lunedì 13 febbraio 2012

Amsterdam - Ian McEwan




Il libro inizia con il funerale di Molly.
Clive Linley, Vernon Halliday, Julian Garmony e George Lane sono stati gli uomini della vita di Molly, morta in seguito ad una malattia degenerativa.
Clive è un famoso compositore sinfonico, Vernon dirige un quotidiano chiamato “The Judge”, Julian è un politico xenofobo e forcaiolo, George è un ricco editore nonché marito di Molly.
Clive e Vernon sono amici di lunga data. Entrambi probabilmente provano ancora amore per Molly e detestano gli uomini che lei ha avuto dopo di loro. Amici che si promettono a vicenda di aiutare l'altro a farla finita nel caso in cui dovessero ritrovarsi incapaci di intendere e di volere.
Clive sta componendo una sinfonia commissionatagli per celebrare il nuovo millennio, ma non trova la musica che cerca ed è disposto ad ignorare la richiesta di aiuto di una donna nel momento in cui ha una illuminazione.
Vernon si crede investito dell'incarico di salvare la nazione dalla politica di Garmony, cercando di rovinargli la reputazione screditandolo con foto scabrose.
Grandi amici che ad un certo punto si trovano a litigare furiosamente proprio su questioni di “etica”, parola di cui, a guardare bene, entrambi dimostrano di conoscere poco il significato.
Amsterdam diventa il luogo dello scontro finale della loro amicizia, in un finale decisamente interessante e quasi grottesco.

Mi piace molto la scrittura di McEwan. È avvincente, è intrigante. Ha sempre degli spunti interessanti..
Libro che ho divorato in un giorno e mezzo!!
mio voto: 8/10

sabato 11 febbraio 2012

Vergogna - J. M. Coetzee



(contiene spoiler)
“Per un uomo della sua età, cinquantadue anni, divorziato, gli sembra di avere risolto il problema del sesso piuttosto bene”
David Lurie è un professore universitario, senza una relazione fissa ma con una fissa per il sesso che sfoga senza voler mettere in piedi rapporti stabili.
O, meglio, senza voler nulla di ufficiale, perchè in un certo modo anche il rapporto che crea con la “sua” prostituta alla fine è abbastanza “stabile”, almeno finchè non lo “distrugge” per troppa invadenza.
Allora David si guarda intorno e si invaghisce di una sua studentessa, Melanie Isaacs, con la quale ha una relazione, ma che poco tempo dopo lascia l'università e lo accusa di molestie sessuali.
Nonostante le rassicurazioni del vice preside sulla discrezione in merito al fatto, la vicenda di David finisce sui giornali, oltre che sulle bocche di tutta la città. David viene quindi allontanato dall'università.
Decide allora di andare a trovare la figlia Lucy, che gestisce da sola una fattoria nella cittadina di Salem, nella parte orientale della Provincia del Capo.
La trova una donna sicura, ben incastonata nella sua nuova vita. David è piacevolmente colpito da questo.
A poco a poco David si abitua alla vita di campagna, aiutando Lucy come può e dando addirittura una mano alla clinica veterinaria gestita da Bev Shaw, che scopre in realtà essere non tanto un luogo di guarigione, ma l'ultima spiaggia per animali che nessuno vuole, o perchè vecchi o ammalati o perchè semplicemente sono troppi!
Un giorno però, mentre tornano da una passeggiata, David e Lucy trovano ad aspettarli tre uomini che con la scusa di dover telefonare li aggrediscono.
David non si capacità però del motivo per cui Lucy non vuole denunciarli per stupro, ma tiene per sé questo fatto e alla lunga lei ne trova una spiegazione in una sorta di “dazio” da pagare per abitare nella loro terra. In tutto questo, probabilmente è coinvolto, o quanto meno informato dei fatti, il socio di Lucy, Petrus.

