Titolo originale: Quello che l'acqua nasconde (2017)
Edoardo Rubessi è un genetista di fama mondiale, un probabile premio Nobel. Quando, dopo trentacinque anni trascorsi negli Stati Uniti, torna nella sua Torino, tutti lo accolgono come colui che ha il potere di cambiare il destino dei bambini malati: tutti tranne il vecchio. Il vecchio è un uomo venuto dal passato, da quegli anni di piombo che Edoardo credeva di aver lasciato dietro la porta chiusa di una vita precedente. Ma basta una minuscola fenditura nel legno di quella porta perché il dolore e i misteri imprigionati per decenni escano in un soffio violento che investe Edoardo, e che fa vacillare la fiducia che sua moglie, Susan, ha sempre avuto in lui. E sarebbe bello poter liquidare il vecchio con una battuta, dire che è solo un mitomane, ma Susan non ci casca: il vecchio ha lo sguardo di chi sa farsi ubbidire, lo sguardo di un Lagerkommandant, e Susan quel lager domestico, quell'orrore alle porte di casa dovrà esplorarlo mattone per mattone prima di scoprire chi è veramente suo marito.
Dopo Le colpe dei padri, Perissinotto torna a proporci un nuovo viaggio tra le rovine del nostro passato recente, a farci esplorare le memorie rimosse: perché i lager non si sono chiusi nel 1945 e il crudele gioco di vittime e torturatori è continuato a lungo, troppo a lungo. (http://www.edizpiemme.it/)
Questo libro lo abbiamo letto col gruppo di lettura. Non è sicuramente il genere di libro che sceglierei di mia spontanea volontà. E' un libro che avrei chiuso nelle primissime pagine, quando il narratore, Aldo, dice che c'è un'immagine che lo perseguita, e spiega che è l'immagine di un uomo arso vivo. Ecco, mi sono detta, se va avanti così non arrivo in fondo. Poi mi sono sforzata e ho proseguito (peraltro questa immagine verrà citata più volte, insieme ad altre piuttosto raccapriccianti).
Ho fatto fatica a star dietro alla parte storica perchè degli anni di piombo so poco, soprattutto di cosa successe a Torino, so giusto qualcosa che successe qui a Bologna. Lo scrittore mi ha dato l'impressione di dare per scontato che chi legge sa di cosa stiamo parlando, e per me non è stato così. Anzi, in realtà all'inizio avevo pensato che si trattasse di un romanzo puramente ambientato in quegli anni (cioè che tutti i personaggi fossero inventati, magari ispirati a qualcuno vissuto davvero ma inventati), finchè ad un certo punto ho avuto una specie di "illuminazione" e mi sono chiesta "ma questi personaggi sono esistiti davvero??" e ho scoperto che alcuni, sì, erano esistiti, quindi si trattava di una vicenda romanzata (la vita di Rubessi, Susan e Aldo) ma collocata in un contesto storico reale. Va beh, forse stupidità mia.
In ogni caso, ho avuto l'impressione che l'autore abbia provato a creare un mega thriller ma non è riuscito affatto in questo intento. Ammetto che la scrittura è scorrevole e intrigante, ma questo aggiungere sempre elementi nuovi, ad un certo punto mi ha stancato. Mi sembra abbia voluto mettere troppe cose in una storia che di per sè era già abbastanza corposa. Parte con gli attentati terroristici, poi passa a parlare di questo Grubesich, poi l'esodo degli italiani dall'Istria, i manicomi, di nuovo il terrorismo. E' veramente tanto tutto insieme. Dal momento che il professor Rubessi è inventato, poteva anche mettergli addosso un po' meno cose. Ho fatto fatica a stare dietro a tutto. Veramente raccapricciante la storia dei manicomi. E il finale mi ha lasciato un po' perplessa perchè pare un po' troppo "semplice" per tutto il caso che ha montato.
Mi piace il richiamo che fa all'acqua, l'acqua che lo protegge e lo isola dal resto del mondo; è solo nell'acqua che riesce a parlare del suo passato.
Forse la chiave di lettura era concentrarsi sulla storia di Rubessi, cioè sulla parte romanzata, sulla sofferenza dell'uomo; invece mi sono sicuramente fatta distrarre dalla componente di realtà storica che non ho capito fino in fondo.
Ha molti spunti interessanti. Al gruppo di lettura è piaciuto molto. A me un po' meno.
Mio voto: 6 e mezzo / 10
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