Nell'estate del 1851, rimasto solo con il figlio di cinque anni, Hawthorne si ritrova di fronte a un infaticabile produttore di parole e di domande. Schivo, introverso, non è abituato alle piccole incombenze che accompagnano la vita di un bambino: vestirlo, nutrirlo, distrarlo sempre rispondendo alle sue incessanti domande. Il risultato è un modello, ironico e autoironico, del modo di intendersi di un padre e un figlio, un resoconto di un rapporto dove l'unico adulto che appare è Herman Melville che fa visita all'amico per parlare del possibile e dell'impossibile. Come osserva Paul Auster nel suo saggio introduttivo, Hawthorne è riuscito a compiere quel che ogni genitore sogna: far vivere il proprio figlio per sempre.
(www.ibs.it)
Mi serviva un libro con il numero "venti" scritto nel titolo e ho trovato questo. La trama sembrava potenzialmente spiritosa. E' un libro di un centinaio di pagine, di cui 26 sono composte dall'introduzione di Paul Auster.
Hawthorne si trova da solo con un bambino di due anni, vivace e chiacchierone, perchè la moglie è andata a far visita ai genitori portandosi dietro le altre due bambine.
Il libro è stato scritto tipo diario, più che altro per far sapere alla moglie cosa è successo nei giorni che hanno passato senza di lei. In realtà dopo un po' diventa abbastanza noioso perchè molte cose sono sempre quelle: si alzano, si lavano, prova malamente ad arricciare i capelli al bambino, fanno la passeggiata per andare a prendere il latte, si fermano al lago a pescare. Hawthorne si rammarica che avrebbe voluto scrivere anche alcuni dei ragionamenti che fa il bambino, ma sono troppo lunghi e spesso non li ricorda.
"E' impossibile scrivere, leggere, pensare, o anche dormire (durante il giorno) perchè, in un modo o nell'altro, ricorre a me continuamente; eppure è un ometto così gioviale e amabile che sa darmi, inframmezzato a tutto il fastidio, un innegabile piacere"
Sono poche le novità che rompono la routine. Ogni tanto fa loro visita Hermann Melville (sì, lo scrittore di Moby Dick).
Una volta sono andati a far visita ad una colonia di "shakers" di Hancock, di cui Hawthorne ha un enorme disprezzo al punto da dire che "prima la setta si estinguerà - un'estinzione che, vengo a sapere con gioia, non si prevede lontana nel tempo" ed è molto fiero di Julian quando manifesta la necessità di espletare i propri bisogni corporali in quel luogo.
Julian ha una passione per la natura e i suoi doni, ed ama pescare.
"Una simile perseveranza merita certo ricompensa migliore di quella che probabilmente otterrà; anche se lui sembra divertirsi e, a cose fatte, non mostra mai alcun segno di delusione"
In alcuni punti è stato pessimo il comportamento nei confronti del coniglietto che hanno in casa. Hawthorne ha provato anche a liberarsene regalandolo ma gli è stato reso. Ad un certo punto la povera bestiola, che tutto sommato cominciava ad affezionarsi a loro, muore.
"Dopo colazione ho scavato una fossa, e abbiamo piantato il povero coniglietto in giardino; e il signorino ha espresso la speranza che per domani su di lui possa spuntare un fiore".
Forse l'unica che è stata male per il coniglietto sono stata io.
Libro carino come idea, ma alla lunga diventa un po' ripetitivo. Simpatico in alcuni punti, ma niente di che.
Mio voto: 6 e mezzo / 10
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