venerdì 21 agosto 2020

L'importanza di essere onesto - Oscar Wilde

 
Titolo originale: The importance of being Earnest - 1895

Ultimo lavoro teatrale di Wilde, «L'importanza di essere onesto» debuttò al St James's Theatre di Londra il 14 febbraio 1895, ma nonostante lo strepitoso successo non rimase a lungo sulle scene a causa di uno scandalo che sconvolse di lì a poco la vita dello scrittore. La commedia riprese però in seguito il suo cammino trionfale e rimane in assoluto una delle più rappresentate. Prima di essa Wilde aveva già al suo attivo il buonissimo esito di tre melodrammi brillanti: «Il ventaglio di Lady Windermere» (1892), «Una donna senza importanza» (1893) e «Un marito ideale» (1895). Ma mentre questi lavori si inserivano nel filone "francese" della commedia, di Sardou, Scribe e Dumas figlio, le cui vicende erano ambientate nei salotti della buona società e riguardavano l'onore, il matrimonio, la fedeltà, i natali, «L'importanza di essere onesto» segna una totale emancipazione da tali moduli. Facendo dei suoi paradossi piacevolmente sovversivi la struttura stessa del dramma, sostituendo all'azione la conversazione, mettendo sullo stesso piano le cose serie e quelle frivole, Wilde non solo sbeffeggia le convenzioni teatrali della società dell'epoca, ma la stessa società che da quelle convenzioni vuol sentirsi rassicurata nei suoi codici comportamentali. (www.ibs.it)

Una commedia brillante, a volte tradotta come "l'importanza di essere onesto", altre volte come "L'importanza di chiamarsi Ernesto" (più fedele alla rappresentazione, a mio parere) e altre volte con sinonimi. In effetti, Oscar Wilde gioca molto sulla parola "earnest", utilizzabile sia come aggettivo sia come nome di persona. In italiano, purtroppo, è difficile mantenere questo gioco di parole.
Per la società dell'epoca, e in particolare per Guendalina e Cecilia, il fatto che un uomo si chiami Ernesto è indicativo della sua onestà. Ne nascerà un siparietto per cui entrambi gli uomini pensano addirittura di farsi ribattezzare pur di avere il nome giusto.
La commedia è carina, sembra frivola, ma a leggere bene le parole, si nota una chiara critica alla società in cui apparire è meglio che essere, in cui ciò che importa è ciò che è di moda.
Probabilmente è molto più divertente vista recitata a teatro piuttosto che letta. La commedia è divisa in tre atti, poi a fine libro ci sono tre scene di quelle che sono state tagliate e, a mio parere, sinceramente il taglio ci sta bene; forse avrei salvato quella del reverendo. Interessante il colpo di scena finale, che sistema un po' tutte le cose. 
Sinceramente mi è piaciuta, mi ha fatto sorridere, però non l'ho trovata spettacolare; sarei curiosa di vederla recitata, sicuramente la apprezzerei di più.
Mio voto: 7 e mezzo / 10

Nessun commento:

Posta un commento