Un libro pieno di argomenti su cui si potrebbe discutere per giorni, ma che appena finito mi ha fatto pensare che, forse, i premi nobel, vengono assegnati per motivi non solo letterari...
La scrittura è molto piacevole, scorrevole, il libro si lascia leggere bene. Però a volte ho avuto la sensazione che siano come due storie abbastanza slegate: la prima delle (presunte) molestie di David a Melanie, e la seconda dello stupro di Lucy. Non ho capito se l'autore voleva fare una sorta di parallelismo tra queste due storie, che non riesco a trovare perchè Melanie, diciamolo, era comunque consenziente, magari non contentissima ma non ha mai detto di no a David. O forse voleva saltare fuori un discorso di “punizione divina” per le azioni sbagliate commesse? Un po' troppo fatalistico un concetto del genere però...
David mi pare un personaggio molto rassegnato al sopravvivere, piuttosto che al vivere. Viene accusato di molestie e non fa nulla per difendersi, non ci pensa neanche lontanamente a scusarsi, prende e se ne va, cambia aria. E invece pretende di dare consigli alla figlia su come comportarsi in una terra che lui non ha capito come funziona. Un personaggio che a tratti mi è piaciuto (l'umanità con i cadaveri dei cani, è a suo modo toccante) e a tratti avrei voluto prendere a schiaffi per dirgli di muoversi, di smetterla di rassegnarsi, di fare qualcosa per cambiare la sua vita. E il finale? Aveva l'occasione per riscattarsi, per mostrare affetto, umanità e invece niente di nuovo.
Poi, sicuramente sto diventando molto insofferente nei confronti dei libri in cui, vuoi per cultura o per qualsiasi altro motivo, vedo degli animali soffrire; non ce la posso fare.
Ultima nota: in inglese il libro si intitola "disgrace", in Italiano è stato tradotto con "vergogna"; ma sarebbe stato molto più azzeccato, soprattutto per le vicende narrate tradurlo con "disgrazia", lo stato in cui cade David con la sua arrendevolezza.

mio voto: 7/10

lunedì 6 febbraio 2012

Sarrasine - Honoré de Balzac



(contiene spoiler)
C'è un motivo per cui alcuni scrittori vengono definiti dei maestri. Balzac ha messo su carta una storia breve, affascinante, con belle descrizioni anche dei sentimenti di Sarrasine, al punto da capire esattamente cosa prova. Nel leggerla mi sembrava di essere lì e partecipare allo svolgimento della vicenda. Certo, a tratti il linguaggio è un po' datato, ma di piacevole e facile lettura.
Il racconto, breve, è diviso in due parti.
La prima parte si svolge nella villa parigina dei ricchi conti di Lanty. Il narratore, guardando fuori dalla finestra, nota uno stridente contrasto fra la pomposità degli arredi e degli invitati da un lato, e il freddo invernale con gli alberi spogli coperti di neve dall'altro. “Alla mia destra, dunque, la cupa e silenziosa immagine della morte; alla mia sinistra, i decenti baccanali della vita”.
Il narratore è in compagnia di Béatrix de Rochefide, una donna allegra (e a mio parere un po' sciocca) la quale è spaventata dall'aspetto spettrale di un vecchio invitato che pare essere tanto caro ai padroni di casa, che però mantengono assoluto riserbo sulla sua vita.
La seconda parte si svolge l'indomani a casa di Béatrix, con il narratore che le racconta la storia del vecchio.
Ernest-Jean Sarrasine, figlio di un procuratore della Franca-Contea, si dedica alla scultura opponendosi ai desideri del padre che lo avrebbe voluto magistrato. Allievo di Bouchardon, che gli voleva bene come ad un figlio e che riesce a contenere la sua esuberanza commissionandogli continuamente nuovi lavori, il giovane Sarrasine, a ventidue anni, vince un concorso promosso dal marchese de Marigny, e può recarsi in Italia. A Roma, nel 1758, il giovane Sarrasine si innamora alla follia di Zambinella, cantante d'opera, che vede come la quintessenza della bellezza e fa di tutto per poterla avvicinare. Sarrasine però ignora che la donna che tanto ama è in realtà un castrato. Se ne rende conto solo una sera che Zambinella canta presso lo stato pontificio, nel quale in nessun modo sono ammesse donne. Quando Zambinella confessa a Sarrasine la sua vera natura, ammettendo di averlo ingannato per far divertire i colleghi alle sue spalle, Sarrasine è tentato dal vendicarsi, ma viene ucciso dai sicari del cardinal Cicognara, protettore di Zambinella.
Il vecchio dall'aspetto spettrale che si aggira fra gli ospiti della festa da ballo parigina è in realtà l'ormai decrepito Zambinella, imparentato con i Lanty.
mio voto: 8/10

