La trama non è nuova. Una saga al femminile, in cui le donne non contano nulla e devono sottostare alle decisioni degli uomini di casa, padri, mariti o fratelli che siano. Perchè l'uomo "sa cosa fare". Le donne sono sempre considerate "masnà", bambine. Finchè l'oppressore non muore, e la donna trova il modo di riscattare un po' di quella libertà che non ha mai avuto. Tre generazioni di donne che vivono la loro condizione di masnà con rassegnazione (Emma), con sogni costantemente accantonati (Luciana) e con la ribellione di chi vuole cambiare le cose che non capisce (Anna).
Questo romanzo trovo che si divida in due parti: una più confusionaria, con molti salti spazio-temporali a volte anche difficoltosi da seguire, soprattutto nel racconto della storia di Emma Bonelli e di Luciana; e una seconda parte più fluida e decisamente avvincente dalla nascita di Anna in poi. Pagine, quelle della seconda parte, in cui sono delineati meglio anche i sentimenti delle protagoniste e vengono dipanate alcune vicende che chiariscono la storia intera.
Il linguaggio dell'autrice non è molto facile, e aver introdotto molte espressioni dialettali senza traduzione rende un po' faticoso mantenere l'attenzione per chi non le capisce.
Sono molto dubbiosa sulla valutazione da darne... Alla seconda parte, più chiara, più leggibile, più piena di introspezione darei un otto. Ma la prima parte è a tratti molto pesante, difficile da seguire, e non riesco ad andare oltre il sei. Alla fine, forse è giusto un sette di media, anche se penalizza molto le pagine più belle del romanzo.
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