sabato 26 febbraio 2022

Sipario veneziano - Maria Luisa Minarelli


Titolo originale: Sipario veneziano (2016)

La terza indagine di Marco Pisani, avogadore a Venezia. La vigilia dell’Ascensione del 1753 il teatro San Giovanni Grisostomo di Venezia ospita la prima dell’opera del celebre compositore Matteo Velluti. A esibirsi saranno, tra gli altri, l’evirato cantore Lorenzo Baffo, detto il Muranello, e la bella Angela Fusetti. Dietro le quinte però c’è grande agitazione: Momo, il factotum gobbo del teatro, è scomparso. E quando Marco Pisani, che assiste allo spettacolo insieme all’amico dottor Valentini e a Daniele Zen, si reca a casa di Momo, lo trova a terra, esanime. Potrebbe essere morte naturale, ma qualcosa non convince l’avogadore e i suoi amici. Prima di tutto, Momo non era malformato come tutti credevano: la sua finta gobba, munita di cinghie, giace infatti su una sedia. Sarà l’autopsia a rivelare che l’ambiguo factotum è morto avvelenato. E non solo. Momo era anche castrato. In una Venezia in piena festa della Sensa, tra palcoscenici e costumi fastosi, sedicenti maghi e alchimisti, donne di malaffare, soprani, sopranisti e musicisti, Marco Pisani si trova coinvolto in un’indagine complessa, in un rebus apparentemente senza soluzione, che dalla sua città bella e decadente lo porterà a cavalcare fino a Bologna, per una soluzione inaspettata che si trasformerà in un atto di giustizia. (goodreads)

Terza avventura per l'avogadore Marco Pisani. Decisamente quella che mi è piaciuta di più. La trama è interessante, la storia si svolge nell'ambiente teatrale ma poi si dirama all'esterno, a Venezia ma anche a Bologna. Forse il fatto di poter "vedere" esattamente le vie e i luoghi descritti mi ha coinvolto maggiormente. E soprattutto, l'intervento del "dono" di Chiara, è molto molto in secondo piano e si risolve in un "vai a cercare a Bologna". Ho decisamente apprezzato che tutto il grosso delle indagini sia svolto da Marco, insieme all'avvocato Daniele Zen e all'anatomopatologo Guido Valentini.

Il factotum del teatro viene trovato morto, e ben presto Pisani capisce che non si tratta di morte naturale. Oltretutto, la casa in cui vive Momo non sembra propriamente la casa di un poveraccio. Ma i misteri non finiscono qui; Momo nasconde anche altri segreti, personali e professionali. Un intreccio di cui non posso dirvi troppo, ma che regge bene fino alla fine. Ed è solo a Bologna che Pisani riuscirà a chiudere le fila del mistero, collegando Momo alla figura del suo assassino.
Piaciuto molto. Trama avvincente, ambientazione interessante (e molto familiare la parte di Bologna). Poca magia e molta indagine.
Mio voto: 8 / 10


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Serie Veneziano:
- Sipario veneziano
- Crociata veneziana
- Biondo veneziano

Bambina mia - Tupelo Hassman


Titolo originale: Girlchild (2012)

Nevada, anni Ottanta. Nel campo caravan Calle de las Flores − «poco più a nord di Reno e poco più a sud del nulla» − la vita è scandita dall’ebbrezza del gioco d’azzardo e si regge sul principio dell’interdipendenza del gruppo. La piccola Rory Dawn Hendrix abita nella roulotte Nobility con la madre Jo, donna bella e dal passato sofferto con l’abitudine di fidarsi degli uomini sbagliati, e passa le giornate quasi sempre da sola. È nel Manuale delle girl scout che Rory cerca quella guida che sembra mancarle nella vita. Pur sapendo di avere il destino segnato − «figlia debole di mente di una figlia debole di mente, lei stessa il prodotto di una schiatta debole di mente» −, è determinata a rompere il ciclo del sangue, trovando conforto nella pienezza delle parole. Composto da pagine di diario, relazioni di assistenti sociali, esercizi di grammatica, verbali di arresti e lettere di famiglia, Bambina mia di Tupelo Hassman è un collage devastante che mette in scena il fallimento del sogno americano. (goodreads)

