Titolo originario: Un mare di silenzio. Un'indagine di Ardelia Spinola (2012)
È un freddo pomeriggio di Capodanno, in un paesino dell'entroterra ligure. Ardelia Spinola, genovese, è medico legale. Viene chiamata per un duplice omicidio: due algerini uccisi a fucilate in una casupola di campagna. Uno faceva il pediatra, l'altro era ancora un ragazzo. Poco lontano, mentre si avvicina al suo pick-up, Ardelia trova una chiavetta USB e prima di consegnarla al giudice decide di dare un'occhiata. Quando la apre, trova un testo in arabo... Inizia così un'indagine difficile e molto pericolosa, anche perché Ardelia ama fare di testa sua. Per fortuna a darle una mano c'è Gabriel, un ottantenne che dalla vita ha imparato molte cose. E poi ci sono le amiche, quelle che arrivano da Genova e quelle che incontra nelle sue avventure. (www.ibs.it)
ATTENZIONE: contiene piccoli spoiler sulla vicenda!
Ero curiosa di leggere un libro di questa autrice, anche perchè ho una conoscente che ne parla molto bene. A me non ha convinto.
In questo libro, paradossalmente, c'è troppo e allo stesso tempo non c'è nulla.
C'è troppo perchè ci sono gli omicidi dei due algerini e subito si parte con discorso degli immigrati, dell'odio degli italiani verso di loro, ecc. ecc. C'è un bellissimo romanzo, quello dentro la chiavetta usb, che sembra avere un qualche senso con la vicenda e invece non ne ha affatto, se non altro ci aiuta a capire come il più giovane dei due morti fosse davvero sulla buona strada per essere un bravo scrittore. Però da come se ne parla, sembra possa essere un indizio fondamentale nell'indagine e invece non lo è.
In pratica abbiamo un romanzo nel romanzo, dove quello scritto dal ragazzo è decisamente meglio di quello scritto dall'autrice del libro (è proprio un racconto bellissimo, pieno di poesia, di tutt'altro stile al punto da chiedersi se sia stato scritto dalla stessa persona...).
Poi abbiamo Ardelia, medico legale, che decide di investigare per conto suo e si caccia nei guai, ritrovandosi perseguitata da un criminale che le telefona ad ogni ora della notte, dà fuoco al suo adorato pick-up e le fa trovare un topo morto e una scritta con sangue di coniglio sulla porta di casa. Ma assolutamente no, non vuole andare dai carabinieri (lei poi che ci ha a che fare per lavoro? mah..), si fa aiutare da uno zio ebreo scampato ad Auschwitz ed ex militante dei servizi segreti israeliani, da un'amica che va in giro ad ascoltare pettegolezzi e da un ragazzo che rischia di lasciarci la pelle. Ma i carabinieri eh no, quelli no. Non so, Ardelia mi è sembrata veramente poco professionale, oltre che poco credibile un po' la situazione. Molto frivoli i dialoghi, poco profondi, non riescono a far trasparire la paura che sicuramente sta provando.
Se ho capito bene, questa è la prima indagine in cui la Spinola opera da sola, senza il Commissario Rebaudengo. Spero che i libri successivi siano un po' meglio, probabilmente li leggerò per vedere come si evolve il personaggio (e poi vorrei recuperare i romanzi su Rebaudengo).
Ah, dimenticavo, ad un certo punto viene citato un proverbio detto della nonna di Ardelia, in genovese, senza traduzione. Sgradevole non sapere cosa ha detto.
Mio voto: 6 e mezzo / 10
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