Quarantuno anni e
quarantatre giorni. Il tempo in cui il generale, Henrik, ha maturato
la sua vendetta nei confronti del suo migliore amico di gioventù, un
quasi fratello con cui ha vissuto e convissuto gli anni più belli
della sua vita. Fino al giorno in cui l'amico, Konrad, un ragazzo di
famiglia povera che deve diventare militare perchè è quello che
sognano i genitori mentre lui ha la passione della musica,
incomprensibilmente fugge ai tropici, dopo aver puntato alla testa di
Henrik una pistola ma non essere riuscito a premere il grilletto. Ed
Henrik si trova di fronte una realtà che non aveva nemmeno
lontanamente immaginato e su cui si arrovellerà per quarantuno anni
e quarantatre giorni, finchè Konrad lo va a trovare.
E finalmente assapora il
gusto della vendetta, addirittura riarredando la casa come era
l'ultimo giorno in cui si sono visti, mangiando gli stessi cibi per
cena.
Che cosa vuoi da
quell'uomo? Gli chiese la balia
Lui vuole la verità. Una
verità che forse è chiara a tutti ma che lui non vuole
semplicemente ammettere.
Lento e pretenzioso sono
le prime cose che mi vengono da pensare dopo aver chiuso questo
libro.
Un conto è voler creare
il pathos, ma cercare di crearlo dove non lo si trova risulta molto
una forzatura.
Per oltre cento pagine mi
sono chiesta cosa potesse mai essere questo segreto che mina
l'amicizia di due uomini che erano come fratelli. Poi a pagina 108,
finalmente, un accenno di cosa potrebbe essere. Ma è in realtà
soltanto la punta di un iceberg che lui non aveva mai visto e contro
cui si trova a sbattere nel momento in cui Konrad scappa, rivelando
una seconda vita che non avrebbe mai potuto immaginare.
Ciò che ha rotto
l'amicizia tra questi due uomini non ha in realtà nulla di diverso
da quanto successo a migliaia di altre coppie di amici. Avevo già
capito di cosa si poteva trattare dal primo capitolo, nonostante i
tentativi dell'autore di voler creare appunto quel pathos che non ho
trovato da nessuna parte.
Un lungo soliloquio di un
uomo che ha aspettato per quarantun anni la sua vendetta, che si
materializza in un stancante monologo a cui l'altro partecipa con
qualche accenno ogni tanto. Una rivincita che doveva risarcirlo dei
torti subiti in passato, rispondere a due interrogativi che aveva
studiato per quarantun anni, e si rivela invece un niente di fatto.
Di buono c'è che la
scrittura è piacevole e scorrevole. Ma non posso ritenerlo un
capolavoro.
Mio voto: 6/10
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