Temo che la lettura di questo libro (che peraltro, è passato quasi inosservato nelle librerie..) abbia un po' risentito del fatto che provenivo da una infilata di libri ambientati nella periferia americana. Infatti all'inizio ho un po' faticato a proseguire, più per un senso di stanchezza nei confronti dell'ambientazione, tant'è che ho dovuto interromperlo (leggere il visconte che mi amava) e poi l'ho ripreso.
In realtà si legge bene. I capitoli sono corti, a volte sono intervallati da lettere, referti degli assistenti sociali, pagine nere (come già mi era capitato di vedere in "molto forte, incredibilmente vicino") per non raccontare dettagli che è meglio omettere.
L'ambientazione della comunità che vive in roulotte e cerca di sbarcare il lunario è resa molto bene.
Rory è una bambina figlia di una donna debole di mente, a sua volta figlia di una donna debole di mente. Mamma e nonna sono rimaste incinta giovanissime (cosa molto normale in quella società). Ma la mamma di Rory cerca di metterla in guardia sull'argomento, ricordandole di tenere le gambe ben chiuse e di non farsi toccare nei punti coperti dal costume da bagno. Peccato che poi non si accorga del comportamento viscido del titolare della ferramenta, se non quando è troppo tardi. L'intera comunità allora lo ostracizzerà e sarà costretto ad andarsene altrove.
Rory è una bambina con pochi amici, che ha un punto fermo nel manuale delle girl scout trovato non ricordo dove. A differenza dei pregiudizi che si porta dietro fino alla nascita, lei non è debole di mente, anzi, a scuola è brava, partecipa con successo alle gare di compitazione, cosa che metterà anche un po' di subbuglio tra i professori, che neanche lontanamente pensano di trovare una simile studiosità nei bambini della Calle. E' anche una bambina costretta a crescere in fretta, a volte è lei che si prende cura della madre quando rientra ubriaca e si addormenta sul divano. Arriverà, tuttavia, il suo momento di andarsene dalla Calle, e il finale aperto lascia spazio ad un briciolo di speranza che lei possa farcela ad avere una vita migliore.
Non ho idea di quanto il libro sia autobiografico dell'autrice; sicuramente ci sono molti punti in comune.
Interessante.
Mio voto: 7 / 10

sabato 19 febbraio 2022

Il visconte che mi amava - Julia Quinn


Titolo originale: The viscount who loved me (2000)  

La Stagione del 1814 sembra essere promettente e ricca di nuovi fidanzamenti. Certo, non per Anthony Bridgerton, erede di un antico viscontado, probabilmente lo scapolo più ambito di Londra, che non ha mai dimostrato alcun interesse per le faccende matrimoniali. E in realtà, perché mai dovrebbe? È il prototipo del libertino, un mascalzone allergico alle etichette dell'alta società e decisamente pericoloso per donne e fanciulle. Questo, quanto meno, è ciò che tutti pensano. In realtà Anthony non solo ha in animo di sposarsi, ma ha anche già scelto la futura moglie, Edwina Sheffield, una debuttante subito soprannominata "lo Splendore". Peccato che la dolce Edwina si rifiuti di accettare proposte senza l'approvazione della sorella maggiore Kate, una donna sicura di sé, o meglio una "zitella ficcanaso" che non ha la minima intenzione di affidare l'angelica sorellina nelle grinfie di un uomo del genere. Se vuole Edwina, Anthony deve prima riuscire a conquistare la fiducia di Kate. L'impresa rivelerà risvolti inaspettati, e indubbiamente piacevoli. (ibs)

