta. Sinceramente, anche io sarei scappata da una donna simile. Il dolore, o unisce di più, o separa del tutto. Dopo che la moglie si rifugia nel lavoro, è Andrea che scappa, e torna a New York, dove è stato da giovane e dove viene letteralmente catturato dal quadro de "Il figliol prodigo" (Rembrandt), davanti al quale passa giorni e giorni, evitando di prendere l'aereo che lo riporterebbe a casa e diventando, di fatto, un clandestino. Poi ci sono tutta una serie di vicende dal quale Andrea pare più farsi trasportare, fino a diventare un barbone. Finchè un ragazzino "lo porta a casa" (un po' come un randagio) e la madre lo accoglie al punto che diventano amici, poi amanti. E lui si trova bene in questa famiglia, dove si sente desiderato, dove ci sono due figli con cui instaura uno straccio di rapporto. Dopo oltre un anno decide finalmente di guardare le mail, e ne trova un paio della moglie: la prima piena di insulti, la seconda dal tono più morbido dove lui intravvede la possibilità di tornare insieme. E cosa fa? Scappa dalla famiglia Patterson (stavolta lasciando un biglietto: "la fuga è il futuro") e torna in Italia, dove però ha un'amara sorpresa: la moglie è incinta di 6 mesi del professore con cui lavora (te lo dicevo dalle prime venti pagine che sarebbe finita così..) e allora cosa fa? Fa di tutto per tornare a New York da Ary e i ragazzi, passando per i trafficanti di uomini del Messico, entrando da clandestino e accettando di vivere per sempre come clandestino.
Per tutto il libro è centrale questo quadro del figliol prodigo, di cui lui si sente essere il figlio maggiore, quello invidioso, e finisce con l'essere anche il figlio minore, quello che torna e viene perdonato e riaccolto. La prima parte, dove c'è tutto il parallelismo col quadro, è molto mistica e molto interessante. La seconda, e in particolare la storia del Messico, pare un po' buttata lì per metterci "il pezzo che fa sensazione". Oltre al fatto che questa seconda parte è terribilmente rapida, tutto accade in poche righe. E poi ha anche una certa dose di fortuna, perchè tutte le persone che incontra sono più che disponibili a dargli una mano, senza chiedere niente in cambio (la donna cinese che gli regala dei soldi, i vari personaggi che gli offrono un passaggio, ecc.), mentre con lui con alcuni personaggi ostenta un notevole egoismo (vedi come si comporta con l'amico Vincenzo che gli ha trovato un lavoro).
Il libro si fa leggere bene, è scorrevole, ha diverse frasi molto belle. Però la storia.. mah.
Bellissimo il personaggio di Walter, il custode del museo.
Mio voto: 6 e mezzo / 10

p.s. se ve lo chiedete, il quadro è questo:


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