domenica 23 giugno 2024

Vacca d'un cane - Francesco Guccini


Titolo originale: Vacca d'un cane (1993)

Dalla campagna Francesco si trasferisce in città. Arriva in una stazione sconosciuta e in una casa nuova, dove impara una nuova pronuncia per non essere straniero, perché in città sono tutti signori e i padri d'inverno indossano i cappotti. Il futuro è la nuova periferia. La nebbia, la Padania con i suoi cibi e bevande, zamponi e lambruschi, e poi la scuola con il bidello, le tabelline di Suor Carmelina che porta tutti in chiesa, Coppi e Bartali, i primi balli, i 45 e i 33, il gruppo col quale suonare nelle balere, basso, chitarra e sax. Storie, personaggi e ricordi formano una saga popolare-contadina con un linguaggio assai curioso e sanguigno. (goodreads)

Questo libro è esattamente ciò che mi aspettavo. Mi sembrava di avere davanti Guccini che sproloquia della sua gioventù, mischiando termini in italiano, termini in dialetto piuttosto coloriti, termini in inglese giusto per infilarceli dentro e citazioni più elevate. Tirando fuori anche espressioni un po' esagerate (l'obesa protervia degli zamponi??)
Poco importa se non ho capito proprio tutti i termini (anche perchè lui è di origine modenese) perchè comunque era chiaro il concetto.
Questo libro è lui. Non mi aspettavo niente di diverso, in questo ha pienamente soddisfatto le mie aspettative. Non mi fa venire voglia di leggere altro di suo ma nemmeno ho faticato a leggerlo. Comprendo però che non è un libro per tutti, perchè per chi non è emiliano è sicuramente faticoso.
Se si riesce a "sopportare" il linguaggio così da "sborone" quello che ci racconta è la storia di un bambino che si chiede perchè deve lasciare la sua vita, le cose che conosce, per andare in città. E la città è una conquista dopo l'altra, giorno per giorno, deve trovare nuovi amici, deve fare amicizia con la "strada" che attraversa la città ed è un limite da non superare perchè ci sono i camion (ma te la passi lo stesso perchè c'è un amico che ti fa leggere i topolino). Arrivi che sei uno straniero guardato con sospetto perchè alcune parole le pronunci diversamente, poi diventi uno del gruppo. 
Sono carine alcune tradizioni che Guccini ci mostra (e sono anche nella mia memoria), tipo la domenica che vengono messi in tavola i piatti e i bicchieri più eleganti, ci sono le ciliegie che prepara la mamma e vanno mangiate con le forchettine apposite. Oppure la carta da giornale usata al posto della carta igienica.
C'è l'avvento della radio che ti porta in casa i grandi eventi, le figurine, la nebbia che non ti fa vedere ad un palmo dal naso.
A mio parere, scade un po' quando comincia a parlare delle prime esperienze con le ragazzine.
Libro nostalgico, non per tutti.
Mio voto: 6 e mezzo / 10

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