Visualizzazione post con etichetta Full house reading challenge 2016. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Full house reading challenge 2016. Mostra tutti i post

martedì 27 dicembre 2016

Kafka sulla spiaggia - Haruki Murakami



Titolo originale: Umibe no Kafuka - 2002

Un vecchio che capisce la lingua dei gatti e un quindicenne con la maturità di un adulto. Il primo fugge da un delitto sconvolgente, il secondo da una sconvolgente profezia. Inquietante, avvincente e visionario, Kafka sulla spiaggia è il romanzo che consacra Murakami come uno dei più grandi narratori contemporanei. (www.einaudi.it)

Il romanzo racconta due storie parallele, a capitoli alterni. 
In una troviamo Tamura Kafka, un quindicenne, abbandonato a 4 anni dalla madre, che vive con il padre scultore col quale non ha alcun dialogo ma che gli ha fatto una terribile profezia molto simile a quella ricevuta da Edipo ("ucciderai tuo padre e giacerai con tua madre e tua sorella"). Kafka (che è un nome che si è scelto lui), ha una specie di alter ego, il ragazzo chiamato Corvo, che lo sprona a diventare il quindicenne più tosto del mondo. Nella sua fuga, già progettata da anni, Kafka arriva alla biblioteca Komura, dove conosce il bibliotecario Oshima (personaggio che si autodefinisce "diverso" in quanto si comporta da uomo ma in realtà è una donna) e la direttrice, la signora Saeki, con un passato misterioso e che da giovane aveva composto una canzone di enorme successo chiamata "Kafka sulla spiaggia".
Nella seconda storia troviamo Tanaka, un sessantenne con deficit mentali causati da un misterioso incidente accaduto in età scolastica, che non sa nè leggere nè scrivere ma parla con i gatti e vive del sussidio del governatore. Tanaka si imbatte in Johnny Walker, un raccapricciante personaggio che si diverte a catturare gatti per torturarli e fare collezione delle loro teste, ma che chiede proprio a Tanaka di ucciderlo. Tanaka, in un impeto di rabbia, esaudisce il suo desiderio, e si trova quindi a scappare verso ovest, chiedendo passaggi ai camionisti, l'ultimo dei quali, Hoshino, decide di prendere una pausa dal lavoro e aiutarlo in questa particolare "missione" che Tanaka sa di avere. Anche lui arriverà alla biblioteca Komura e alla signora Saeki.
Le due storie poi si intrecciano in diversi punti.

(attenzione: spoilers)
La prima cosa che mi viene in mente chiudendo questo libro è il sangue, che è un po' il filo conduttore dell'intera storia (dalle mestruazioni, ai legami di sangue, al sangue sparso in guerra, al sangue dei gatti, al bibliotecario emofiliaco, ecc.).
La scrittura di Murakami mi piace, ha uno stile fluido, scorrevole, anche se la storia narrata sembra veramente scritta sotto l'effetto di qualche sostanza stupefacente perchè, al di là di essere molto visionaria, ci sono dei punti in cui è proprio fuori di testa. Nel complesso però ho chiuso il libro contenta di averlo letto, nonostante abbia trovato assurdamente atroci le scene in cui Johnny Walker uccide i gatti (io l'avrei accoltellato appena aperto il frigo...) e decisamente di cattivo gusto l'incesto con la presunta madre e lo stupro della pseudo sorella (perchè lei non era proprio consenziente, pur essendo tutto accaduto in un sogno). Ad un certo punto ho sperato che si scoprisse che in realtà Tamura Kafka non era il figlio della signora Saeki, bensì una specie di reincarnazione del fidanzato morto (ma in realtà lei non conferma mai che è la madre, lascia in sospeso dicendo a Tamura che lui ha la risposta).
Un'altra storia che non viene chiusa è proprio la storia di apertura, dei bambini che cadono svenuti nella radura. Anche dopo che la maestra spiega la verità, mi è rimasto il dubbio di cosa c'entri col resto della storia, a parte ovviamente il fatto che in quell'episodio Tanaka perde i sensi e si risveglia con deficit mentali. Ma alla fine non ho capito cosa sia successo davvero nella radura.
Ci sono alcune riflessioni interessanti sulla guerra, in particolare sull'inutilità delle guerre e sui soldati che se non fossero costretti non ucciderebbero altri uomini. Altri passaggi interessanti sono sul senso di vuoto dei personaggi, sull'importanza dei ricordi.
I personaggi secondari sono dei comprimari decisamente interessanti, con personalità ben sviluppate, in particolare Oshima, la Saeki e Hoshino. Ma è interessante anche la prostituta che studia filosofia.
A parte quindi le pagine su Johnny Walker, che ha tutto il mio disprezzo, il resto del romanzo è interessante. Strano ma interessante.
Mio voto: 7 e mezzo / 10

giovedì 17 novembre 2016

Domanda di grazia - Gabriele Romagnoli



Titolo originale: Domanda di grazia - 2013

Un giorno Gabriele Romagnoli entra in corte d'assise, a Bologna. È lì per l'imputato: Andrea Rossi. Non lo vede da anni, sa che ha sei figli, ha ereditato dal padre uno studio e fa il commercialista. Ma Romagnoli lo ricorda ancora adolescente, campione di pallavolo, popolare tra le ragazze, pieno di talenti e speranze. Adesso Andrea Rossi è invece accusato dell'omicidio di Vitalina Balani, settantenne ex-infermiera che aveva sposato un ricchissimo imprenditore immobiliare, invalido al 100 per cento. In due anni Vitalina aveva prestato ad Andrea due milioni di euro. Prove non ce ne sono, ma il movente e molti indizi portano gli inquirenti ad abbandonare in fretta le altre piste e a considerare il caso risolto. È assurdo, difficilissimo far combaciare l'immagine di quel ragazzo buono e sempre gentile con quella di uno spietato assassino. Se è lui il colpevole, come può starsene lì seduto, con aria mansueta, proclamandosi innocente? E se davvero è innocente, perché di fatto rinuncia a difendersi degnamente? Romagnoli ricostruisce il caso con la lucidità del reporter, la profondità dello scrittore e l'umanità dell'amico, e dà vita a una riflessione sulla giustizia e sul destino, sulle ragioni e le colpe che intessono l'esistenza umana. Con pazienza smantella ogni certezza, affidando al fallibile giudizio umano il mistero di un delitto e del suo castigo, e chiedendo infine che per Andrea Rossi si apra una possibilità di grazia. (www.amazon.it)

''Penso che la sua colpevolezza non sia stata provata oltre ogni dubbio. Ma penso che la sua innocenza sia stata ancor meno dimostrata''.