domenica 5 febbraio 2012

L'occhio più azzurro - Toni Morrison



Pecola era una bambina di undici anni che il tribunale affidò alla famiglia di Claudia e Frieda finchè la sua famiglia non potè riunirsi. Il padre Cholly era finito in prigione, la madre viveva presso la famiglia a cui faceva le pulizie e il fratello Sammy era presso un'altra famiglia.
Pecola aveva un unico desiderio: avere gli occhi azzurri, dei begli occhi azzurri come quelli della bambina sull'incarto delle caramelle o come quelli di Shirley Temple. Ogni notte questa era la preghiera che faceva a Dio.
Pecola, una bambina piuttosto bruttina, derisa dai compagni di scuola, ignorata dalla famiglia, abusata dal padre. La tragedia che già vive Pecola di voler essere meno brutta è aggravata dal linciaggio morale del vicinato che a poco a poco la porta letteralmente ad impazzire.

La diversità etnica e la difficoltà di accettazione, il pregiudizio, il dolore di una bambina che vuole solo essere bella secondo lo stereotipo di bellezza dominante. Il libro è pieno di argomenti dolorosi di riflessione.
Bel libro, bel linguaggio, abbastanza scorrevole tranne in 3 o 4 passaggi in cui l'autrice con alcuni “salti temporali” spiega la vita di alcuni personaggi (tipo la madre e il padre di Pecola) perchè veramente parte da talmente lontano che arrivi a chiederti “ma di chi sta parlando???” prima di riuscire a capirlo, e spesso partendo “dal nulla” (nel senso che nella fine del capitolo precedente stava parlando di altro) così stroncano molto la storia prima di riuscire a riprendere il filo...
Un libro che in diversi passaggi mi ha fatto sorridere di tenerezza verso l'ingenuità delle bambine, una ingenuità che è poi “adeguata” a quell'età ma scritta con molta tenerezza.
Le descrizioni dei personaggi, dei paesaggi, delle situazioni sono veramente molto belle
Dimenticavo una cosa: sto iniziando a diventare un po' insofferente alle scene di cattiveria sugli animali, sia che siano dovute alla cultura sia a qualsiasi altra spiegazione. Di conseguenza, ci sono un paio di personaggi di questo libro che mi hanno irritato molto...
mio voto: 7/10

sabato 4 febbraio 2012

Il rogo di Berlino - Helga Schneider



(contiene spoiler)
La vita degli abitanti di Berlino durante la seconda guerra mondiale. Civili che soffrono la fame, la sete, costretti a vivere come spettri nella propria città dove c'è solo terrore e bombardamenti, palazzi in fiamme e cadaveri per le strade.
Il tutto visto con gli occhi di Helga, una bambina di 5 anni la cui madre, dopo la nascita del secondo figlio Peter, si arruola nelle SS. E' l'autunno del 1941 e le forze tedesche se la passano male sul fronte russo.
Helga e Peter si trovano a dover vivere con la matrigna, per loro praticamente una sconosciuta. Ma mentre Peter viene accolto davvero come un figlio, tra Ursula ed Helga ci solo incomprensioni che col tempo diventano vere e proprie ostilità.
Helga viene prima rinchiusa in un istituto che si rivela essere un lager, un deposito per fanciulli non desiderati o ritenuti indegni di appartenere alla razza ariana. Successivamente, viene mandata in un collegio rieducativo per bambini caratteriali, che lei ricorda con una sorta di calda gratitudine, dove vengono trattati con fermezza affettuosa e i ragazzi sono impegnati in lavori utili per la comunità.
Il ritorno a Berlino fa scoprire ad Helga la vita fuori da Eden, uno scenario sconsolante: la città sembra un immenso rogo.
Da quel momento la vita di Helga si svolge nella casa di famiglia di Hilde. Quando urlano le sirene corrono in cantina; una volta cessato l'allarme ritornano alle case. Un continuo andare su e giù per le scale.
Fame, sete, freddo, terrore, insonnia, sporcizia, debolezza, apatia, senso di abbandono e di impotenza: questi sono gli ingredienti della quotidiana esistenza trascorsa in cantina, nel costante progredire dei bombardamenti sopra di loro. Costretti a vivere con persone che non si erano scelti. In questo clima, solo la presenza di Opa, il padre della matrigna, è la sola che trasmette ad Helga un po' di affetto.
Poi, la fine della guerra. La gente si riversa in strada “come spettri ubriachi di gioia”.
Berlino quando finalmente le armi tacciono è una distesa di rovine ardenti, le strade gremite di cadaveri, una latrina a cielo aperto, senza elettricità, né gas, né acqua, né riscaldamento, né alcuna distribuzione di viveri o medicinali.
Helga ripone molto speranze nel ritorno del padre dopo il congedo. Ma lui si rivela essere un uomo introverso e di poche parole.
Finchè arriva il momento dell'addio a Berlino, il ritorno in Austria, patria del padre. Helga si ritrova a piangere la città che tanto le ha tolto, in un commovente finale.

