giovedì 6 marzo 2014

Venivamo tutte per mare - Julie Otsuka


 
Il racconto delle “spose in fotografia” giapponesi, ragazze dai 14 anni in su che si trasferiscono in America per andare in sposa ad immigrati giapponesi. Donne di città e di campagna, che viaggiano in mare e sognano i loro mariti, quegli uomini che in fotografia sono così belli e giovani.
Donne che sono state preparate ad essere brave mogli, sanno lavare, pulire, servire il tè, sanno “essere presenti senza rivelare la propria esistenza”. Sognano la vita che i loro mariti hanno raccontato loro nelle lettere che hanno scritto, dove parlano di case con giardini, di essere il presidente di una importante ditta, di essere imprenditori.
Ma l'arrivo in America rivela una realtà ben diversa. Le foto sono di vent'anni prima, e le case con giardino non esistono. La prima notte di nozze viene consumata in fretta.
Si trovano a lavorare nei campi, vivendo in una tenda o addirittura sotto le stelle. “perchè se i nostri mariti ci avessero detto la verità nelle loro lettere, non saremmo mai venute in America a fare i lavori che nessun amercano rispettabile voleva fare”
La realtà è quindi ben lontana da quello che avevano sognato queste ragazze. Ma tornare a casa è impossibile perchè creerebbe onta alla famiglia. “A Japantown ci sentivamo al sicuro fra noi. Imparammo a vivere tenendoci a distanza da loro, ed evitandoli il più possibile”
I figli vengono educati con le tradizioni giapponesi, ma ben presto, crescendo, cominciano a seguire la cultura americana. E si vergognano anche un po' della sciattezza di alcune madri, degli abiti logori, dei visi rugosi e cotti dal sole.
Finchè arriva la guerra. E i giapponesi iniziano ad essere visti tutti come nemici, come traditori.
Alcuni giapponesi cominciano a sparire nel nulla. E' il periodo in cui le donne si sentono più vicine ai mariti, aspettando con ansia il loro ritorno dal lavoro. Finchè tutti i giapponesi vengono portati via, con una targhetta di identificazione al collo.
E gli americani loro vicini si accorgono di quanto alla fine gli manchino. Persone sempre così educate e cortesi. Si occupano degli animali che hanno dovuto abbandonare. E i figli continuano a chiedere dove sono, rispondono male perchè non hanno risposte, sono ansiosi. Il governo dice solo che tutti i giapponesi sono stati portati in un posto sicuro.
“Sappiamo solo che i giapponesi sono da qualche parte là fuori, in un posto o nell'altro, e probabilmente non li incontreremo mai più in questo mondo”

Non sapevo nulla delle spose per corrispondenza giapponesi, anche se era un'usanza che capitava anche qui in Italia (ho un cugino di mia madre che ha trovato moglie in questo modo). Meno ancora sapevo dei "campi di concentramento" giapponesi, che parlando col mio gruppo di lettura ho scoperto essere un argomento di cui i giapponesi non parlano volentieri e che ogni traccia di queste strutture è stata cancellata. 
Il libro all'inizio è intrigante. Non parla di una ragazza in particolare, ma parla della storia di tutte. Desideri, speranze, sogni. E poi disillusione, sogni infranti, fatica. "Una faceva questo, una faceva quello, una faceva l'altro ancora". Uno stile narrativo interessante. Senonchè alla lunga diventa un po' ripetitivo. Diventa un noi unico quando scoppia la guerra (tutto il libro con lo stile precedente sarebbe diventato terribilmente palloso..).
Il racconto è scorrevole, racconta avvenimenti tristi con molta delicatezza. Tanti spunti di riflessione per un romanzo piacevole.
Mio voto: 7 / 10




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