Non sono solita leggere libri di giornalismo investigativo, ma me ne serviva uno per la "monthly reading" di novembre e ho scelto questo, che era stato suggerito durante un incontro in biblioteca da un ospite.
E' un libro molto corto, un centinaio di pagine, abbastanza fluenti. Non conoscevo Gabriele Romagnoli, è un giornalista che ha intervistato molti personaggi famosi anche esteri (tipo il Dalai Lama). L'omicidio è avvenuto a Bologna, ma ammetto che non ricordo assolutamente la vicenda.
In questo libro, Romagnoli riscrive minuziosamente il processo del suo amico d'infanzia Andrea, che non vede da anni, e che è stato accusato di aver ucciso una pensionata settantenne. Nel fare questo, Romagnoli rievoca i momenti trascorsi con Andrea e suo fratello Stefano. Figli di una famiglia perbene, educati a parlare in modo forbito fin da piccoli. Stefano, alla fine, ha condotto una vita un po' sbandata, mentre Andrea si è sposato, ha avuto sei figli e fa il commercialista. Ma l'accusa prova anche che truffava i clienti facoltosi.
Romagnoli smonta pezzo per pezzo l'intera conduzione del processo, dove non arriva ad assolvere il suo amico, ma fa notare che il processo è stato quasi roccambolesco, con avvocati che non hanno tutelato il proprio cliente. Andrea, alla fine viene comunque condannato senza che in realtà si sia mai cercato seriamente un altro colpevole.
Romagnoli non vuole difendere l'amico, punta decisamente l'accento sul processo, cominciato con già una sentenza praticamente definitiva.
E' una lettura interessante, e si sente molto il coinvolgimento emotivo dello scrittore (è probabilmente il suo bello). In pratica, il libro è una domanda di grazia rivolta all'allora Presidente della Repubblica Italiana, a cui è dedicato.
Mio voto: 8 / 10.

mercoledì 16 novembre 2016

Miss Julia scende in pista - Ann B. Ross


Titolo originale: Miss Julia takes over (2001)

Sembrava che i guai fossero finiti per Miss Julia, e invece la ritroviamo alle prese con una situazione imprevista e difficile: Hazel Marie, uscita per una serata romantica, è scomparsa. Dopo uno sfortunato tentativo di coinvolgere la polizia, Miss Julia decide di fare di testa propria e assume un (fascinoso) investigatore privato. Finirà invischiata in una serie di avventure spassose e imprevedibili che la porteranno a contatto con un mondo a lei sconosciuto, quel- lo delle corse automobilistiche. Come se non bastasse, Miss Julia deve anche fare i conti con fratello Vern, che proprio durante la sparizione di Hazel Marie torna alla carica per ottenere l’affidamento del piccolo Lloyd (e del suo patrimonio)… (http://www.astoriaedizioni.it/)

Secondo episodio della serie di Miss Julia, l'arzilla vedova che ospita a casa sua l'amante del marito defunto e il loro pargoletto, a cui si è decisamente affezionata.
Devo dire che questo libro mi è piaciuto molto meno del primo. La lettura è sempre scorrevole sì, alcune parti sono anche divertenti,  ma la storia è un po' intricata, tra la sparizione di Hazel Marie e il mondo delle corse Nascar che si intrecciano tra loro. 
Oltretutto, nel primo libro avevo adorato lo spirito di Miss Julia, la sua brillantezza, ma qui è decisamente troppo bigotta, troppo dedita al giudizio sul comportamento altrui e soprattutto assolutamente menefreghista nei confronti della legge; inoltre ho trovato insopportabile il modo in cui si intromette nelle ricerche e pretende che l'investigatore faccia quello che vuole lei. Poi, ovviamente la protagonista è lei, ma insomma se fossi stata nel signor Pickens l'avrei fatta fuori.  
Una lettura leggera, anche divertente, ma mi ha deluso un bel po'.
Mio voto: 6 / 10

giovedì 27 ottobre 2016

L'invenzione della madre - Marco Peano



Titolo originale: L'invenzione della madre - 2015

Questa è una storia d’amore. Si tratta dell’amore più antico e più forte, forse il più puro che esista in natura: quello che unisce una madre e un figlio. Lei è malata, ha poco tempo, e lui, Mattia – sapendo che non potrà salvarla, eppure ostinandosi contro tutto e tutti – dà il via a un’avventura privatissima e universale: non sprecare nemmeno un istante. Ma in una situazione simile non è facile superare gli ostacoli della quotidianità. La provincia in cui Mattia abita, il lavoro in videoteca che manda avanti senza troppa convinzione, il rapporto con la fidanzata e con il padre: ogni aspetto della sua vita per nulla eccezionale è ridisegnato dal tempo immobile della malattia. Un rifugio sicuro sembrano essere i ricordi: provare a riavvolgere come in un film la memoria di ciò che è stato diventa un esercizio che gli permette di sopportare il presente. Ma è davvero possibile sfuggire a se stessi? In questo viaggio dove tutto è scandalosamente fuori posto, è sempre il rapporto con la madre a far immergere Mattia nella dimensione più segreta e preziosa in cui sente di essere mai stato. Raccontando di questo everyman, grazie al coraggio della grande letteratura, Marco Peano ridà senso all’aspetto più inaccettabile dell’esperienza umana: imparare a dire addio a ciò che amiamo. (http://www.minimumfax.com/)