Ho letto questo libro per il gruppo di lettura della biblioteca. Non volevo leggerlo poi l'ho fatto. L'ho praticamente divorato. E devo ammettere che mi è piaciuto molto, nonostante gli argomenti pesanti che tocca.
Un libro con scene terribili ovviamente, con immagini che dovrebbero essere un monito per non farle mai più accadere. Raccontato attraverso i ricordi di una bambina. Si capisce chiaramente dal linguaggio che il libro è stato scritto quando Helga non era più una bambina, con alcuni passaggi che sono obiettivamente “filtrati” dalla mente di una persona adulta che ha rielaborato le sue esperienze. Ma non per questo sono meno incisivi ed efficaci.
Un linguaggio semplice, che è probabilmente la sua forza.
Una testimonianza che nonostante la crudezza dell'argomento, offre alcune scene anche molto tenere.
Un libro adatto da far leggere ai giovani, a mio parere.
mio voto: 8/10

giovedì 2 febbraio 2012

Mille anni che sto qui - Mariolina Venezia



Grottole, nei pressi di Matera: dall'Unità d'Italia ai giorni nostri, le vicende straordinarie e quotidiane dei Falcone, una famiglia lucana cui il destino dona tutto e non risparmia niente, dalla guerra all'emigrazione, dalla fame alla ricchezza, passando per scandali pubblici e furori individuali. Dal capostipite Don Francesco con i suoi barili d'oro sepolti e mai più ritrovati alla piccola Gioia che fugge di casa un secolo dopo per dimenticare tutto e tutti, mille e ancora mille storie d'amore, morte, gelosia, amicizia, mentre intorno infuriano le tempeste della Storia e si susseguono le generazioni passandosi silenziosamente il testimone.
Letto x il gruppo di lettura della mia biblioteca. Non mi è dispiaciuto ma non mi ha fatto impazzire.
Un buon inizio, con una saga familiare immersa nella vita della campagna, poi un finale che sembra scritto da un'altra persona per quanto è totalmente diverso come stile.
Alcune parti mi hanno dato proprio fastidio, come le parti in dialetto che non capivo, le espressioni eccessivamente scurrili che non aggiungevano nulla alla narrazione (le bestemmie poi non ne parliamo), alcune scene di vita (tipo l'uccisione del maiale.. o la cattiveria sugli uccellini appena nati..).
Peccato perchè si trovano anche alcune espressioni molto delicate, molto poetiche soprattutto in alcune descrizioni dei paesaggi.
Un libro a tratti molto caotico. Duemila personaggi appena tratteggiati quando poi la storia si sofferma principalmente solo su alcuni. Un personaggio, Gioia, che inizia ad apparire per caso in alcune frasi ma di cui si arriverà a parlare solo nell'ultima parte del libro. Alcuni capitoli della vita di Gioia poi sono addirittura deliranti e non si capisce esattamente dove sia o cosa stia facendo..
Un finale che mi ha lasciato un po' con l'amaro in bocca per la sua "scontatezza" forse.
Diciamo che non è un libro orribile, nonostante la mia descrizione possa portare in questa direzione, ma sinceramente non lo rileggerei due volte.
mio voto: 6/10

