Senza capo né coda. Questa è la prima
impressione che ho avuto leggendo e poi chiudendo questo libro.
Tant'è che faccio fatica anche a farne un riassunto.
C'è questa donna, che scopriamo
chiamarsi Marianne ma è un dettaglio, viene praticamente sempre
chiamata “la donna”. Poi c'è “il bambino”, suo figlio.
L'uomo. L'attore. L'editore. L'autista.
La commessa. Tutte figure generiche, senza una vera collocazione né
nello spazio né nel tempo.
Ho letto in internet che è un libro
sulla solitudine, e su questo posso anche in parte concordare. Però
una solitudine che la protagonista si autoinfligge, di punto in
bianco, dopo una notte romantica col marito, ritornato da una lunga
assenza di lavoro.
“Una cosa ti volevo dire, Marianne:
io lassù ho pensato a te, e a Stefano, e dopo tutti questi anni che
stiamo insieme avevo per la prima volta la sensazione che davvero ci
apparteniamo. Mi veniva di colpo la paura d'impazzire in un modo
orribilmente doloroso, un modo che nessuno ha mai provato. Tante
volte ti ho detto che ti amo, ma solo ora mi sento legato a te. Sì,
per la vita e per la morte. E lo strano è che, ora che l'ho provato,
potrei a momenti fare a meno di voi”.
Dopodiche lei ha l'illuminazione che
lui se ne vada e lui senza battere ciglio dice ok nel pomeriggio
porto via le mie cose. Lei allora gli suggerisce di andare a vivere
con Franzisca, loro amica e maestra di Stefano, che è appena stata
lasciata dal compagno.
“No. Non vorrei essere felice, al
massimo contenta. Ho paura della felicità. Credo che non ci
resisterei, qui, nella testa. Diventerei pazza, per sempre, o
morirei”.
Arriva addirittura il padre di Marianne
per aiutarla, ma lui per primo ha dei problemi con la solitudine.
“Sono così solo che la sera prima di dormire non ho nessuno su cui
poter riflettere, semplicemente perchè durante il giorno non sono
stato con nessuno”.
Poi c'è questa scena finale, in cui
tutte ste persone, sole, si ritrovano a casa di Marianne (peraltro,
in gruppo si divertono pure) che intanto se ne sta in disparte
guardando fuori dalla finestra.
Una sintesi della situazione la fa
Franzisca quando dice “abbiamo la sensazione al momento che in
testa ci si sia chiarito quasi tutto, ma che ciononostante la vita
stia da qualche altra parte”. Come dice la citazione post romanzo
di Goethe “...si continua a vivere come se di nulla si trattasse”.
Sinceramente mi sembra più un romanzo
sull'apatia. E quello che mi dispiace è che non si capiscano le
motivazioni dietro a questo voler allontanare tutto e tutti. Ma
sinceramente non mi addentro in discussioni filosofiche che non sono
il mio campo né le apprezzo in modo particolare.
Il titolo del romanzo è il titolo di
una canzone che Marianne ascolta spesso perchè la adora, la donna
mancina in quanto maldestra, diversa dalle aspettative.
Il romanzo ha sicuramente uno stile
particolare. Sembra essere scritto “a flash”, tante immagini
accostate, con salti tra una e la successiva. Ho letto che lo stesso
scrittore è stato il regista del film tratto da questo libro; in
effetti, credo che chiunque altro avrebbe fatto fatica ad
interpretarlo...
Mio voto: 5/10
Nessun commento:
Posta un commento