Sono molto in difficoltà a fare la recensione di questo libro, perchè ho letto una valanga di commenti positivi, mentre a me, se devo essere sincera, non è piaciuto. E' un libro che ho chiuso veramente dicendo "evviva è finito" (anche se forse verso il finale migliora un po'). Il problema non è l'argomento trattato, è proprio lo stile di scrittura. Non è che tutti i libri sul cancro debbano essere pesantissimi o strappalacrime, ma qui sembra di ascoltare qualcuno che ti racconta un film con distacco, dove tutti i personaggi non hanno nome (a parte il figlio, ma anche lui viene spesso chiamato solo "il figlio"). E i nomi potrebbero anche non essere importanti, se non fosse che troppe volte l'autore rimarca il fatto che la madre aveva un nome talmente strano che spesso mettevano una o dove doveva andare una a. Cazzarola, ho passato il libro a chiedermi che nome avesse e "l'arcano" rimane irrisolto.
Non mi è piaciuto lo stile freddo della scrittura, distaccato, non mi è arrivata alcuna emozione provata dal ragazzo. Ammetto di essermi commossa in un paio di punti, ma poche righe e poi è tornato il freddo.
L'autore fa un gran uso di parentesi, troppe, e molte di esse sono quasi troppo "da maestrino"; alcune sarebbero state carine, ma ad un certo punto erano così frequenti che non le sopportavo più. In alcuni momenti ho avuto l'impressione che alcune espressioni utilizzate fossero un po' troppo ricercate ("la barella che trasportava il corpo amato".. l'espressione "corpo amato" fa abbastanza romanzo d'epoca). Ci sono poi un paio di frasi che non mi sono piaciute. La prima, proprio nella prima pagina, quando parla dei barellieri: "volontari - forse segnati da un lutto personale - che regalano il proprio tempo ai bisognosi"... sarà che faccio la barelliera e non certo perchè mi ha spinto un lutto personale per cui ho trovato questo riferimento un po' inutile, fuori luogo. La seconda frase, invece, secondo me è raccapricciante: "perchè la malattia è come una gravidanza: non esiste un caso paragonabile a un altro, non c'è parto - un cancro - uguale a un altro". Credo sia un paragone veramente fuori luogo e orribile. Alcuni commenti lasciano un po' il tempo che trovano, tipo l'accostamento mamma-Mattia-morte. Mah. Oltretutto, secondo quanto so io, ha proprio detto una stupidaggine sul fatto che la lettera più facile da pronunciare sia la m... che sappia io, non è vero. Per non parlare che credo che ad un certo punto il personaggio abbia proprio degli atteggiamenti che rasentano il patologico (spogliarsi nudo e infilarsi nel letto della madre?? cioè, io capisco il bisogno di cercare un'intimità con la mamma morente, ma il perchè dello spogliarsi nudo?? o il voler raccogliere il suo fiato dentro a dei palloncini???)
Ci sono anche momenti teneri, come quando dopo averla sistemata Mattia bacia la madre "restituendole in parte i baci che lei gli ha dato da piccolo". Questa è una immagine molto tenera. E ho trovato molto tenero anche il momento in cui Mattia vede il padre nella depandance ("di là") e capisce che anche lui sta soffrendo, in silenzio, ma sta soffrendo.
Mi dispiace. Sono convinta che Mattia (che in qualche modo dovrebbe rispecchiare l'autore del libro) stia davvero soffrendo, ma delle emozioni che prova non arriva quasi nulla. Ad un certo punto è chiaro che la malattia della madre è anche un po' una scusa per non vivere, per non crescere, lasciando che ciò che gli sta intorno scelga per lui (la morte, la fidanzata, ecc.).
Non so se leggere il libro in un altro momento avrebbe cambiato il mio giudizio. Però l'ho letto ora, e mia madre non è morta di cancro a cinquant'anni, per cui non posso cambiare le cose. Sinceramente non mi è piaciuto. Ripeto, non l'argomento, ma proprio come è stato trattato. Arrivo a sei perchè mi concedo il beneficio del dubbio di non essere nello stato giusto per capirlo.
Mio voto: 6 / 10.

martedì 4 ottobre 2016

Gli occhi neri di Susan - Julia Heaberlin



Titolo originale: Black-eyed Susans (2015)

Tessa Cartwright, sedici anni, viene ritrovata in un campo del Texas, sepolta da un mucchio di ossa, priva di memoria. La ragazza è sopravvissuta per miracolo a uno spietato serial killer che ha ucciso tutte le altre sue giovani vittime per poi lasciarle in una fossa comune su cui crescono delle margherite gialle. Grazie alla testimonianza di Tessa, però, il presunto colpevole finisce nel braccio della morte. A quasi vent’anni di distanza da quella terrificante esperienza, Tessa è diventata un’artista e una mamma single. Una fredda mattina di febbraio nota nel suo giardino, proprio davanti alla finestra della camera da letto, una margherita gialla, che sembra piantata di recente. Sconvolta da ciò che evoca quel fiore, Tessa si chiede come sia possibile che il suo torturatore, ancora in carcere in attesa di essere giustiziato, possa averle lasciato un indizio così esplicito. E se avesse fatto condannare un innocente? L’unico modo per scoprirlo è scavare nei suoi dolorosi ricordi e arrivare finalmente a mettere a fuoco le uniche immagini, nascoste per tanti anni nelle pieghe della memoria, che potranno riportare a galla la verità… (http://www.newtoncompton.com/)

Ho ricevuto questo libro grazie al club dei lettori della casa editrice Newton Compton, che ringrazio tantissimo. Il libro in realtà l'ho ricevuto diversi mesi fa, ma solo ora sono riuscita a leggerlo.
La copertina è molto accattivante, e tale era anche la trama. Il libro però mi ha un po' deluso, diciamo che aveva gli elementi per essere spettacolare e invece non raggiunge un giudizio simile.
La scrittura è fluente, si legge bene, a parte questo continuo rimpallo tra la Tessa del 1995 (una ragazzina che ha subito un trauma a che è in cura da uno psichiatra per vedere di ricordare cosa è successo) e la Tessa del presente (una madre single perseguitata dalle margherite gialle e col dubbio di aver messo in galera un innocente). Ormai i libri hanno questa "moda" del continuo flashback e ritorno al presente... credo che in questo caso però, i continui rimpalli creino un po' confusione, perchè entrambe le donne (che poi è la stessa persona in due momenti diversi) sono troppo preda della confusione, per cui creano un sacco di domande e danno poche risposte. 
La narrazione procede abbastanza lenta, passando dalla ragazza del passato che non ricorda e non vuole farsi aiutare, alla donna del presente che non vuole ricordare e che comunque non ci riesce ed è preda di sensi di colpa. Carina l'idea che le altre ragazze, le "Susan", le parlino come fantasmi.
Il libro, pur essendo classificato come thriller, in realtà di pathos ne ha poco. Dovrebbe essere probabilmente del genere "psicologico", ma anche qui secondo me non riesce ad ottenere l'effetto voluto. Per tutto il libro si parla del trauma accaduto a Tessa, ma cosa sia veramente successo rimane un po' nebuloso. Lo stesso finale è poco convincente, non tanto per le persone coinvolte, bensì per il fatto che comunque non vengono spiegate le motivazioni (l'assassino avrà pur avuto un motivo per farlo? non si sa nemmeno come si è avvicinato a Tessa per rapirla, per esempio...).
Nel complesso, poteva essere un grande libro invece gli manca un po' di verve. Poteva comunque avere un finale col botto e invece pare un po' buttato lì. Gradevole.
Mio voto: 6 e mezzo / 10