Rosso come una sposa - Anilda Ibrahimi



"Saba viene data in sposa, appena quindicenne, al più maturo Ymer, già vedovo di sua sorella. La giovane, malvista da suocera e cognate, dovrà imparare da sola a gestire marito e figli, specialmente dopo lo sterminio dei suoi fratelli da parte dei nazisti. Nel difficile compito, Saba ha come alleate dapprima le figlie e poi le nipoti, in un'epopea tutta al femminile che attraverserà anche la lunghissima parentesi del comunismo. La fine del comunismo è raccontata dalle sue discendenti, non senza rimpianti, perché per loro, pur tra tanti lati oscuri, la dittatura riuscì a sollevare l'Albania da uno stato di arretratezza feudale. Le vicende più vicine a noi sono raccontate da una nipote di Saba. " (da www.unilibro.it)
Ho letto questo libro per una iniziativa della mia biblioteca.
Mi è piaciuto. L'autrice, albanese di origine, scrive in italiano molto sintetico ma scorrevole.
Il libro parla di donne albanesi in una società matriarcale, dove le donne contano solo se sono suocere, mentre quando nascono nessuno si accorge di loro.
E' molto interessante la prima parte, di ricordi relativi a questa Saba, sposa giovanissima di un uomo vedovo di sua sorella. Una donna che sembra non valere niente e invece con astuzia e tenacia tira avanti la sua famiglia.
Tutta una serie di usanze e superstizioni tipiche di quelle terre (e non solo) che non conoscevo e che ho letto con curiosità.
Perde un po' di fascino nella seconda parte, secondo me, quando la storia si sposta ai giorni nostri ed è un insieme poco coerente di racconti, infatti ho fatto fatica a proseguire, a differenza della prima parte.
Nel complesso un libro piacevole
mio voto: 7/10

L'anno della lepre - Arto Paasilinna



Vatanen è un giornalista quarantenne a Helsinki, con un lavoro di cui è stanco e una moglie insopportabile. Una sera, tornando in macchina da un servizio fuori città con un collega, investono una lepre, che fugge ferita nella campagna. Vatanen scende dall’auto, la trova, la cura e sparisce con lei nei boschi. Da quel momento inizia il racconto delle stravaganti, spesso esilaranti peripezie di Vatanen, trasformato in un vagabondo che parte all’avventura nelle sconfinate foreste finniche.

Tenerissimo il rapporto che si crea con questa lepre a lui totalmente devota.
Un libro che mi è piaciuto tanto. Per il senso di avventura, per la natura sconfinata, per il vivere quello che la vita ti porta senza obblighi, senza strutture eppure con rispetto di ciò che hai intorno e di chi incontri.
Alcune parti poi sono veramente ironiche.
mio voto: 9/10

