Titolo originale: Open city (2011)
Nato da madre tedesca e padre nigeriano, formato alla Nigerian Military School di Zaria e trapiantato adolescente negli Stati Uniti, lontano da affetti e radici, il narratore Julius, all'ultimo anno di specializzazione in psichiatria, non appartiene a nessun luogo. Quando comincia a vagare per le strade di New York, nell'autunno del 2006, lo fa con il distacco dell'outsider, la profondità dell'intellettuale e l'agio del flàneur. La migrazione degli uccelli è l'occasione per riflettere sul "miracolo dell'immigrazione in natura", ai cartelli che annunciano la chiusura della catena Tower Records fanno da contraltare le meditazioni sulla musica amata, Mahler in testa, e un acquazzone sulla Cinquantatreesima è causa di una precipitosa ritirata nell'American Folk Art Museum e della conseguente fascinazione per la pittura di John Brewster li esposta. Di casualità in intenzione, Julius si muove nelle geografie newyorchesi incontrando persone di ogni classe e cultura, vedendo scorci scolpiti o in mutamento, lasciando che ogni impressione si depositi sul fondo della coscienza e da li, come cerchio in uno stagno, si propaghi ad altri cerchi, ad altre impressioni. (www.ibs.it)
Ho letto questo libro per curiosità, visto che era stato indicato come il libro più bello dell'ultima decade. L'autore è stato paragonato a Salinger e a Coetzee. Non ho letto nulla di Salinger, quindi non posso fare confronti. Ho letto due libri di Coetzee e, forse, l'unico confronto che riesco a fare è che, come Coetzee , ha una scrittura abbastanza complessa e non scorre affatto. Ci ho messo 13 giorni a finirlo, e sono solo 271 pagine. Una fatica infinita, e più volte mi sono chiesta se non fosse il caso di dargliela su.
Dicevo, la scrittura è piuttosto arzigogolata, nonostante non usi termini complessi; Julius nelle sue peregrinazioni interagisce con diversi personaggi coi quali si lancia in discussioni abbastanza filosofiche sulla guerra, sulla musica, sulla violenza. Le descrizioni dei luoghi sono terribilmente dettagliate, che all'inizio può anche risultare piacevole perchè sembra di muoversi con Julius all'interno della città, ma alla lunga arrivano anche a distrarre molto dalla narrazione della storia. Stessa cosa quando si lancia nella descrizione di un palazzo o di un avvenimento, dove riesce a scrivere paragrafi e paragrafi di storia, a volte non particolarmente interessante. Intendo dire che avrei preferito che rimanesse "concentrato" sul personaggio e la sua introspezione, piuttosto che allargarsi troppo come fosse una pagina di wikipedia.
Oltretutto, il personaggio non mi suscita alcuna particolare simpatia. Verso la fine gli accade una cosa piuttosto spiacevole, ma due capitoli dopo si viene a scoprire una cosa atroce che invece ha fatto lui in passato. Peraltro, tutte queste riflessioni, a tratti mi sembrano non arrivare mai a una conclusione. Julius è uno psichiatra, ma sembra più lui quello che ha bisogno di aiuto.
Sono convinta che lo stile narrativo così particolare verrà apprezzato da persone più filosofiche di me. A me il libro è risultato abbastanza noioso.
Mio voto: 6 e mezzo / 10