giovedì 29 settembre 2016

Il muro invisibile - Harry Bernstein


Titolo originale: The invisible wall - 2006

Harry è un ragazzino di quattro anni, il più piccolo di cinque fratelli. Il padre, un ebreo immigrato dalla Polonia, lavora alle manifatture tessili, sperperando gran parte del suo salario al pub e sfogando sui figli la rabbia per una vita di stenti. La madre manda avanti la famiglia come può, ricorrendo a mille espedienti. La loro povera casa si allinea con altre simili su una strada di ciottoli di una cittadina industriale nel nord dell’Inghilterra. Una strada come tante, ma solo in apparenza, perché al suo centro scorre un muro invisibile: gli ebrei da una parte, i cristiani dall’altra. Due mondi con usanze, credenze, pregiudizi diversi si fronteggiano, quasi non fossero parte di un’unica realtà, quella della miseria. La Prima Guerra Mondiale incombe, e con essa eventi che cambieranno per sempre la vita della famiglia, e quella della strada. Ma solo l’amore contrastato di Lily, la sorella maggiore di Harry, per Arthur, un ragazzo cristiano, sarà in grado di aprire una crepa nel muro, lasciando filtrare un raggio di luce. (http://www.edizpiemme.it/)

Harry Bernstein ha scritto questo romanzo, che è il suo primo romanzo, all'età di 94 anni, rievocando la sua infanzia in una cittadina inglese dei primi del 900.
Tanto di cappello. Il romanzo è veramente bello, scritto con uno stile fluido, scorrevole, si legge piacevolmente. Sembra di ascoltare il racconto di un nonno, e le parole sembrano quelle di un bambino, semplici, piene di descrizioni senza diventare pesanti, piene di sentimenti.
Non posso commentare gli avvenimenti, nel senso che, trattandosi di una biografia, posso solo rattristarmi di fronte a una vita che non è stata per niente facile. Una vita di povertà estrema, dove una madre anche un po' ingenua, si arrabattava in ogni modo per dar da mangiare ai figli. Un padre poco presente (per fortuna) ma violento ed egoista, al punto da negare alla figlia Lily di poter studiare (con una borsa di studio) anzichè costringerla al lavoro in fabbrica su cui è costretto a chinare il capo ogni giorno lui. Un uomo che ha alle spalle un passato di cattiveria, è vero, abbandonato dalla famiglia quando era bambino, ma che nega anche ai propri figli la possibilità di un futuro migliore. Un uomo che sembra addolcirsi un attimo quando nasce il sesto figlio, ma che poi ritorna nella sua scontrosità.
E poi l'avvento della prima guerra mondiale, che chiama al fronte molti dei ragazzi della strada, a cui solo in pochi faranno ritorno. Freddy, mutilato di entrambe le gambe sul campo, che viene trattato come un sacco di patate, rimpallato tra la sorella e la madre della ragazza con cui ha avuto una relazione (e forse un figlio?), che decide di togliersi dai piedi suicidandosi. Una scena veramente triste. Un altro reduce della guerra è Arthur, il ragazzo amato da Lily, che fregandosene dei pregiudizi e dei muri ha il suo lieto fine con la ragazza amata. Raccapricciante, a mio parere, l'idea che se un'ebrea sposa un cristiano debba essere considerata morta.
I veri muri sono quelli che si creano nel cuore delle persone.
La vera protagonista del libro, alla fine, mi è sembrata la madre di Harry. Una donna che vive col sogno che i parenti del marito, emigrati in America, le spediscano i biglietti per andare a loro volta nella terra in cui credono di trovare fortuna. Una donna che vive di espedienti pur di dare un futuro ai figli, sottomessa al marito. Una donna che piange la figlia, morta per aver sposato un cristiano, e che ad un certo punto si rende conto che la figlia non è morta, ma ancora viva e può riabracciarla.
Intenso e commovente. Un libro che consiglio assolutamente. Spero appena possibile di leggere i due successivi libri, in cui prosegue la biografia.
Mio voto: 9 / 10

giovedì 22 settembre 2016

Il magico potere del riordino - Marie Kondo



ENG: The life-changing magic of tidying up - 2014

Un'infinità di oggetti di ogni tipo (abbigliamento, libri, documenti, foto, apparecchi elettrici, ricordi...) ci sommergono all'interno di abitazioni e uffici sempre più piccoli. Col risultato che non troviamo mai quello che davvero ci serve. Nel libro Miya Kondo ha messo a punto un metodo che garantisce l'ordine e l'organizzazione degli spazi vitali (locali, armadi, cassetti...). E anche la serenità, perché nella filosofia zen il riordino fisico è un rito che produce anche incommensurabili vantaggi spirituali: aumenta la fiducia in sé stessi, libera la mente, solleva dall'attaccamento al passato, valorizza le cose preziose, induce a fare meno acquisti inutili. Rimanere nel caos significa invece voler allontanare il momento dell'introspezione e della conoscenza. (www.lafeltrinelli.it)

Questo libro ha subito attirato la mia attenzione perchè io sono un caso di disordine senza speranza.. sigh.. La mia speranza era che mi potesse dare qualche buona indicazione per vedere di migliorare la mia casa e, di riflesso, anche la mia vita.
Il libro si legge scorrevolmente, poi è anche corto. Trovo diventi un po' ripetitivo a circa due terzi, cioè quando, dopo aver parlato delle cose da buttare e dell'ordine in cui farlo, prosegue con alcune considerazioni più generali, che in effetti ribattono sui concetti già ampiamente espressi.
Sicuramente, Marie Kondo vive in un'altra cultura, molto diversa dalla nostra, una cultura "della gratitudine" anche nei confronti degli oggetti che ci stanno intorno. Io non credo mi sentirei molto a mio agio ad inginocchiarmi in mezzo al corridoio per ringraziare la mia casa del fatto che mi dia un riparo, ma questo non vuol dire che io non sia infinitamente grata per averne una. E nemmeno sarei in grado, ogni volta che torno a casa, di svuotare completamente la borsa per riempirla quando mi serve di nuovo; sicuramente dimenticherei qualcosa di fondamentale.
La lettura, comunque, da alcune indicazioni interessanti su come sfruttare lo spazio o sul fatto che dovremmo vivere circondati solo da quegli oggetti che ci danno emozioni; inutile conservare cose in fondo ai cassetti se poi non ci ricordiamo nemmeno che esistono.
Una cosa che mi ha lasciato perplessa, è che la Kondo suggerisce di buttare anche i libri già letti. Ecco, non credo ne sarei in grado. Sto cercando di smaltire la mia libreria, inscatolando i libri letti o che ho in ebook, per metterli in cantina. L'idea di buttarli in effetti mi fa orrore.
Ad un certo punto ho avuto l'impressione che il riordino, per la Kondo, sia un po' troppo un'ossessione (finire in ospedale per eccesso di riordino??). Ma qualcuno dei suoi consigli voglio provare a metterlo in pratica. Il succo del libro è: buttare ciò che non serve (ciò che non dà più emozione) e trovare un posto per ciò che rimane. E per fare questo va seguito un ordine ben preciso: vestiti, libri, carte, fotografie e ricordi (perchè sono quelli più difficili da gestire). Il tutto è fattibile in un tempo di sei mesi.
Mio voto: 7 e mezzo / 10