Ho deciso di leggere il secondo libro dei Bridgerton prima che esca su Netflix la serie tv. 
Devo dire che il libro mi è piaciuto più del precedente. A differenza delle scaramucce tra Simon e Daphne del primo libro, qui i dialoghi tra Kate ed Anthony sono decisamente più brillanti. Quando poi ci si mettono anche i fratelli di lui, Benedict e Colin, ancora di più.
A mio parere, il romanzo cala molto quando i due si sposano. I battibecchi non hanno lo stesso brio, anche se ci provano, e tante parti diventano quasi stucchevoli o ridicole (il "abbiamo già finito" della prima notte di nozze è veramente terribile...). E' chiaro che sappiamo già come andrà a finire, non sono quei romanzi che lasciano molte sorprese sul finale. Dal momento che sappiamo i demoni che affliggono entrambi e conosciamo i due personaggi, beh il finale non può che essere quello. Tuttavia, credo sia più un problema di come vengono descritti piuttosto del "cosa" succede. E' anche strano che Lady Violet praticamente si riduce a scegliere i vestiti per Kate ma non ha mai uno straccio di dialogo con suo figlio.
Il secondo finale, anche se riprende la partita di Pall Mall che è diventata una tradizione, mi sembra più fiacco del primo finale; è praticamente tutta una serie di dialoghi, tipo copione cinematografico.  
Avevo bisogno di una lettura leggera dopo alcuni romanzi un po' tosti e questo rientra decisamente in questa definizione. Nel complesso mi è piaciuto più del primo della serie, ma non arrivo neanche lontanamente al voto che ho dato al libro su Benedict (a sto punto sarei curiosa di rileggerlo per vedere se ancora la penso così...). Mi è piaciuta davvero tanto la prima parte, ma, appunto, dopo il matrimonio, cala tremendamente.
Mio voto: 7 / 10

venerdì 11 febbraio 2022

Prendila così - Joan Didion


Titolo originale: Play it as it lays (1970)

In un'esclusiva clinica neuropsichiatrica di Los Angeles Maria Wyeth, attrice fallita, ripensa alla sua vita, frammentata in episodi che appaiono ormai distanti e freddi come gli astri nella volta celeste. Dal deserto del Nevada alle colline di Hollywood, da modella a protagonista in film minori: la sua parabola è quella di una stella che non ha mai davvero brillato. Dopo anni di scelte sbagliate e di ferite emotive, Maria ha smesso di provare qualsiasi sentimento e lascia che la vitale passi accanto. Anestetizza il dolore guidando per ore senza meta sulle autostrade della California, navigando nel traffico come nelle acque di un immenso fiume. Nonostante tutto, continua a voler giocare la sua partita, forse motivata dall'unica scintilla d'amore che riserva per Kate, la figlia malata che vede di rado. Joan Didion seziona con la sua penna affilatala fauna umana che orbita intorno a Hollywood, che sfodera sorrisi e false promesse in infiniti cocktail-party, che teme il fallimento come una malattia infettiva, pronta a tutto pur di riempire il vuoto che la assedia. Romanzo dalla lingua essenziale e spietata, Prendila così fotografa gli aspetti più vacui e autodistruttivi della società americana, raccontando quanto sia doloroso vivere e quanto più facile semplicemente esistere. (ibs)

Ora me ne sto distesa al sole e faccio un solitario e ascolto il mare e guardo un colibrì. Mi sforzo di vivere nel presente. Non vedo nessuno di quelli che conoscevo un tempo, ma del resto me ne importa pochissimo. Voglio dire, forse avevo tutti gli assi nella manica, ma a che gioco giocavo?

Ho letto questo libro per il gruppo di lettura online, altrimenti non credo che l'avrei mai fatto. Pur essendo abbastanza corto, è stata una fatica notevole.
Non mi dispiacciono i capitoli brevissimi, rende molto l'idea del flusso di pensieri, abbastanza sconclusionato perchè d'altronde sono i pensieri di una persona rinchiusa in un manicomio. Tuttavia, quello che racconta è troppo frammentario e ho fatto fatica a farmi una idea del personaggio e di chi le gira intorno, a parte, ovviamente, pensare a questo mondo di droga e relazioni veloci. Tanti uomini, non riesco neanche a ricordarmi chi sembra averle voluto bene e chi l'ha presa solo in giro. Un ex marito che la insulta per vedere se lei è ancora viva e se è solo un vegetale (poi non ho capito se in passato l'ha anche picchiata..). Questo BZ, marito di Helene (che così fedele non è), che in qualche modo anche lui è stanco di questo mondo e decide di farla finita tenendo per mano Maria.
Sinceramente? Non mi è piaciuto. Probabilmente non ha aiutato molto il fatto che non sono in un periodo particolarmente sù nemmeno io, ma proprio non finiva mai.
Comprendo che il malumore generale di Maria stia nel fatto che non ha mai potuto prendere una decisione, e soprattutto, è stata costretta anche ad abortire un figlio che lei avrebbe voluto, solo perchè il suo ex marito ha deciso così. E' un dolore che si porta costantemente dietro, e si aggiunge a quello per l'altra figlia, Kate, una bambina malata e rinchiusa in un istituto dove le fanno l'elettroshock.. Una vita piena di dolore in cui Maria non ha saputo fare altro che lasciarsi trascinare, prendendo quello che viene.

