08 ottobre 2020
Il premio Nobel per la letteratura 2020 è andato a Louise Glück, poetessa e saggista americana, per "la sua inconfondibile voce poetica, che con austera bellezza rende l'esistenza individuale esperienza universale", come si legge nelle motivazioni rese pubbliche dall'Accademia di Svezia.
È la sedicesima donna premiata con il Nobel dal 1901. La conferenza celebrativa del premio Nobel si terrà negli Stati Uniti per via delle restrizioni ai viaggi imposte dalla pandemia.
Già vincitrice del premio Pulitzer (nel 1993) del National Book Award, e del "Us Poet laureate" nel 2003, la Glück è nata a New York il 22 aprile 1943, in una famiglia di origine ebraica ungherese, ed è cresciuta a Long Island. Vive a Cambridge, in Massachusetts, e insegna alla Yale University di New Haven, in Connecticut.
Nella sua produzione, che conta undici raccolte poetiche, autobiografia e mito classico sono temi dominanti; per il suo stile è stata spesso accostata a Silvia Plath, ad Anne Sexton e ad Emily Dickinson. Nelle motivazioni del Nobel, l'Accademia di Svezia ha sottolineato la sua ricerca di "chiarezza" nell'esprimere i suoi temi d'elezione - l'infanzia e la famiglia, il rapporto tra fratelli e sorelle, ma anche il dialogo intimo con la natura. Proprio sulla natura e la sua vita minuta è incentrata la raccolta vincitrice del Pulitzer, L'iris selvatico, edita in Italia da Giano.
La Glück è la prima poetessa a vincere il Nobel dopo la polacca Wislawa Szymborska nel 1996.
Nella sua biografia, l'anoressia di cui ha sofferto durante l'adolescenza e nel corso dei primi anni della vita adulta è stata un'esperienza centrale. Per combattere la malattia, la scrittrice intraprese un percorso psicanalitico, rinunciando a un certo punto a frequentare l'università.
La sua prima raccolta di poesie, del 1968, si intitola "Firstborn"; in seguito, dopo alcuni anni di silenzio, ha pubblicato "The House on Marshland" (1975) e "The Triumph of Achilles" (1985), in cui ha trasposto la perdita di tutti i suoi oggetti personali per via dell'incendio della casa in cui viveva, in Vermont.
Il vero riconoscimento tra i grandi poeti contemporanei americani è negli anni novanta, prima con la raccolta "Ararat" (1990), in cui fa i conti con la morte del padre, poi con "L'iris selvaggio" che la porterà a vincere il Pulitzer. Sono di questi anni anche i saggi raccolti in "Proofs & Theories: Essays on Poetry".
Dopo l'11 settembre viene edito negli Usa il suo lungo poema "October", dedicato al trauma dell'evento.
A proposito del suo stile, il New York Times ha scritto nel 2003, quando è stata eletta "Us Poet Laureate" che si trattava di una "scelta ispirata", perché la Glück "eccelle nel fare ciò che solo la poesia lirica può fare: imitare la musica peculiare del pensiero stesso".
La stessa autrice ha ribadito che la poesia non sopravvive "sui contenuti, ma attraverso la voce. Per voce intendo lo stile del pensiero, che lo stile del discorso non può sostituire mai in modo convincente".
Nessun commento:
Posta un commento