Trilogia Steampunk - Paul Di Filippo




Titoli originali:
1 - The steampunk trilogy: Victoria - 1995
2 - The steampunk trilogy: Hottentots - 1995
3- The steampunk trilogy: Walt and Emily - 1995


Cos'è accaduto alla regina d'Inghilterra? È realmente lei la creatura dagli strani appetiti che da qualche tempo siede sul trono dell'Impero Britannico? Da dove vengono i mostri dell'abisso lovecraftiano che minacciano il Massachusetts? In quale curiosa epoca sono stati condotti i poeti amanti Walt Whitman ed Emily Dickinson? Tra i tanti sottogeneri del fantastico, della fantascienza e del fantasy, lo steampunk è uno dei più affascinanti, con i suoi scenari vittoriani, con le sue straordinarie tecnologie senza elettronica ed elettricità basate su ingranaggi e motori a vapore. Tra i pionieri del genere, che annoverano nomi come Tim Powers, William Gibson, Bruce Sterling e Alan Moore con la sua Lega degli Uomini Straordinari, un posto particolare spetta a Paul Di Filippo, primo a usare il termine steampunk in un titolo proprio con il presente libro. Tre storie ambientate nel diciannovesimo secolo, in una girandola di avventure narrate con l'arguzia e il consueto filo d'ironia che caratterizzano questo autore. (www.anobii.com)

Pur avendo letto i tre libri "staccati", ho deciso che valeva la pena di fare un unico post.
Non avevo mai letto nulla di genere steampunk, genere di cui conosco giusto qualche indicazione. Mi sono imbattuta in questo autore e ho deciso di leggere questa trilogia, composta da tre racconti abbastanza corti.
Dunque. Diciamo che l'ambientazione è interessante. Mi piace l'epoca vittoriana e mi piace anche questa rivisitazione dell'epoca vittoriana. Senonchè questi tre racconti non mi hanno lasciato molto.
Quello che sicuramente caratterizza tutti e tre, è l'ironia.

Nel primo romanzo, troviamo un tritone che è stato geneticamente modificato per assomigliare alla Regina Vittoria, e quando quest'ultima sparisce, il tritone viene messo al suo posto per non far sapere al popolo del problema. Ma questo tritone ha un appetito sessuale insaziabile, e il suo inventore si lancia alla ricerca della regina prima che il tritone sfinisca il primo ministro. Ammetto che a tratti ho trovato la cosa anche un po' rivoltante.. l'idea di fare sesso con un tritone.. mah.

Nel secondo racconto, troviamo Louis Agassiz, biologo svizzero, becero razzista che viene "ingaggiato" da Jacob Cezar (sudafricano di origine tedesca) e dalla moglie Dottie (di colore), per ritrovare un feticcio che potrebbe portare alla conquista del mondo. E il feticcio consiste nei genitali della "Venere Ottentotta", la madre di Dottie, che ovviamente sono ricercati anche da uno stregone cattivo. Sinceramente ho trovato abbastanza noioso questo libro, appesantito anche dal tipo di linguaggio con cui si esprime Cezar. Il personaggio di Agassiz è talmente razzista che diventa ironicamente divertente (anche perchè poi è costretto ad accettare l'aiuto di Dottie).

Nel terzo racconto, assistiamo all'incontro tra Emily Dickinson e Walt Whitman. La poetessa viene coinvolta in una missione esoterica, organizzata dal fratello che vuole incontrare i figli mai nati (perchè la moglie ha abortito due volte) e quindi, grazie all'intervento di una sedicente medium e di alcuni suoi seguaci, raggiungere il mondo dei morti. Tra Emily e Walt nasce una passione che viene anche consumata in questo "mondo parallelo", finchè lei scopre che lui è gay e torna alla sua vita solitaria. Molto bello però l'inserimento di poesie dei due autori.

Dicevo, nel complesso la lettura è stata interessante. Alcune parti un po' troppo "oniriche" non le ho proprio capite, ma nel complesso le storie erano abbastanza chiare. Mi ha colpito l'ironia dei personaggi, soprattutto nei primi due romanzi; l'ultimo mi è sembrato più "soft", più incentrato a parlare dei caratteri contrapposti di questi due grandi poeti. Riassumento, il libro non mi ha fatto impazzire, ma in futuro potrei anche leggere qualcos'altro su questo genere.
Mio voto: 7 e mezzo / 10.

venerdì 9 settembre 2016

Una proposta perfetta - Katie Fforde



Titolo originale: A perfect proposal - 2010

Sophie Apperly è considerata una specie di Cenerentola dalla sua famiglia che non perde occasione per approfittare del suo buon cuore e della sua disponibilità. Ma stavolta quegli ingrati dovranno cavarsela da soli perché lei ha deciso di accettare l'invito della sua amica Milly di raggiungerla a New York. Sophie viene subito conquistata dalle luci scintillanti della metropoli, ma soprattutto da Matilda, un'anziana e ricca signora che la prende sotto la sua ala protettrice. L'amicizia, però, è osteggiata da Luke, l'arrogante nipote di Matilda, che teme che la ragazza voglia abusare della generosità della nonna. E i suoi sospetti si aggravano quando lei accetta l'incarico di andare in Cornovaglia a scovare la vecchia casa in cui Matilda aveva abitato in gioventù. Così Luke ritiene suo dovere seguire Sophie in Inghilterra per tenerla d'occhio. Ma è solo per questo? (www.lafeltrinelli.it)

