mercoledì 28 maggio 2014

Il lago delle lingue morte - Carol Goodman



Fra i monti Adirondack, nel nord-est degli Stati Uniti, c'è un lago a forma di cuore, Heart Lake, che secondo una vecchia leggenda, esercita una misteriosa attrazione su chi si è bagnato nelle sue acque. “Cor te reducit”, il cuore ti riporta indietro.
Sulle sponde del lago c'è una scuola femminile, un tempo molto prestigiosa, poi caduta in disgrazia per alcuni avvenimenti tragici lì successi nel passato. Ora accoglie più che altro ragazze già espulse da altri college, con le unghie dipinte di nero e gli anelli d'argento a forma di teschio.
Jane Hudson, separata e con una bambina piccola, aveva promesso di non mettere mai più piede in quel posto dopo che, vent'anni prima, entrambe le sue due compagne di stanza Deirdre e Lucy, oltre al fratello di Lucy (Matt), proprio in quel lago, avevano trovato la morte. Ma il richiamo del lago è stato troppo forte e Jane è tornata come insegnante di latino, a sostituire quella che un tempo era stata la sua insegnante, Helen Chambers.
Un giorno, in mezzo ai compiti di una delle sue studentesse, Ellen Craven, Jane trova un frammento del diario che aveva smarrito nell'ultimo anno da studentessa. Chi ha trovato, quindi, il vecchio quaderno di Jane? E perchè sembra che qualcuno stia riproducendo gli stessi eventi, seguendo un copione scritto vent'anni prima?  
Nuovi suicidi ricalcano quelli avvenuti nel passato. E per risolverli Jane, con l'aiuto di Roy Corey, cugino di Lucy e Matt, dovranno scavare proprio nel passato.

Coi gialli non si può mai raccontare troppo o si rischia di rovinare la sorpresa. Io questo libro l'ho divorato. Mi è piaciuto tantissimo. I personaggi sono ben caratterizzati. La storia è intrigante, tra pattinaggi sul ghiaccio, corniculum che invitano ad appuntamenti segreti, intrecci amorosi e amicizie. Un gioco pericoloso in cui Jane si troverà coinvolta e costretta a ripercorrere i fatti cruenti del suo passato.
La narrazione è divisa in tre parti; nella prima siamo al presente di Jane, ora insegnante; nella seconda c'è un lungo flashback su quando Jane era studentessa; nella terza parte si tirano le somme tra passato e presente. Quest'ultima forse è la parte un po' più contorta da seguire perchè Jane salta molto tra ciò che accade e ciò che le ricorda il passato. La storia comunque è abbastanza lineare e la lettura scorrevole.
Ammetto che avevo scoperto il colpevole già nella prima parte; mi mancava però la sua motivazione, e a questa ci si arriva decisamente sul finale.
Mio voto: 9/10

La scuola degli ingredienti segreti - Erica Bauermeister



La cucina di Lilian è una cucina un po' speciale. Nessuno meglio di lei conosce la magia degli ingredienti, da quando era solo una bambina e, grazie a una misteriosa ricetta donatale da Abuelita, la donna della bottega delle spezie, ha salvato la madre dal mondo a parte in cui si era rinchiusa. 
Lilian crede nella magica alchimia del cibo. È per questo che il suo ristorante, con piatti sempre diversi, è un luogo speciale, dove si ritrovano ricordi perduti, si stringono promesse d'amore o nascono amicizie. Lo sanno bene gli allievi del corso di cucina, tutti alla ricerca dell'ingrediente segreto che ancora manca alla loro vita. Come Claire, giovane mamma che ha perso fiducia nella sua femminilità. O Tom, che ha appena perso la moglie per un cancro. O Chloe, ragazza maldestra e soffocata da un fidanzato presuntuoso. Per tutti loro, Lillian ha la soluzione. 

“tutti noi non siamo che ingredienti, Tom. L'importante è la grazia con cui cucini il pasto”


Mi ispirava un sacco questo libro. Devo dire che la scrittura è molto piacevole, scorrevole, davvero anche un po' magica come gli ingredienti. La storia è carina, è divisa in capitoli e in ognuno viene spiegata la storia dello studente e contiene la ricetta che Lilian insegna alla classe. Non so, l'idea era molto bella ma forse per essere un libro favoloso le manca qualcosa.
Le ricette comunque sono terribili... non so a quali libri abbia fatto affidamento!
Mio voto: 6 e mezzo / 10

Fontamara - Ignazio Silone


La vita di desolazione e sfruttamento di una comunità contadina nell'Italia meridionale. Una saga dolorosa di uomini che subiscono l'ingiustizia e la sopraffazione come ineluttabili, fino all'inevitabile ribellione. Un romanzo-testimonianza di grande forza poetica, capolavoro di Silone (1900-78). (da http://www.librimondadori.it)

