In occasione della giornata mondiale del libro (oggi, 23 aprile), il Presidente della Repubblica, Mattarella, ha detto la sua su cosa significhi leggere. Riporto integralmente il discorso che si può trovare sul sito del Quirinale.
Ho sottolineato alcune frasi chiave, secondo me.
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Intervento del Presidente Mattarella in occasione della
Giornata Mondiale del libro e del diritto d'autore
Palazzo del Quirinale,
21/04/2015
Signori ministri,
carissimi giovani che avete
partecipato al progetto Libriamoci.
Sono davvero molto lieto che voi
siate qui, e che possiate conoscere questo Palazzo, che è la casa degli
italiani, il Quirinale.
Questi sono giorni che segnano
qualche difficoltà, per quel che è avvenuto nei giorni scorsi, sono giorni che
scuotono le istituzioni europee e che interpellano nel profondo il nostro
stesso senso di umanità. Centinaia di profughi e di migranti sono morti ancora
una volta nel Mediterraneo. Siamo di fronte a tragedie davvero sconvolgenti:
trafficanti di esseri umani che provocano stragi di innocenti. Sentiamo questa
ferita lacerante. E' nostro dovere - dovere dell'Europa, dell'intera comunità
internazionale fare di più per impedire queste stragi. La scuola, il mondo della
cultura, voi giovani, siete risorsa indispensabile per un rilancio della
solidarietà, per l'affermazione di una cultura di pace, per un riconoscimento
condiviso del bene comune.
E quello di cui parliamo oggi,
nella Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, non è estraneo a
questo lavoro, paziente, di costruzione di una società matura.
Leggere è una ricchezza per la
persona e per la comunità. E' una porta che ci apre alla conoscenza, alla
bellezza, a una maggiore consapevolezza delle nostre radici, ai sentimenti
degli altri che spesso ci fanno scoprire anche i nostri sentimenti nascosti,
come poco fa è stato detto. Non è vero che la lettura sia stata e sia
un'abitudine di personalità introverse. E' vero il contrario: è una chiave per
diventare cittadini del mondo, per conoscere esperienze lontane, per
comprendere le contraddizioni e le storture, ma anche per comprendere le grandi
potenzialità del mondo che ci circonda, dell'umanità che ci circonda. E' un
modo per far nascere speranze, per coltivarle, per condividerle.
I latini chiamavano liber
il manoscritto, il libro. Liber, come il sostantivo e l'aggettivo che
definivano l'uomo libero. Si tratta - lo sapete, certamente lo sanno i vostri
docenti - di etimi diversi. La parola "libro" viene da corteccia, la
corteccia degli alberi sulla quale si incidevano le iscrizioni. Ma questa
identità del termine è quanto mai opportuna: in questo tempo avvertiamo
particolarmente che leggere è parte di un percorso di libertà. Diceva un grande
scrittore per ragazzi, Gianni Rodari: "Vorrei che tutti leggessero. Non
per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo". Più
libri vuol dire più libertà. Più lettori vuol dire più conoscenza, più spirito
critico, più autonomia di giudizio, elementi essenziali di una convivenza.
La società
dell'iper-connessione, per definizione, dilata le facoltà dell'uomo, con un
accesso, senza confini apparenti a nuovi contenuti e appare dischiudere una
libertà quasi infinita. E' come se un mondo divenuto più piccolo ci dicesse: la
libertà è qui, basta coglierla, non c'è bisogno di alcuno sforzo, il mercato
sovrabbonda di merce; ma non tutta è merce di qualità.
E invece, tanto più ci
avviciniamo alla libertà, tanto più scopriamo che essa è delicata, che merita
un'attenzione speciale, che comporta la fatica della responsabilità e dei
doveri. La libertà, per radicarsi ed ampliarsi davvero, non può fare a meno
della cultura e della coscienza. Il sapere è condizione di libertà. Perché è
condizione del pensiero. Le riflessioni e le passioni che la lettura suscita
costituiscono un ponte verso il futuro.
E, oggi, abbiamo grande bisogno
di pensare al futuro, di progettarlo e di immaginarlo.
Il "tempo reale"
dell'informazione tende a schiacciare tutto sul presente, con un rapido consumo
e veloce abbandono delle notizie e delle emozioni, dei pensieri che esse
suscitano. Ma, se gli obiettivi contingenti prevalgono sui progetti e gli
investimenti per il domani, noi rischiamo di uniformare il pensiero, di
appiattirlo, anziché di accrescere la capacità creativa.
Leggere, conoscere, pensare con
la propria testa sono antidoti all'omologazione. Dunque sono qualità che
rendono viva una civiltà, la nostra civiltà. Sono beni che le istituzioni e i
corpi intermedi della società devono essere capaci di diffondere, soprattutto
in favore delle generazioni più giovani, le più bisognose di futuro.
Va per questo sottolineata
positivamente, in questo senso, l'azione dei ministeri che hanno cooperato per
la riuscita del progetto "Libriamoci", diretto particolarmente ai
giovani e vi incoraggio a proseguire su questa strada e, se possibile, a
svilupparla. Il ''Maggio dei libri'', voluto dal Centro per il libro e la
lettura, così come l'iniziativa dell'Associazione Italiana Editori con l'hashtag
#ioleggoperchè, sono altre iniziative che vanno nella giusta direzione.