Katie Fforde è sempre una lettura estiva molto piacevole. Non a caso l'ho scelta tra i libri sotto l'ombrellone per sognare un po'.
Mi piace molto l'ambientazione della Fforde, la campagna inglese che già da sola è magnifica. In questo romanzo, però, ha ambientato una parte in America, parte che mi pare più debole e forzata. Poi, tutti i riferimenti a "Sex and the city" hanno reso anche Sophie un po' ridicola.
Suppongo che se fossi stato in Luke e avessi visto mia nonna passare la sera a parlare con una sconosciuta, addirittura invitandola poi a casa per il ringraziamento.. beh qualche titubanza l'avrei avuta anche io.
Il racconto parte abbastanza lento, poi prende decisamente più brio nella seconda parte, in Cornovaglia.
Mi sono piaciuti molto i personaggi dello zio Eric e di Matilda. La protagonista un po' cenerentola è divertente, però ho avuto la sensazione che fosse un po' troppo "altalenante" di comportamento.. a volte decisamente frivola (effettivamente è una ventenne) e a volte più matura, secondo me la Fforde doveva alzare un po' l'età anagrafica di Sophie. Luke, boh, non mi ha entusiasmato particolarmente; è ricco, ha un gran fisico, è antipatico ma solo finchè non lo si conosce meglio... mi ha lasciato perplessa che quando la sua socia gli dice che Sophie è fidanzata, lui non fa una piega, non chiede nemmeno una spiegazione.. mah.
Il pregio dei romanzi della Fforde è che finiscono sempre bene e quindi si chiude l'ultima pagina sospirando per aver sognato un po'. Però questo non è tra i suoi migliori.
Mio voto: 6 e mezzo / 10

p.s. lo scoprite solo nelle ultime pagine il perchè della "proposta perfetta" (titolo azzeccato)

lunedì 29 agosto 2016

Anche le parole curano - Lucia Giudetti Quarta + Alan Pampallona


Titolo originale: Anche le parole curano. Relazione di cura e complessità (2014)

La sofferenza dei malati gravi e dei familiari, vista da vicino e da dentro, permette di condividere il grande valore del rapporto con i medici e il personale sanitario. Come aiutare chi soffre? A questo ha pensato l’autrice quando non ha potuto più aiutare il marito. Ha scelto di orientare il suo contributo ai medici: la prima relazione è con loro e costituisce, nella complessità del contesto clinico, le fondamenta che daranno solidità o fragilità al percorso di cura. Offrire ai medici una modalità per sviluppare le abilità di relazione e ricevere maggiore soddisfazione dai pazienti è il senso del Progetto Ippocrates: un innovativo Progetto di Ricerca, dedicato al potenziamento delle abilità relazionali dei medici. Il progetto pilota, primo in assoluto in Italia e all’estero sul tema, si è svolto presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Un percorso durato oltre due anni che si è concluso con risultati significativi.Il progetto si proponeva di verificare i miglioramenti della relazione tra medico e paziente agendo su due aspetti innovativi: sui comportamenti relazionali positivi dei medici, vissuti con soddisfazione dai pazienti, e sul rispetto dei tempi operativi dei medici. Questo testo vuole raccontare il percorso dell’iniziativa e come i medici, ricevendo e offrendo soddisfazione, hanno arricchito la qualità del rapporto di cura. (www.bookrepublic.it)

Per la "monthly motif" di agosto ho scelto questo libro. In genere non amo il genere saggio-psicologico, ma mi interessava l'argomento, avendo spesso a che fare con malati in ambulanza.
Dunque, il libro è cortissimo (meno di cento pagine) ma è abbastanza lento, e diciamolo, rischia di diventare un po' "pesante". Non tanto per l'argomento trattato, quello rimane molto interessante (anche se il concetto base è abbastanza lapalissiano), ma il metodo di scrittura è abbastanza scientifico-statistico, nel senso che sembra più un manuale per addetti ai lavori piuttosto che un libro di "esperienze" (e ci sono anche quelle, ma sono intervallate da molti commenti per spiegare la relazione col metodo). 
Sono convinta che tutti i medici dovrebbero leggerlo; ma per quanto riguarda i non medici, secondo me la cosa è un po' faticosa, perchè il tutto è incentrato sulla spiegazione di questo metodo (Progetto Ippocrates), e, se all'inizio è molto interessante, alla lunga diventa un po' "noioso".
Mio voto: 7 e mezzo / 10

giovedì 11 agosto 2016

Il labirinto. Maze runner 1 - James Dashner


Titolo originale: The maze runner (2009)

Quando Thomas si risveglia, le porte dell'ascensore in cui si trova si aprono su un mondo che non conosce. Non ricorda come ci sia arrivato, né alcun particolare del suo passato, a eccezione del proprio nome di battesimo. Con lui ci sono altri ragazzi, tutti nelle sue stesse condizioni, che gli danno il benvenuto nella Radura, un ampio spazio limitato da invalicabili mura di pietra, che non lasciano filtrare neanche la luce del sole. L'unica certezza dei ragazzi è che ogni mattina le porte di pietra del gigantesco Labirinto che li circonda vengono aperte, per poi richiudersi di notte. Ben presto il gruppo elabora l'organizzazione di una società disciplinata dai Custodi, nella quale si svolgono riunioni dei Consigli e vigono rigorose regole per mantenere l'ordine. Ogni trenta giorni qualcuno si aggiunge a loro dopo essersi risvegliato nell'ascensore. Il mistero si infittisce quando - senza che nessuno se lo aspettasse - arriva una ragazza. È la prima donna a fare la propria comparsa in quel mondo, ed è il messaggio che porta con sé a stupire, più della sua stessa presenza. Un messaggio che non lascia alternative. Ma in assenza di qualsiasi altra via di fuga, il Labirinto sembra essere l'unica speranza del gruppo... o forse potrebbe rivelarsi una trappola da cui è impossibile uscire. (www.amazon.it) 

