Titolo originale: Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo (2007)
È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". Quei due colpi di pistola però non cambiarono solo il corso degli eventi pubblici, ma sconvolsero radicalmente la vita di molti innocenti. La storia dell'omicidio Calabresi è anche la storia di chi è rimasto dopo la morte di un commissario che era anche un marito e un padre. E di tutti quelli che hanno continuato a vivere dopo aver perso la persona amata durante la violenta stagione del terrorismo. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. La storia della sua famiglia si intreccia così con quella di tanti altri (la figlia di Antonio Custra, di Luigi Marangoni o il figlio di Emilio Alessandrini) costretti all'improvviso ad affrontare, soli, una catastrofe privata, che deve appartenere a tutti noi. (goodreads)
Premetto che nel 1972 non ero ancora nata. Le vicende di cui parla le ho sentite anni dopo, quando venivano citate negli anniversari, ma non avendo mai amato la storia (come materia) non ho mai approfondito. Questo libro per me è stato tutto un avanti e indietro con wikipedia per capire chi, cosa, come, quando.
Detto questo, il libro era partito benissimo, mi piaceva davvero molto, mi stava coinvolgendo e stava parlando di una cosa dolorosissima con una grande delicatezza. Un libro a cui avrei potuto dare un nove. Mi piaceva quello che mi stava trasmettendo a livello personale, il dolore ma anche il fatto che la madre non ha mai voluto portare avanti una cultura di odio, come invece è successo in altre famiglie vittime di attentati.
Poi cominciano ad intrecciarsi la storia di Calabresi e le storie di altre vittime degli attentati terroristici e cambia lo stile di scrittura. Diventa più giornalistico, meno personale. Mi prende meno, faccio fatica a seguire nomi e avvenimenti perchè sono davvero tanti. Le ultime pagine poi, dove entrano in ballo anche i politici, ho fatto davvero fatica.
E' vero che lui ha dichiarato espressamente di voler parlare delle storie di chi ha subito quello che ha subito lui, ma a mio parere, ha voluto metterci dentro troppe cose, col risultato che, se sai di cosa si sta parlando, il libro diventa un ricordo, un ripensare a qualcosa; se non sai di cosa sta parlando, diventa molto superficiale e troppo pieno di cose. Io mi trovo nella seconda situazione. Credo avrebbe fatto meglio a rimanere concentrato sulla sua storia personale. Lo so, non era il suo scopo, ma era quello che gli stava venendo meglio.
Un libro che fa riflettere su tante cose, come l'assenza dello Stato o l'assurdo accanimento dei media che hanno continuato a considerare Calabresi il colpevole della morte di Pinelli anche se tutte le prove lo scagionavano.
Mio voto: 7 / 10
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