lunedì 23 aprile 2012

Le braci - Sàndor Màrai




Quarantuno anni e quarantatre giorni. Il tempo in cui il generale, Henrik, ha maturato la sua vendetta nei confronti del suo migliore amico di gioventù, un quasi fratello con cui ha vissuto e convissuto gli anni più belli della sua vita. Fino al giorno in cui l'amico, Konrad, un ragazzo di famiglia povera che deve diventare militare perchè è quello che sognano i genitori mentre lui ha la passione della musica, incomprensibilmente fugge ai tropici, dopo aver puntato alla testa di Henrik una pistola ma non essere riuscito a premere il grilletto. Ed Henrik si trova di fronte una realtà che non aveva nemmeno lontanamente immaginato e su cui si arrovellerà per quarantuno anni e quarantatre giorni, finchè Konrad lo va a trovare.
E finalmente assapora il gusto della vendetta, addirittura riarredando la casa come era l'ultimo giorno in cui si sono visti, mangiando gli stessi cibi per cena.
Che cosa vuoi da quell'uomo? Gli chiese la balia
Lui vuole la verità. Una verità che forse è chiara a tutti ma che lui non vuole semplicemente ammettere.

Lento e pretenzioso sono le prime cose che mi vengono da pensare dopo aver chiuso questo libro.
Un conto è voler creare il pathos, ma cercare di crearlo dove non lo si trova risulta molto una forzatura.
Per oltre cento pagine mi sono chiesta cosa potesse mai essere questo segreto che mina l'amicizia di due uomini che erano come fratelli. Poi a pagina 108, finalmente, un accenno di cosa potrebbe essere. Ma è in realtà soltanto la punta di un iceberg che lui non aveva mai visto e contro cui si trova a sbattere nel momento in cui Konrad scappa, rivelando una seconda vita che non avrebbe mai potuto immaginare.
Ciò che ha rotto l'amicizia tra questi due uomini non ha in realtà nulla di diverso da quanto successo a migliaia di altre coppie di amici. Avevo già capito di cosa si poteva trattare dal primo capitolo, nonostante i tentativi dell'autore di voler creare appunto quel pathos che non ho trovato da nessuna parte.
Un lungo soliloquio di un uomo che ha aspettato per quarantun anni la sua vendetta, che si materializza in un stancante monologo a cui l'altro partecipa con qualche accenno ogni tanto. Una rivincita che doveva risarcirlo dei torti subiti in passato, rispondere a due interrogativi che aveva studiato per quarantun anni, e si rivela invece un niente di fatto.
Di buono c'è che la scrittura è piacevole e scorrevole. Ma non posso ritenerlo un capolavoro.
Mio voto: 6/10

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