Avevo letto alcuni brani di questo libro a scuola, decenni fa, e, sinceramente, non avevo alcuna voglia di rileggerlo, ma gli ho dato il beneficio del dubbio.
Ammetto che ha un inizio interessante. Sono belle le descrizioni della vita di questo paese sperduto sui monti, con le credenze e le superstizioni della gente. Sono anche riuscita in qualche modo a farmi "coinvolgere" dalle loro sfortune: prima la luce che viene staccata, poi il fatto di essere presi in giro da questo funzionario che fa firmare una petizione in bianco, le donne che cercano di sistemare le cose e fanno chilometri e chilometri di strada polverosa per essere alla fine derise.. tutta una serie di "sfortune" che mi hanno fatto provare una specie di "compassione" (non trovo un termine migliore) per questa gente.
Poi però, per i miei gusti, le tristezze sono diventate troppe. Ho chiuso questo libro pensando che era una fila interminabile di tristezze e francamente non ne potevo più. Sono arrivata alla fine perchè speravo con tutto il cuore che ci fosse un colpo di scena, che Berardo così animato da tanto entusiasmo, riuscisse a dare una svolta davvero alla sua vita.  
Questo romanzo mi ha fatto venire in mente altri scrittori del genere (tipo Verga), dove i perseguitati che provano ad alzare la testa vengono comunque rimessi al loro "posto", bastonati, non c'è margine per migliorare, bisogna solo sopravvivere nella miseria.
A me sinceramente non è piaciuto e lo vorrei stroncare. Però ammetto che, considerando il periodo in cui è stato scritto, e la situazione piena di metafore che narra, ha sicuramente rappresentato una forte "denuncia" delle condizioni di vita dei cafoni, e, visto nel suo contesto, ha sicuramente un suo valore. Però non riesco ad andare oltre il sei.
Mio voto: 6 / 10.

Troppa felicità - Alice Munro



Ero curiosa di leggere qualcosa di Alice Munro, definita la più grande scrittrice canadese, nonchè vincitrice del Premio Nobel nel 2013. Ero curiosa nonostante sapessi che lei scrive racconti (che io non amo).
In questa raccolta (perchè si tratta di 10 racconti) troviamo la donna a cui il marito uccide i figli, il pluriomicida che racconta la sua storia ad una vecchia vedova a cui ruba l'auto, il bambino nato con una enorme macchia viola sulla faccia e altre storie con simili tematiche di fondo. Infatti, ad ogni fine capitolo, mi chiedevo se la Munro fosse una burlona ad intitolare il libro "troppa felicità", che io proprio non riesco a trovare. Attimi di felicità magari, ma non certo troppa.
La scrittura non è male, molto scorrevole, anche accattivante. Mi chiedo come mai non scriva dei veri e propri romanzi, anche brevi magari, dove potrebbe "allungare" e spiegare un po' meglio gli avvenimenti. La storia che mi è piaciuta di più è sicuramente l'ultima, che poi dà il titolo alla raccolta, dove racconta la vita di Sof'ja Kovalevskaja, illustre matematica, che lavora a Stoccolma, unico paese disposto ad accettare una docente donna.
Boh. Non mi è scattata sicuramente nessuna scintilla nei confronti di questa scrittrice.
Mio voto: 6 e mezzo/10

Around Italy reading challenge


AROUND ITALY READING CHALLENGE

Ho visto su internet diverse sfide del tipo "Around the world" o "Around the States" e mi sono chiesta perchè non fare un "Around Italy" reading challenge? In particolare, questa curiosità mi viene proprio dopo aver letto un paio di libri italiani ("Accabadora" e "Fontamara"). 
In internet ci sono alcune sfide simili, ma non ne ho trovata nessuna che mi convincesse al 100%. Così ne lancio una mia :-)
Regole di questa sfida:
* leggere un libro ambientato in ciascuna regione italiana. Non importa l'origine dello scrittore bensì l'ambientazione del romanzo;
* la sfida va conclusa in un tempo di 5 anni** dall'inizio; quindi, visto che la mia sfida è iniziata il 24 maggio 2014 , ho tempo per completarla fino al 23 maggio 2019.
Chi si vuole unire a me?? :-)

Regioni:

Abruzzo: il branco della rosa canina (Gianni Padoan) 05/05/2015
Calabria:
Emilia Romagna: Fuego (Marilù Oliva) 13/12/2014
Friuli Venezia Giulia: ogni angelo è tremendo (Susanna Tamaro) 27/05/2014
Lazio:
Liguria:
Lombardia: Wondy (Francesca Del Rosso) 19/02/2015
Marche:
Molise:
Piemonte: te lo dico sottovoce (Lucrezia Scali) 20/05/2016
                cuore (Edmondo De Amicis) 15/02/2018
Puglia:
Sardegna: mi fido di te (Abate + Carlotto) 23/10/2015
Toscana:
Trentino Alto Adige:
Umbria:
Valle d'Aosta: Una coperta di neve (Enrico Camanni) 08/05/2021
Veneto: Vetro (Giuseppe Furno) 04/02/2018


** Nella sfida originale, mi ero data 3 anni di tempo per concluderla (fino al 23 maggio 2017), ma mi sono resa conto di non farcela e l'ho allungata di un paio di anni.