Il condominio dei gatti - Giorgio Celli



Camillo Lastrade, commissario in pensione, si trasferisce da Livorno ad una non nominata città nebbiosa del nord. Una sera trova per strada un gattino affamato e diffidente che però si lascia prendere e lui decide di portarselo a casa e prendersene cura. Nel suo condominio abita un altro gatto, Anubi, la cui proprietaria è una bellissima signora egiziana che fa la cartomante e di cui Lastrade si invaghisce. Finchè un brutto giorno Anubi viene trovato morto e Lastrade sente il bisogno di investigare.
Allora, come ho detto per il precedente libro di Celli, lui era molto piacevole da ascoltare dal vivo ma come scrittore non dà sicuramente il meglio di sè.
Il libro è carino, scorrevole, si legge in un paio di serate. Però dà l'impressione di voler essere un po' “pretenzioso” nel senso di voler più essere un trattato di “etologia gattofila” mascherato da giallo. I personaggi parlano tra loro di leggende esoteriche in cui sono protagonisti i gatti, sacrifici agli dei, stregoneria, clonazione. A tratti mi è sembrato che l'autore volesse coinvolgere il lettore con queste leggende in modo da incutergli timore e aumentare il pathos. Ma sinceramente questo coinvolgimento, con me, non è riuscito. Forse perchè erano cose che già conoscevo? O forse perchè sembravano dialoghi quasi dell'assurdo, buttati lì un po' tanto per parlare. E il giallo c'è ma è decisamente in secondo piano. Mi spiace sinceramente per Anubi che avrei preferito avesse potuto vivere felice fino alla fine delle sue sette vite. Dal titolo poi mi sarei aspettata tante storie di gatti, invece i gatti in condominio sono solo due, peraltro non hanno nemmeno modo di interagire tra loro, se non miagolando in contemporanea alla luna e, a quanto dice Momo, apparendosi nei sogni l'uno dell'altro. Diciamo che da una idea carina mi pare che poi l'autore sia un po' partito per la tangente. Oltretutto, una cosa che ho notato è che la scrittura è generalmente molto semplice, piacevole, poi ogni tanto saltano fuori delle parole altisonanti da vocabolario (manutengolo, subodorò, vieppiù, proditoriamente, ristrutturazione eteroclita, gatto orfico, suspicioni, proclive, berciare). Me le sono segnate perchè proprio non le ho mai sentite :-D
Nel complesso, come libro di puro relax ci può anche stare.
mio voto: 6/10

Il gatto del ristorante cinese - Giorgio Celli



L'idea di partenza era carina. Io poi, da gattofila, non potevo non leggere un libro del genere. Però ho avuto il piacere di sentir parlare Celli dal vivo ed era molto meglio di come scriveva.
Da bolognese, l'ambientazione del romanzo è molto famigliare. La scrittura è molto semplice.
La storia, come dicevo, era carina: due ristoratori rivali vengono sospettati dell'assassinio di questo Lucio Portinari, uno sconosciuto che si è presentato nei loro locali suggerendo loro delle idee per avere successo e rilanciare le loro cucine. L'indagine è condotta dal commissario Michelucci, anoressico che mangia giusto ciò che gli serve per vivere.
La soluzione del giallo secondo me era chiara fin da subito. La motivazione invece l'ho scoperta nel proseguo della storia.
Per concludere, un libro carino, leggero, di rapida lettura. Però ammetto che sono contenta di averlo preso in prestito dalla biblioteca perchè 12 euro e 50 sono un po' troppi...

mio voto: diciamo 7/10

Amici, amanti, cioccolato - Alexander McCall Smith



Isabel Dalhousie filosofa di indole e di professione, incontra un uomo, Ian, a cui è stato trapiantato il cuore di un ragazzo di Edimburgo, la cui famiglia però vuole rimanere anonima. E lei si sente in dovere di aiutarlo a trovare questa famiglia per poterla ringraziare e magari decifrare il significato del sogno che fa spesso, in cui vede il viso di un uomo che non conosce. Isabel così si “impiccia” nei fatti della famiglia MacLeod sulla scia si questa idea di memoria cellulare di cui le parla Ian.

Libro carino, una piacevole lettura estiva, anche se i gialli di McCall Smith mi lasciano sempre perplessa su quanto siano in realtà poco gialli. La storia sarebbe anche intrigante ma Isabel prende una cantonata dietro l'altra, nonostante le sue riflessioni filosofiche. E alla fine, quando crede di aver capito tutto e di trovarsi in un thriller mozzafiato in realtà scopre che ha sbagliato totalmente la sua investigazione. E proprio per una superficialità che forse da un filosofo non mi sarei aspettata :-D

Non lo so, mi sembra che tutte queste riflessioni sulla filosofia non aiutino poi molto né alla scorrevolezza del libro né tanto meno a risolvere i casi. A volte mi sembrano un po' buttate lì (a parte ovviamente il discorso della memoria cellulare).
Poi anche il titolo boh pur essendo stato tradotto esattamente dall'inglese in realtà mi ha fatto più volte dire “che c'entra?”. Va beh gli amici, ma gli amanti? Forse si può descrivere in questo modo solo Jamie, che però ha un ruolo secondario nella storia. E il cioccolato? Ma sì perchè se ne parla in un paio di paginette. Insomma, poteva trovarne uno più azzeccato.
Piacevole ma non sensazionale.

