Okonkwo è un guerriero, un lottatore, un uomo ambizioso e rispettato che sogna di divenire leader indiscusso del suo clan. Dal suo villaggio Igbo, in Nigeria, la fama di Okonkwo si è diffusa come un incendio in tutto il continente. Ma Okonkwo ha anche un carattere fiero, ostinato: non vuole essere come suo padre, molle e sentimentale, lui è deciso a non mostrare mai alcuna debolezza, alcuna emozione, se non attraverso l’uso della forza. Quando la sua comunità è costretta a fronteggiare l’irruzione degli europei, l’ordine delle cose in cui Okonkwo è nato e cresciuto comincia a crollare, e la sua reazione sarà solo il principio di una parabola che lo porterà nella polvere: da guerriero temuto e venerato, a eroe sconfitto, oltraggiato.
Le cose crollano, il primo libro della trilogia che ha consegnato Chinua Achebe alla fama internazionale è unanimemente considerato il suo capolavoro, capace di intrecciare nella stessa vicenda due storie diverse: quella personale di Okonkwo e quella più ampia dello scontro fra due religioni e civiltà. Nella scrittura di Achebe, interprete di una grande tradizione letteraria, i conflitti ancestrali fra individuo e comunità dialogano con i percorsi accidentati della storia, le cui conseguenze investono ancora il mondo in cui viviamo. (www.anobii.com)
Il romanzo è diviso in tre parti, e il protagonista principale è Okonkwo.
Nella prima parte siamo in un villaggio chiamato Umuofia (nome di fantasia), Nigeria. Okuonko, deciso a non assomigliare per nulla al padre, fannullone e pieno di debiti, si rimbocca le maniche e diventa un grande e rispettato guerriero. Per fortuna nella loro cultura, le colpe dei padri non ricadono sui figli e quindi il villaggio ha molta stima di lui. Okonkwo ha tre mogli e lavora alacremente per coltivare i suoi campi. Ambisce a diventare uno dei capi clan. Ma due eventi scuotono le sue fondamenta. Innanzitutto, l'uccisione di un prigioniero che era stato affidato alla sua famiglia e al quale, dopo tre anni, si era affezionato quasi come ad un figlio; un caro amico gli aveva suggerito di non prendere parte all'esecuzione ma lui non gli aveva dato retta per non sembrare un debole. Il secondo evento è al funerale dell'amico che gli aveva dato quel consiglio, quando, durante il rito, un colpo parte inavvertitamente dal fucile di Okonkwo uccidendo il figlio sedicenne del morto. Secondo la loro legge, essendo una morte accidentale, Okonkwo è costretto all'esilio con tutta la sua famiglia e trova rifugio al paese natio della madre, Mbanta, dove lo accoglie l'unico fratello vivente di lei e la sua famiglia.
Nella seconda parte, Okonkwo deve ripartire da zero. Egli è triste per la sfortuna che gli è capitata ma lo zio gli ricorda che è stato accolto nella terra di sua madre e che deve rendere omaggio ai morti e superare la tristezza. Okonkwo ricomincia a lavorare, come coltivatore, nel frattempo pensando a quando potrà tornare al suo villaggio.
Intanto nei villaggi vicini cominciano a vedersi degli uomini bianchi e la cosa comincia a creare preoccupazione. Nel villaggio di Mbanta arrivano i missionari ed il figlio di Okonkwo, Nwoye, incantato dalle parole di un inno, decide di diventare uno di loro.
Nella terza parte, sono finalmente passati i sette anni di esilio e Okonkwo, dopo un lauto banchetto per ringraziare i parenti della moglie, può tornare a Umuofia. Ma le cose sono molto diverse da come le ricorda. L'uomo bianco e la sua nuova religione ha preso abbastanza piede, dividendo il clan. I missionari inglesi hanno portato la scuola, hanno salvato persone che secondo la religione africana erano considerati reietti, hanno portato anche i tribunali per giudicare chi sbaglia.
La tensione nel villaggio però è molto alta e durante la festa per la dea Terra, un convertito toglie dal volto di uno degli stregoni la maschera che porta, compiendo il peggior sacrilegio possibile. La rappresaglia, guidata da Okonkwo sfocia nella distruzione della chiesa costruita dai cristiani. Successivamente i capi dei clan vengono chiamati al tribunale ed imprigionati, lasciati senza cibo e frustati fino al pagamento dell'ammenda da parte del villaggio. Il cuore di Okonkwo è pieno di odio e risentimento e giura di vendicarsi.
Il giorno successivo al villaggio viene convocata un'assemblea durante la quale arrivano dei messaggeri che intimano di interromperla. Okonkwo tira fuori il suo machete e ne uccide uno.
Quando il commissario del distretto torna al villaggio per andare a prendere Okonkwo, gli dicono che lui si è impiccato ad un albero nel bosco dietro casa. E la cosa tragica è che togliersi la vita è un'offesa contro la Terra e che quelli del suo clan non possono tirarlo giù e seppellirlo. Questo incarico toccherà agli inglesi, in quanto stranieri.
Uno dei più cari amici di Okonkwo dirà al commissario:
"Questo era uno dei più grandi uomini di Umuofia.
L'avete spinto a uccidersi, e ora sarà seppellito come un cane..."
Questo romanzo viene generalmente considerato il più importante romanzo della letteratura africana. E' il primo di una trilogia.
Il titolo fa riferimento ad una poesia di Yeats, anche se Yeats parlava di quello che secondo lui era l'imminente crollo del cristianesimo, mentre Achebe lo utilizza per parlare del crollo della religione originaria africana ad opera del colonialismo inglese.
Il libro è stato scritto in inglese ma al suo interno si trovano diversi vocaboli igbo, alcuni spiegati subito, alcuni spiegati nel glossario alla fine, alcuni lasciati (probabilmente in maniera voluta) senza spiegazione.
E' un libro che ho divorato. La prima parte, in particolar modo, è molto molto interessante. Non è facile capire la cultura igbo, non è facile capire il significato di alcuni termini, ma è molto coinvolgente. La figura di Okonkwo, che lotta con tutte le forze per non essere un fannullone, per contare qualcosa, per acquisire uno status, è molto ben delineata.
La terza parte è molto triste perchè il cristianesimo è riuscito, subdolamente, a convertire delle persone che nella precedente religione non erano nemmeno considerati; finchè c'è stato il primo capo della missione, questo creava dispiacere nel clan, ma c'era una sorta di "rispetto" o forse sopportazione gli uni nei confronti degli altri. Quando questo personaggio si ammala, al suo posto arriva un capo piuttosto rigido che dichiara apertamente "guerra" alla religione africana; ciò farà esplodere i malumori, portando alla fine di una cultura, in nome di una religione pacifica che poi così pacifica non è proprio stata.
Si potrebbe parlare per giorni su questo argomento, ma visto che preferisco limitarmi alla mia esperienza di lettura, devo dire che il libro l'ho gradito molto. Avevo molta paura a leggerlo, lo ammetto, perchè dalla trama pensavo potesse essere un mattone. Beh, chiaramente l'argomento è molto pesante, ma la scrittura di Achebe si legge bene, a parte i termini sconosciuti, è una prosa semplice, scorrevole. La storia è divisa in brevi capitoli, ma finito uno è difficile non incominciare subito il seguente. Ho apprezzato molto di più la prima parte, incentrata sulla cultura igbo, con anche tutto il rapporto tra gli uomini e le divinità, mentre la terza mi pare anche scritta in modo più frenetico.
Libro consigliatissimo.
Mio voto: 8 e mezzo / 10
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