"Ha mai preso una decisione?" chiese ad un tratto, lasciando cadere la scopa contro lo steccato.
"No" disse Maria "Non l'ho mai fatto"

"Mio padre mi diceva che anche la vita è una partita a dadi: è stata una delle due lezioni che ho imparato da bambina. L'altra era che se si capovolge un sasso c'è la probabilità di trovarci sotto un serpente a sonagli."

"C'è una cosa a ma difesa, non che importi: so qualcosa che Carter non ha mai saputo, e neppure Helene, e forse neppure voi. So che cosa significa <<nulla>>, eppure continuo a giocare. 
Perchè, direbbe BZ. 
Perchè no, dico io."

Interessante l'argomento ma è reso in modo troppo caotico. Non ho gradito il fatto che in molte domande non viene messo il punto interrogativo. No, non mi è piaciuto (non quello che ha scritto ma) come lo ha scritto. Ah, la nuova copertina è orribile, era molto meglio quella con la ragazza sul dondolo.
Mio voto: 6 / 10

domenica 6 febbraio 2022

Julie & Julia - Julie Powell


Titolo originale: Julie & Julia: 365 Days, 524 Recipes, 1 Tiny Apartment Kitchen (2005)

Julia Child è la donna che ha insegnato a cucinare alle americane, con un libro intitolato "L'arte della cucina francese". Quando Julie Powell ne trova una copia consunta a casa di sua madre, ha una specie di folgorazione.
Alle soglie dei trent'anni, sposata felicemente con Eric ma frustrata sul lavoro (avrebbe voluto diventare attrice ma fa la segretaria in un'agenzia governativa), decide di cucinare in un anno tutte le 524 ricette del libro, dal potage Parmentier (una delicata zuppa di patate) alle più virtuosistiche preparazioni a base di interiora e salse elaborate.
"Automa governativo di giorno, gastronoma fanatica di sera", Julie comincia a sfornare manicaretti per il marito e per gli amici squinternati che frequentano il suo piccolo appartamento nel Queens. Nel frattempo, il blog in cui racconta la sua impresa diventa uno dei più popolari della rete, e perfino l'ormai novantenne Julia Child parlerà (non bene) di lei.
Ma sarà Julie ad avere l'ultima parola. (goodreads)

Stavo cercando un "food memoir" e ho pensato a questo libro. Non so se sia stato un bene aver visto prima il film o meno. Fatto sta che ho trovato il film decisamente brillante (ma là c'era Meryl Streep che potrebbe far diventare poesia anche la lista della spesa...) mentre il libro l'ho trovato, alla lunga, noioso. L'idea del blog e della sfida mi è piaciuta molto. Però, più che un food memoir, è praticamente una autobiografia dell'autrice, dove la parte delle ricette ha sì un grosso spazio, ma poi ci sono duemila altre cose che appesantiscono il tutto. O, almeno, io l'ho recepito così. Pensavo ad una lettura brillante, e come stile narrativo lo è, ma poi ad un certo punto volevo solo arrivare alla fine. 
Cose positive che ci ricorda questo libro: a volte dobbiamo trovare quello stimolo che ci fa trovare gioia in quello che facciamo, uscendo dalla noia di una vita che non è esattamente quello che cercavamo. E soprattutto, quello che ha imparato Julie, il segreto di Julia Child è stata la gioia. La gioia che ha messo nel fare il manuale di cucina e prima ancora il corso di cucina per poter far mangiare bene l'uomo che amava.  
Mio voto: 6  / 10