mio voto: 6/10

Il castello dei destini incrociati - Italo Calvino



“In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti.”
L'idea di partenza è geniale: non potendo parlare, perchè la paura ha tolto la parola a tutti coloro che arrivano al castello, ogni commensale affida la propria storia, anche visivamente, alla disposizione dei tarocchi sul tavolo. Ed è geniale il fatto che le storie si intreccino tra di loro. Ma il gioco alla lunga è un po' stancante. Finito il primo gruppo di storie il libro potrebbe chiudersi lì, senza dover rimescolare il mazzo e ripartire con altre storie che non aggiungono molto. Il capitolo finale sulle pazzie dei re shakesperiani poi mi pare messo lì senza senso. Già tutta l'elucubrazione sui dipinti di San Girolamo e San Giorgio non ci sta a dire proprio molto col resto della storia, se non appunto fare un parallelismo con la “figuralità” dei tarocchi. O vogliamo fare un parallelismo con la bestia feroce che c'è dentro ognuno di noi? Mi pare un po' “forzato”...
Ho letto che in teoria doveva esserci una terza parte del libro, grazie al cielo Calvino dopo due non ha trovato il modo di andare avanti. Ripeto la mia idea, doveva fermarsi al primo e trovargli magari un'idea di “chiusura”. Oppure no. Ma fermarsi lì.

mio voto: 6/10

Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano - Eric-Emmanuel Schmitt



(contiene spoiler)
Momo è un ragazzino di undici anni che vive con un padre sempre depresso, avvocato, che lo paragona in continuazione al fratello Popol. E Momo a poco a poco fa conoscenza con Monsieur Ibrahim, il droghiere, chiamato “l'arabo della strada” anche se in realtà viene dalla Mezzaluna d'Oro. E con brevi aforismi Monsieur Ibrahim riesce ad aiutare Momo a superare le difficoltà che la vita gli presenta. Abbandonato appena nato dalla madre prima, e abbandonato dal padre che si suicida per senso di colpa. Fino a dargli una nuova vita, una nuova famiglia, un rapporto ritrovato con la madre che era scomparsa.

Ho letto questo libro in poco più di un'ora. E' molto scorrevole, anche se darebbe tanti tanti spunti di riflessione. Ma forse questo sfiorarli appena è proprio il suo bello. Non riesco però a definirlo un romanzo, è piuttosto simile ad un racconto o ad una favola. E forse, da uno scrittore che avevo sentito nominare spesso, mi aspettavo qualcosa di diverso.
Però Monsieur Ibrahim è fantastico coi suoi aforismi, col suo prendere la vita con calma e serenità.

mio voto: 7/10

I viaggi di Gulliver - Jonathan Swift


Titolo originale: Gulliver's travels (1726)

Noioso è il primo termine che mi viene in mente per descrivere questo libro che ho sempre saputo essere un classico della letteratura per ragazzi. Non vedo come possa essere considerato un libro per ragazzi, così pieno di politica ovunque. Politica, secondo me, poco comprensibile a chi non è inglese o non conosce molto bene la struttura governativa e la storia inglese.


Non sapevo che i viaggi fossero 4, ero rimasta ai primi due, i più famosi direi, quello dove è un gigante e quello dove è alto come un bonsai. E i successivi due viaggi mi sembrano veramente “campati in aria”. Prima l'isola volante dove gli abitanti sono dediti totalmente alle scienze. Poi l'isola dominata dai cavalli. Dopo la quale Gulliver sembra veramente partito con la ragione al punto da non voler più stare in mezzo ai suoi simili. E se da un lato posso capire il discorso del voler un mondo in cui non esiste il vizio e la menzogna, mi pare allucinante arrivare a provare disprezzo per la moglie e i figli che continuano a riabbracciarlo nonostante lui non sappia stare a casa.