Ero curiosa di leggere questo libro perchè mesi fa ero incappata per caso, facendo zapping, sul film e, nonostante alcune scene un po' troppo da "ansia" per i miei gusti, la trama in sè era interessante. La storia del labirinto è intrigante, la lettura è molto scorrevole, finisci un capitolo e hai voglia di leggere il seguito. In alcuni tratti mi sono detta: "possibile che dopo due anni arrivi Thomas e risolva ciò che gli altri non sono riusciti a risolvere in tanto tempo?". D'altronde, se il protagonista principale è lui, non poteva essere diversamente...
Una cosa un po' particolare è che nessuno dei ragazzi viene caratterizzato più di tanto in maniera fisica; viene accennato qualcosa di Thomas, viene detto che Teresa ha i capelli neri e gli occhi azzurri, che Chuck è cicciottello, ma tutti gli altri rimangono abbastanza un mistero, così uno può "crearseli" a suo piacere. Non so se sia un bene o un male; sicuramente, ognuno di noi si immagina dei personaggi completamente differenti. E' anche vero che troppe descrizioni avrebbero appesantito una trama già abbastanza complessa. Peraltro, mentre diversi dei ragazzi hanno una personalità interessante, la presenza di Teresa mi è parsa un po' "vuota", nel senso che poi rimane in coma per quasi tutta la storia e non è che aggiunga molto al racconto. Probabilmente tornerà utile nei romanzi successivi.
Alcune delle parole che si inventano i radurai fanno un po' sorridere e alla lunga sembrano un po' sciocche, ma non danno particolarmente fastidio.
Dicevo, la trama è intrigante, la lettura piacevole, però ho chiuso il libro con un po' di perplessità. Questa cosa dei test di comportamento dove tutto è deciso da studiosi al di fuori del mondo mi lascia un po' perplessa, appunto. Ma probabilmente potrò tirare le fila solo alla fine della saga... 
Mio voto: 7 e mezzo / 10

venerdì 29 luglio 2016

Miss Julia dice la sua - Ann B. Ross



Titolo originale: Miss Julia speaks her mind - 1999

Miss Julia è una sessantenne da poco rimasta vedova. Donna del Sud, educata a non avere opinioni diverse da quelle del marito, o quanto­meno a non esprimerle, ha passato quarant’anni di vita matrimoniale con Wesley Lloyd Springer, banchiere, noioso, precisino, integerrimo. È morto d’infarto, Wesley Lloyd, e Miss Julia l’ha trovato stecchito nella sua lussuosa auto sul vialetto di casa. Certamente è stato uno shock. Un altro shock è stato scoprire di essere diventata ricchissima: abituata alla parsimonia del marito, non aveva davvero idea di quanti soldi avesse Wesley Lloyd. Ma sembra che si stia riprendendo piuttosto bene dalla sorpresa. È dunque con animo sereno che una calda mattina va ad aprire la porta di casa: una donna ha suonato il campanello, di certo vuole venderle qualcosa. Ma la donna – “tacchi troppo alti, un abito troppo corto e capelli troppo gialli” – vuole solo lasciarle un ragazzino, il figlio del marito! Inizia così questo spassosissimo romanzo, il primo di una serie dedicata a Miss Julia. Donna apparentemente tutta d’un pezzo, Miss Julia affascina per la sua capacità di cambiare opinione, d’interrogarsi, di cercare, dopo anni di passività, di prendere in mano la propria vita. Se vuoi che una cosa sia fatta bene, devi farla tu, questo è il suo motto. E nella serie di imprevisti e incidenti, in cui precipita la sua vita dalla comparsa del figlio e dell’amante del marito, questo motto diventa la sua guida. (www.astoriaedizioni.it) 

Libro delizioso. Nonostante tocchi argomenti anche delicati, li affronta con una ironia che la parte "seria" passa in secondo piano. Miss Julia, vedova e finalmente libera di fare quello che vuole, soprattutto di non dover essere sottomessa al noioso marito Wesley Lloyd, si ritrova in situazioni pericolose e quasi divertenti. La chiesa locale non le dà tregua perchè vuole i soldi che il marito ha "verbalmente promesso" al pastore. E nel contempo si ritrova a dover gestire il figlio illegittimo del marito, concepito con una donna abbastanza frivola ma che tutto sommato le chiede solo il tempo di seguire un corso che la porterà ad un lavoro.
Il libro è scorrevolissimo. Alcune situazioni sono veramente spassose e roccambolesche (fra tutte mi viene in mente la ninfomania ahahah). Il finale invece è un pelo contorto.
I personaggi sono ben caratterizzati. Miss Julia in primis, l'ho trovata un personaggio carinissimo, sbadata e ingenua; una persona che per tutta la vita è stata sottomessa agli uomini della sua vita e che, rimasta vedova, finalmente si rende conto di essere una persona, con un cervello, e decide di usarlo, anche a costo di sembrare pazza agli occhi di chi l'ha conosciuta prima. Anche la aiutante-governante di colore, Lilian, è una bella macchietta, coi suoi consigli non richiesti ma dispensati con schiettezza. Lo stesso Sam, esecutore testamentario di Wesley Lloyd, e amico di Julia, è un personaggio molto gradevole. E poi l'agente Bates suo pensionante, Bixie l'avvocatessa, il piccolo Lloyd e la madre... è un bel gruppo.
E' abbastanza chiara la critica che l'autrice a nei confronti della comunità, che sa tutto di tutti ma non dice nulla, e anche della chiesa, interessata solo ad espandersi coi soldi dei contribuenti facoltosi (il pastore cerca addirittura di far dichiarare incapace di intendere e di volere Julia per poter amministrare i suoi soldi a favore della chiesa).
Questo libro è il primo della serie di Miss Julia, e sicuramente, appena li trovo, voglio leggere anche i successivi.
Mio voto: 8 e mezzo / 10

mercoledì 13 luglio 2016

L'acustica perfetta - Daria Bignardi




Titolo originale: L'acustica perfetta (2014)

Arno e Sara si incontrano da ragazzini e istintivamente si amano. Un pomeriggio d'estate lei lo lascia, dicendogli che le «piacciono gli amori infelici». Si ritrovano molti anni dopo, decidono di sposarsi: sono allegri, innamorati, sembrano felici. Arno ama la sua vita così com'è: suona il violoncello alla Scala, ha avuto tre figli dalla donna della sua vita, non si fa domande. È convinto di dare a Sara tutto se stesso e non si spiega le malinconie e le bugie che affiorano poco a poco. Ma il disagio della moglie col tempo aumenta, finché una mattina Arno non sarà costretto da un evento inconcepibile a chiedersi chi è davvero la donna che ama da sempre. Con titubanza, inizia a seguire una pista di ferite giovanili e passioni soffocate e, con crescente sgomento, ritrova il bandolo di storie insospettabili. Costruito secondo la vertiginosa spirale di una fuga, L'acustica perfetta ha la delicatezza di un romanzo di formazione – la formazione di un uomo adulto, di un amore – e la rapinosa potenza di un romanzo d'indagine, di un viaggio nel profondo, dentro i silenzi e i segreti delle nostre vite. (da http://www.librimondadori.it)

