lunedì 2 settembre 2013

La donna mancina - Peter Handke



Senza capo né coda. Questa è la prima impressione che ho avuto leggendo e poi chiudendo questo libro. Tant'è che faccio fatica anche a farne un riassunto.
C'è questa donna, che scopriamo chiamarsi Marianne ma è un dettaglio, viene praticamente sempre chiamata “la donna”. Poi c'è “il bambino”, suo figlio.
L'uomo. L'attore. L'editore. L'autista. La commessa. Tutte figure generiche, senza una vera collocazione né nello spazio né nel tempo.
Ho letto in internet che è un libro sulla solitudine, e su questo posso anche in parte concordare. Però una solitudine che la protagonista si autoinfligge, di punto in bianco, dopo una notte romantica col marito, ritornato da una lunga assenza di lavoro.
“Una cosa ti volevo dire, Marianne: io lassù ho pensato a te, e a Stefano, e dopo tutti questi anni che stiamo insieme avevo per la prima volta la sensazione che davvero ci apparteniamo. Mi veniva di colpo la paura d'impazzire in un modo orribilmente doloroso, un modo che nessuno ha mai provato. Tante volte ti ho detto che ti amo, ma solo ora mi sento legato a te. Sì, per la vita e per la morte. E lo strano è che, ora che l'ho provato, potrei a momenti fare a meno di voi”.
Dopodiche lei ha l'illuminazione che lui se ne vada e lui senza battere ciglio dice ok nel pomeriggio porto via le mie cose. Lei allora gli suggerisce di andare a vivere con Franzisca, loro amica e maestra di Stefano, che è appena stata lasciata dal compagno.
“No. Non vorrei essere felice, al massimo contenta. Ho paura della felicità. Credo che non ci resisterei, qui, nella testa. Diventerei pazza, per sempre, o morirei”.
Arriva addirittura il padre di Marianne per aiutarla, ma lui per primo ha dei problemi con la solitudine. “Sono così solo che la sera prima di dormire non ho nessuno su cui poter riflettere, semplicemente perchè durante il giorno non sono stato con nessuno”.
Poi c'è questa scena finale, in cui tutte ste persone, sole, si ritrovano a casa di Marianne (peraltro, in gruppo si divertono pure) che intanto se ne sta in disparte guardando fuori dalla finestra.
Una sintesi della situazione la fa Franzisca quando dice “abbiamo la sensazione al momento che in testa ci si sia chiarito quasi tutto, ma che ciononostante la vita stia da qualche altra parte”. Come dice la citazione post romanzo di Goethe “...si continua a vivere come se di nulla si trattasse”.
Sinceramente mi sembra più un romanzo sull'apatia. E quello che mi dispiace è che non si capiscano le motivazioni dietro a questo voler allontanare tutto e tutti. Ma sinceramente non mi addentro in discussioni filosofiche che non sono il mio campo né le apprezzo in modo particolare.
Il titolo del romanzo è il titolo di una canzone che Marianne ascolta spesso perchè la adora, la donna mancina in quanto maldestra, diversa dalle aspettative.
Il romanzo ha sicuramente uno stile particolare. Sembra essere scritto “a flash”, tante immagini accostate, con salti tra una e la successiva. Ho letto che lo stesso scrittore è stato il regista del film tratto da questo libro; in effetti, credo che chiunque altro avrebbe fatto fatica ad interpretarlo...

Mio voto: 5/10


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