Mah.
Sicuramente il linguaggio decisamente datato non aiuta nella lettura, ma ho anche fatto fatica proprio a trovare un coinvolgimento dalla trama in sé. E ho pure trovato abbastanza seccante il fatto che continuasse a ripetere, soprattutto nei primi due viaggi, che “non mi va di tediare il lettore con particolari”, quando poi è talmente prolisso di altri particolari di cui poteva francamente fare a meno.
Deludente è la parola giusta per descriverlo in effetti.

mio voto: 3/10

L'assassinio di Roger Ackroyd - Agatha Christie




King's Abbot è un tipico paesino della campagna inglese dove tutti si conoscono e dove non succede mai nulla di speciale. Un giorno però qualcosa accade: l'uomo più ricco del paese, Roger Ackroyd, viene inspiegabilmente assassinato proprio quando stava per leggere una lettera che avrebbe fatto luce su un misterioso suicidio.
I sospetti ricadono subito sul figlio Ralph ma Poirot non è dello stesso avviso. E comincia le sue investigazioni che lo portano a scoprire il vero assassino, che è probabilmente la persona più insospettabile di tutta la storia. Forse proprio per questo, ad un certo punto mi sono detta “sta a vedere che è lui!”

Singolare la scelta di far narrare ad uno dei personaggi, il dottor Sheppard, l'intera storia. Così a memoria direi che nei libri della Christie non mi era capitato.

La storia è carina, anche se secondo me si perde un po' nelle tante storielle sui vari personaggi. E alla soluzione ci sono arrivata anche io ma più per caso che non perchè avevo colto davvero gli indizi.

mio voto: 7/10

Fiorirà l'aspidistra - George Orwell


Gordon Comstock, ventinovenne già piuttosto muffito, ultimo membro della famiglia Comstock, famiglia particolarmente misera, tetra, inerte, inetta dove non succede mai nulla, dove ogni possibile desiderio e spirito veniva subito schiacciato o estirpato.
Gordon aveva dichiarato guerra al denaro da quando aveva 16 anni e non voleva di saperne di quelli che venivano considerati “buoni” lavori. Il suo lavoro ideale era in piccole librerie, pagato pochi soldi e senza possibilità di far carriera o di aumentate la paga.
Aveva poi una contesa segreta con l'aspidistra, pianta che tutte le famiglie borghesi che lui denigrava avevano in casa e di cui anche lui aveva un esemplare in camera che aveva in tutti i modi cercato di uccidere ma che tenacemente resisteva.
Nella vita voleva scrivere, ma poche riviste nella realtà accettavano di pubblicare le sue poesie. Da due anni lavorava ad un poema chiamato Piaceri londinesi che però ristagnava.
Il poeta che muore di fame in una soffitta, questa era la sua visione di se stesso. Lentamente si lascia sprofondare nel fango,sempre più in basso, finché l'annuncio che la sua ragazza è incinta gli fa cambiare radicalmente vita e si rende conto che non è così terribile come temeva.

Un romanzo con la erre maiuscola, ben scritto, ben portato avanti. Parte un pochino lento ma si riprende in fretta e diventa avvincente per la curiosità di vedere che fine farà il protagonista.Gordon ad un certo punto lo avrei voluto prendere a schiaffi. Nella sua guerra contro al denaro, a mio parere, non si rende conto che ne diventa totalmente schiavo. Ogni rapporto, ogni contatto con altri esseri umani sono rovinati dal fatto che non può permettersi di cenare fuori o di fare una gita in campagna. Addirittura, nel momento in cui una rivista gli pubblica una poesia e lo paga 50 dollari lui parte con buoni propositi poi sperpera tutto in modo molto stupido.
Un personaggio che diventa a tratti antipatico, cattivo, egoista. Che non sa rendersi conto dell'affetto che le persone provano per lui perché vede tutto nell'ottica del denaro.
E nel momento in cui cede e decide di smettere la sua guerra al denaro, si rende conto che la vita che ha tanto dissacrato non è poi così terribile, che le persone borghesi che tanto snobba è vero fanno denaro e hanno un'aspidistra sul tavolo, ma conservano comunque una loro dignità. Si rende conto che abiurare il denaro è abiurare la vita.
L'aspidistra diventa un po' la metafora della sua vita: lui cerca di ucciderla, lei sembra morire ma non muore, rifiorisce con la primavera, così come rifiorisce la vita di Gordon nel momento in cui Rosemary gli comunica di aspettare un bambino.
Molto molto commovente, secondo me, il finale.

mio voto: 9/10