Il valore della cultura va
sottolineato e sostenuto come parte essenziale della ricchezza, anche
economica, di un Paese. È quello che si ama definire capitale sociale: la
trasmissione, cioè, della cultura di un popolo attraverso le generazioni, base
di ogni avanzamento sociale e del processo di innovazione. All' impegno
educativo va data la priorità che merita, anche al fine di ricomporre il patto
di fiducia fondamentale tra le famiglie e la scuola.
La ricchezza e la prosperità del
Paese (è elemento ben noto), non risiedono soltanto su assetti economici
industriali e materiali. Prima ancora dello sviluppo dell'industria digitale,
in Italia si annoveravano beni immateriali preziosissimi che valgono capitali
inestimabili, e che producono dividendi non solo economici ma soprattutto
morali e sociali decisivi per la qualità della civiltà e della vita dei
cittadini.
So bene che non basta una
generica esortazione alla lettura, in un tempo in cui i messaggi volano
sintetici e velocissimi, come mai è accaduto nella vicenda umana.
Non si tratta di lanciare
appelli generici. Né ancor meno si tratta di riservare all'attività di formazione
spazi protetti, dove i nuovi media vengano tenuti lontani. L'errore più grande
che possiamo compiere è contrapporre le innovazioni e le nuove tecnologie agli
strumenti che hanno accompagnato gli studi e la crescita delle generazioni
precedenti. Il mezzo di distribuzione di un contenuto non va confuso con i
contenuti. Il libro resta fondamentale, ma non è contrapposto alle versioni in
e-book. Così come il quotidiano di carta non può essere opposto al formato oggi
disponibile sul tablet, sul cellulare o sul computer.
Fondamentale è la circolazione
dei contenuti e l'accesso ad essi. Il pensiero va subito alle biblioteche,
tradizionali e virtuali (un contributo all'innovazione, nei decenni scorsi, è
stato dato dal progetto del Servizio Bibliotecario Nazionale, Sbn, del
Ministero dei Beni culturali), con la loro capacità di sollecitare nei giovani
la curiosità e soddisfare le attese degli adulti. Al tempo stesso, continuano
ad avere un'importanza strategica le librerie e le altre forme distributive del
libro.
La lettura non è esercizio
alternativo all'uso degli strumenti della modernità e dell'innovazione. Il suo
valore rimane inalterato nei diversi supporti che oggi sono disponibili ai
cittadini, e particolarmente ai giovani. La lettura genera sapere condiviso,
passioni, produce comunità: nostro compito è far diventare le conoscenza una
rete attiva.
Si tratta di una sfida cruciale.
La Giornata mondiale del libro
pone a tema anche il diritto d'autore, che rischia di essere esso stesso
aggredito e sminuito dallo sviluppo delle reti e dalla moltiplicazione delle
piattaforme informative e di comunicazione. Il riconoscimento della creatività
dell'autore è parte di quella trasmissione dei valori, e di quello stimolo alla
crescita e alla cultura, di cui abbiamo parlato. Il legislatore interno e
quello europeo sono chiamati alla vigilanza e all'aggiornamento necessari per
non disperdere patrimoni di cui tutti possiamo beneficiare.
Permettetemi, ora, un saluto
affettuoso alle due studentesse che hanno declamato, in lingue diverse, una
poesia cinese.
''Divertendomi" è il titolo
di questi versi. Divertendoci possiamo crescere, allargare il nostro cuore e la
nostra mente, abbracciare realtà che sarebbero state irraggiungibili anche
soltanto ai nostri padri. Dobbiamo andare incontro al futuro tenendoci per
mano, non chiudendoci nella solitudine o nell'egoismo. Leggere, lo abbiamo
detto, è aprirsi. Conoscere le lingue, impadronirsi ancora di più, attraverso
esse, di culture di altri popoli, è aprirsi ancora di più. E' questo, cari
giovani, il futuro di cui dovete diventare protagonisti e non solo spettatori.
L'Unesco ha dedicato il 23
aprile alla Giornata del libro perché in quella data, nel 1616, morirono tre
grandissimi scrittori. Uno di questi è Miguel de Cervantes, l'ideatore di don
Chisciotte, maschera grottesca ma al tempo stesso simbolo di un passaggio
d'epoca. L'arcaico mondo cavalleresco che don Chisciotte si ostinava a
interpretare non c'era più, era finito per sempre. Tuttavia, il suo radicato
senso di giustizia e la sua utopia costituivano uno sguardo critico sulle
debolezze di una modernità che si era ormai affermata.
Cari giovani, il tempo che ci
sta alle spalle non tornerà. Non saranno i nostalgici del passato a fare la
storia. Si apre anche davanti a noi un'epoca nuova. Ma in questa nuova stagione
dobbiamo saper portare quei tesori, quei desideri, quelle speranze che possono
aiutarci a diventare artefici della nostra vita e costruttori di una società
migliore.
Buon lavoro a tutti. E buone letture.
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