Titolo originale: The hundred-foot journey (2010)
Hassan Haji, secondogenito di sei figli, è nato sopra il ristorante di suo nonno, in Napean Sea Road a Bombay, vent’anni prima che fosse ribattezzata Mumbai. Ed è cresciuto guardando la figura esile di sua nonna che sfrecciava a piedi nudi sul pavimento di terra battuta della cucina, passava svelta le fettine di melanzana nella farina di ceci, dava uno scappellotto al cuoco, gli allungava un croccante di mandorle e rimproverava a gran voce la zia. Tutto nel giro di pochi secondi. E ha capito infine come va il mondo osservando suo padre, il grande Abbas, girare tutto il giorno per il suo locale a Bombay come un produttore di Bollywood, gridando ordini, mollando scappellotti sulla testa degli sciatti camerieri e accogliendo col sorriso sulle labbra gli ospiti.
Hassan Haji, secondogenito di sei figli, è nato sopra il ristorante di suo nonno, in Napean Sea Road a Bombay, vent’anni prima che fosse ribattezzata Mumbai. Ed è cresciuto guardando la figura esile di sua nonna che sfrecciava a piedi nudi sul pavimento di terra battuta della cucina, passava svelta le fettine di melanzana nella farina di ceci, dava uno scappellotto al cuoco, gli allungava un croccante di mandorle e rimproverava a gran voce la zia. Tutto nel giro di pochi secondi. E ha capito infine come va il mondo osservando suo padre, il grande Abbas, girare tutto il giorno per il suo locale a Bombay come un produttore di Bollywood, gridando ordini, mollando scappellotti sulla testa degli sciatti camerieri e accogliendo col sorriso sulle labbra gli ospiti.
Naturale che quando l’intera
famiglia Haji, i sei figli di età compresa tra i cinque e i diciannove anni, il
grande Abbas, la nonna vedova, la zia e suo marito, lo zio Mayur, si
trasferisce, dopo la tragica scomparsa della madre di Hassan, prima a Londra e
poi a Lumière, nel cuore della Francia, sia proprio lui, il piccolo Hassan, a
prendere il posto della nonna Ammi ai fornelli della Maison Mumbai, il ristorante
aperto a Villa Dufour dal grande Abbas.
Un locale magnifico per gli
Haji, con un’imponente insegna a grandi lettere dorate su uno sfondo verde
Islam, e la musica tradizionale indostana che riecheggia dagli altoparlanti di
fortuna che zio Mayur ha montato in giardino.
Peccato che abbia di fronte,
dall’altra parte della strada, un albergo a diverse stelle, Le Saule Pleureur,
il salice piangente, con un’insegna che si muove impercettibilmente con il
vento, il giardino roccioso coperto di muschio, le vecchie stalle dalle
finestre con i vetri a piombo.
Peccato poi che la
proprietaria del locale, una certa Madame Mallory, sia andata a protestare dal
sindaco, sostenendo che un albergo come Le Saule Pleureur, che vede ai fornelli
lei, la vestale dell’arte culinaria francese, la chef degli chef apprezzata da
gente come Valéry Giscard d’Estaing e il Barone de Rothschild, la gloria
dell’establishment gastronomico francese proveniente da una delle più illustri
e antiche famiglie di grandi hôteliers della Loira, premiata con ben due stelle
dalla guida Michelin, non può avere dall’altro lato della via un bistrò indiano
che spande la puzza di cucina unta per tutto il vicinato!
Popolato di personaggi
eccentrici, ricco di divertenti disavventure culturali, ambientazioni vivaci e
squisite ricette, descritte con dovizia di particolari, Madame Mallory e il
piccolo chef indiano svela le trame interne all’esclusivo mondo dell’haute
cuisine francese e narra la storia toccante di un ragazzo indiano che si
conquista il proprio posto nel mondo. (www.neripozza.it)
Ho letto questo libro per una rassegna che stiamo
organizzando con la Biblioteca del mio paese, una tre giorni dedicata al
continente Indiano. Ognuno di noi ha preso un libro da leggere e commentare. Io
ho scelto questo perchè, a pelle, mi ispirava. Ho scoperto solo dopo che esiste una ristampa successiva, edita sempre dalla stessa casa editrice, a cui è stato cambiato il titolo in "Amore, cucina e curry" e da cui è stato tratto un film (che guarderò appena possibile!).
Il libro è gradevole. La scrittura si legge bene, è scorrevole, ci sono diversi termini lasciati in lingua originaria e bisogna un po' fare avanti e indietro col glossario che però a fine libro c'è.
La storia ha alcuni punti un po' macabri (la morte della madre di Hassan, ma anche alcune scene di uccisione degli animali per cucinarli), ma per il resto è molto "leggera", divertente.
Madame Mallory e Papa Abbas sono due personaggi interessanti. Hassan mi sembra che abbia la vita un po' molto facile, ma forse è solo perchè è davvero un artista (oppure perchè la storia narrata vuole essere a lieto fine..).
Non aspettatevi grandi contenuti, prendetelo come un libro da ombrellone, perfetto per la stagione estiva.
Mio voto: 7/ 10
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