Ogni angelo è tremendo - Susanna Tamaro



Ogni angelo è tremendo è la storia di una bambina che diventa adulta. Che nasce di notte, a Trieste, mentre soffia una bora nera che spazza via ogni cosa e rende ogni equilibrio impossibile. Di una bambina che cresce con un padre e una madre imprendibili, in una famiglia in cui sembra che soffi quello stesso vento impetuoso dell’est. Di una bambina che non dorme mai, e fa (e si fa) molte domande, a cui nessuno sembra voler o poter dare risposte. Ma Ogni angelo è tremendo è anche la storia della scoperta della terribile bellezza del mondo; è la storia di una bambina che si fa ragazza, e poi donna, e si apre ai sussulti dei poeti e degli scrittori, ai primi palpiti di amore e amicizia. Quella bambina, quella ragazza, quella donna è Susanna Tamaro, che consegna il suo libro più intimo e coraggioso, più appassionante e misurato, più forsennato e vitale. Una autobiografia che è anche romanzo di formazione e inno alla vita nonostante, dentro (e forse grazie a) ogni sua oscurità. (da www.bompiani.eu )

Ho copiato la trama che ha scritto la casa editrice perchè mi trovo molto in difficoltà con questo libro.
Capisco il disagio dell'autrice, le difficoltà, la famiglia assente e fredda, capisco che sia un libro in cui "mi" vuole parlare di sè e del suo costante baratro, ma non troviamo un modo di capirci. La scrittura, pur essendo tutto sommato semplice (a parte alcuni termini usciti da chissà quale vocabolario..), mi è risultata pesantissima, per niente scorrevole, per niente accattivante. E' anche piena di refusi (ma il correttore di bozze non li ha notati?!?!?!).
Non sono riuscita a creare una sintonia, per cui questo libro mi è diventato abbastanza noioso.
Nella seconda parte, poi, fa molti riferimenti ai libri che ha scritto, quindi probabilmente non è stata una grande idea leggerlo come primo.
Mio voto: 6/10

p.s. una cosa le invidio da morire: aver conosciuto Ungaretti, il mio poeta italiano preferito!

lunedì 26 maggio 2014

Doni - Nuruddin Farah



Mogadiscio. Dunija ha 35 anni, due matrimoni alle spalle e tre figli (due gemelli che abitano con lei, e la minore che abita con gli zii). Lavora come infermiera al Maternity Benaadir Hospital. Un giorno prende il taxi per andare a lavorare ed il taxi è guidato da Bosaaso, sua vecchia conoscenza e amico d'infanzia del primario di ginecologia, nonché capo di Dunija, il dottor Mire.
Per tutta la mattina Dunija ha la testa tra le nuvole. Poi scopre che la figlia è venuta a donare il sangue il giorno prima. E una misteriosa ragazza, che Dunija è sicura di conoscere, sparisce prima del suo turno di visita.
Dunija ripensa al suo primo marito padre di Nasiiba e Mataan. Zubair era un amico di infanzia del padre di Dunija il quale, sul letto di morte, aveva chiesto davvero al suo amico, cieco, di sposare la figlia. Nonostante la differenza di età, i due vanno d'accordo, ma Zubair muore nel sonno quando i gemelli erano piccoli e lei si era trasferita a mogadiscio, dove aveva sposato Taariq, da cui era divorziata.
Bosaaso era stato sposato con Yussur, che però dopo il parto era caduta in una grande depressione, ed un giorno era saltata giù dal balcone col bimbo, finiendo per morire entrambi.
Dunija un giorno rincasa e trova la figlia con un bambino in braccio. Dice di averlo trovato vicino al bidone dei rifiuti. Iniziano a chiemarlo Magaclaawe, “il senza nome”. Le vicine di casa si offrono per fare da baby sitter se ce n'è bisogno. Bosaaso va a denunciare l'avvenimento alla polizia e ottiene che lui e Dunija vengano riconosciuti come co-tutori del bambino. Per Bosaaso il trovatello diventa una eccellente scusa per andare a bussare a casa di Dunija. Mentre i figli di Dunija lo accolgono con molto affetto.