Libro letto per il gruppo di lettura. Partiamo dalle cose positive: è un libro di facile lettura, molto scorrevole. Scivola via perchè siamo spinti a capire dove portano le ricerche di Arno. Però credo che la trama in diversi punti sia abbastanza inverosimile. 
La storia è raccontata in prima persona proprio da Arno, il quale, abbandonato su due piedi da Sara, tre giorni prima di Natale, è costretto a prendere in mano la sua famiglia e far sì che tutto vada avanti. Nel frattempo, comincia una ricerca forsennata di Sara, andando a cercare le persone che nel passato hanno condiviso qualcosa di lei, scoprendo segreti di cui lei non gli ha mai parlato.
Ho trovato il personaggio di Sara abbastanza fastidioso. Arno avrà anche avuto tutti sti difetti che lei gli "rinfaccia", ma è anche vero che è molto comodo buttargli addosso tutte le colpe senza aver mai parlato, senza aver mai mostrato il proprio disagio. Mi sembra un po' troppo facile. Lei voleva essere capita e aiutata, ma in verità non ha fatto nulla per chiedere aiuto.
Dicevo che alcune cose sono abbastanza inverosimili secondo me. Per esempio, l'atteggiamento dei figli; la mamma sparisce di casa e loro sono totalmente tranquilli? Mah. Ti viene quasi il dubbio che loro abbiano un qualche contatto segreto con la madre.. ma davvero sono così bravi che non gli scappa mai nessun riferimento? Mah.
Poi va beh, il finale, in cui lui arriva addirittura a ringraziare Sara perchè con la sua fuga gli ha fatto capire qual è davvero il grande amore della sua vita e anzi, Arno spera che lei sia felice con il loro amico… Terzo mah.
Probabilmente, la scorrevolezza della lettura fa un po' perdere il senso di profondità che probabilmente l'autrice voleva trasmettere.
Mio voto: 6 e mezzo / 10

venerdì 20 maggio 2016

Finchè le stelle saranno in cielo - Kristin Harmel


Titolo originale: The sweetness of forgetting - 2012

Da sempre Rose, nell'attimo che precede la sera, alza lo sguardo a cercare la prima stella del crepuscolo. È quella stella, anche ora che la sua memoria sta svanendo, a permetterle di ricordare chi è e da dove viene. La riporta alle sue vere radici, ai suoi diciassette anni, in una pasticceria sulla rive della Senna. Il suo è un passato che nessuno conosce, nemmeno la sua amatissima nipote Hope. Ma adesso, prima che sia troppo tardi, è venuto il tempo di dar voce al suo ultimo desiderio: ritrovare la sua vera famiglia, a Parigi. E, dopo settanta lunghi anni, di mantenere una promessa.
Rose affida questo compito alla giovane Hope, che non ha nulla in mano se non un elenco di nomi e una ricetta: quella dei dolci dal sapore unico e inconfondibile che da anni prepara nella pasticceria che ha ereditato da Rose a Cape Cod.
Ma prima di affidarle la sua memoria e la sua promessa, Rose lascia a Hope qualcosa di inatteso confessandole le proprie origini: non è cattolica, come credeva la nipote, ma ebrea. Ed è sopravvissuta all'Olocausto. Hope è sconvolta ma determinata: conosceva l'Olocausto solo attraverso i libri, e mai avrebbe pensato che sua nonna fosse una delle vittime scampate all'eccidio. Per questo, per dare un senso anche al proprio passato, Hope parte per Parigi. Perché è nei vicoli tra Place des Vosges, la sinagoga e la moschea che è nata la promessa di Rose, una promessa che avrà vita finché le stelle saranno in cielo.
Sarà proprio lo sguardo curioso e appassionato della giovane Hope a svelarne il segreto fatto d'amore, di vite spezzate e soprattutto – come indica anche il suo stesso nome – di speranza. E a rivelare anche al lettore un segreto ancora più misterioso, una luce inattesa negli anni bui dell'Olocausto, un evento tanto storicamente accertato quanto poco conosciuto, che tuttavia ha salvato dall'orrore le vite di molte persone. (http://www.garzantilibri.it)


Bello. Intenso. Commovente. Non avevo mai sentito parlare dell'aiuto inter-religioso durante l'Olocausto. Musulmani e Cattolici che accolgono bambini ebrei per salvarli dalla morte. La difesa della vita che va oltre le differenze religiose.

«Sì, sono ebrea», dichiara. «ma sono anche cattolica.» 
Dopo una breve pausa aggiunge: «E anche musulmana». 
«Mamie, cosa vuoi dire?» domando, tentando di impedire alla mia voce di tremare. «Non sei musulmana.» 
«Non è la stessa cosa? È l’umanità a creare le differenze. 
Ma questo non significa che non sia sempre lo stesso Dio.» 

Volevo leggere qualcosa che avesse a che fare con l'Olocausto, infatti il libro l'ho letto a cavallo della Giornata della Memoria, non a caso. E volevo qualcosa che fosse un romanzo, non un saggio o una biografia.
Il libro si legge molto bene, è scorrevole al punto che finito un capitolo viene voglia di cominciare il successivo. L'argomento è spinoso ma trattato con molta delicatezza. Diciamo che l'Olocausto è un po' il contorno della vicenda. Il centro del libro è sicuramente l'amore, in molte forme. L'amore di una madre per la figlia, di un fratello per una sorella, di un uomo per una donna. E poi, ovviamente, l'amore universale, quello che ha salvato Mamie dal ghetto.
Al personaggio di Hope mi sono subito affezionata. Ai suoi problemi sentimentali, alla sua pasticceria che sfornava leccornie tramandate da generazioni (e di cui vengono indicate anche alcune ricette). Anche gli altri personaggi che le ruotano intorno sono piacevoli: Annie, Gavin, Alain, Jacob.
Il romanzo forse parte un po' lento, prende decisamente vita dal momento in cui Mamie consegna a Hope la lista dei sette nomi.
Non voglio svelarvi troppo della storia, ma preparate tanti fazzoletti per le ultime pagine.
Mio voto: 9 / 10