domenica 16 dicembre 2018

Il rosso vivo del rabarbaro - Audur Ava Olafsdottir


Titolo originale: Upphækkuð jörð - 1998
Titolo in inglese: Raised earth

C'è un piccolo villaggio sul mare dove la vita scorre bislacca e tranquilla. Mentre gli uomini sono fuori a pescare, le donne seguono lezioni di cucito e si scambiano rossi barattoli di marmellata di rabarbaro. Proprio in un campo di rabarbaro, Ágústína è stata concepita. Ágústína è un'adolescente speciale, si muove con le stampelle ma scala le montagne. La sua è una mente singolare, nella sua testa i numeri sono a tre dimensioni, come pianeti nello spazio, e le parole si organizzano in cumuli appuntiti. Ágústína non è come gli altri ragazzi, lei sa che dietro una montagna - dietro ottocentoquarantaquattro metri di terra protesa verso il cielo - c'è ancora un'altra montagna da scalare (www.anobii.com)

Ágústína è una ragazzina speciale, costretta a camminare usando le stampelle, ha la testa per aria e sogna di scalare la montagna che incombe sul suo villaggio. E' un villaggio in cui gli uomini pescano e le donne cucinano il rabarbaro in mille modi (io manco sapevo che si potesse fare la marmellata, per esempio). 
Ágústína è affidata a Nina, mentre la madre ornitologa in giro per il mondo le manda lettere (in una delle quali le dice che è nato un fratellino). Augustina non ha mai conosciuto suo padre, esperto di balene, ma periodicamente gli invia messaggi in bottiglia. 
 "Tua madre era persa in cielo coi suoi uccelli, tuo padre immerso nelle profondità delle sue ricerche sottomarine. Io credo che si siano incontrati a metà strada, cioè su, al campo di rabarbaro." 
Unici personaggi maschili che vengono citati sono Vermundur, l'aggiusta tutto del paese, e Salòmon amico coetaneo di Ágústína
Ágústína vive in modo tutto suo. Fa i compiti di matematica a velocità impressionante e scrive i numeri come entità tridimensionali, ognuno dotato di una particolare personalità, canta in maniera soave e i professori la rimproverano di non avere una visione d’insieme delle cose.
Sicuramente è più piacevole l'atmosfera un po' poetica che si respira, rispetto alla storia in sè. La protagonista non mi ha fatto nè caldo nè freddo, anzi, a tratti l'ho proprio trovata sgradevole. E' il genio matematico che scrive temi fantastici immaginando di vedere il mondo dalla cima della montagna che non ha mai scalato, ma è anche la sadica che acchiappa le mosche, le tiene sotto ad un bicchiere e calcola quanto tempo ci impiegano a morire.
Nel complesso, la lettura è scorrevole ma non mi ha fatto impazzire. E poi non ho capito il finale...
Mio voto: 6 e mezzo / 10

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