“Dunija riflettè che il matrimonio era un luogo dove si era già recata due volte, ma l'amore era un palazzo in cui sino a quel momento non le era stato possibile mettere piede”

Dunija si scontra con il fratellastro Shiriye, più grande di lei di 12 anni, infastidito dalle notizie del trovatello. Un personaggio abbastanza sgradevole per il quale “allevare un bastardo è peccato e la punizione sono le fiamme dell'inferno e l'ira di Allah”. Lei poi lo sbatte fuori di casa quando lui dice che il fatto che Bosaaso la aiuti in questa impresa, cambia tutto, perchè “Una donna ha bisogno di un uomo accanto a sé perchè il mondo la prenda sul serio e le spalanchi le porte, la lasci entrare a testa alta e le accordi il pieno rispetto”
Dunija a poco a poco capisce chi sono i veri genitori del trovatello che purtroppo dopo qualche giorno viene trovato morto.

"Dunija pensò che al cuore di ogni mito in realtà ce n'è sempre un altro: quello del popolo che lo crea. tutti avevano trasformato il trovatello in ciò che desideravano, o in ciò che non avevano. Stando così le cose, si disse, Senzanome non è morto. Continua a vivere in me e Bosaaso"

Dunija viene colpita con molta intensità dalla morte del trovatello. Solo pensando a Bosaaso le sembra che valga la pena di restare coi piedi per terra. E comincia a capire di essere davvero innamorata di lui. 
Dunija, legge un articolo di Taariq sul tema dei doni. Lei, che non ha mai accettato doni da nessuno che non fosse il fratello Abshir,  capisce cosa deve fare: andrà da Bosaaso e trascorrerà la notte con lui per fargli dono del proprio corpo e sgombrare il campo dagli ultimi dubbi sul suo nuovo compagno.
Abshir, arrivato a Mogadiscio, chiede a Dunija di parlarle di Bosaaso. Lui la rassicura dicendo che qualsiasi sarà la sua decisione, del mantenimento dei suoi figli se ne occuperà lui, perchè Bosaaso ha già passato troppo tempo a mantenere figli altrui.

“mi sono sempre domandata perchè ogni volta accetto i tuoi doni, mentre vado subito in agitazione se qualcun altro mi si avvicna per offrirmi qualcosa”

“perchè quando non avevi ancora un'ora di vita, rifiutasti di attaccarti al seno di nostra madre, ma siccome lei stava troppo male per prendersi cura di te, fui io a darti la prima goccia di latte: un dono che non avevi accettato da nessuno, nemmeno da nostro padre, dalla levatrice né dalle donne del vicinato”

“se tu fossi stata un maschio non saresti finita in sposa a un uomo vecchio come tuo padre. In secondo luogo, intelligente e ambiziosa come sei, avresti potuto prendere una borsa di studio e alurearti in una facoltà di tua scelta. Invece sei stata vittima di un'ingiustizia, e io ho semplicemente cercato di rimediare al torto nella misura in cui potevo farlo”


Il libro è diviso in quattro parti. Nella prima, la nascita della storia tra Dunija e Bosaaso. Nella seconda, il ritrovamento del trovatello che cementa la loro storia. Nella terza, Dunija capisce di essere davvero innamorata di Bosaaso, e decide di fargli dono del suo corpo (quarta parte). Ma non accetta di sposarlo finchè non ha il benestare del fratello a cui è legatissima e che per lei lui vuole solo il meglio.
Dunija è una donna forte, intelligente, che avrebbe potuto diventare qualcuno. Ma essendo nata donna, è stata soggetta alle decisioni prima del padre e poi dei mariti. E' una figura molto tenera nella storia. Riflessiva, anche timorosa nel farsi prendere dall'amore. Ma decisa a non farsi più mettere i piedi in testa, nè dal fratellastro, nè dalla cognata.
Sullo sfondo della storia, anche la carriera di giornalista che ha intrapreso l'ex marito di Dunija, Taariq. In particolare alcuni articoli che trattano il problema dei doni che le nazioni industrializzate fanno alle nazioni africane, che vuole suonare come una sveglia per le nazioni africane per rialzare la testa e non farsi rendere dipendenti da questi doni.
La storia è tenera. Il libro, secondo me, non è molto scorrevole nei punti (in genere il finale del capitolo) in cui vengono riportati gli articoli di Taariq. Almeno fino all'articolo lunghissimo sui doni, che sembra una bella sferzata di orgoglio nei confronti degli africani.
Mio voto: 7/10

giovedì 8 maggio 2014

Il re dei giochi - Marco Malvaldi


Terzo episodio per i vecchietti del BarLume di Pineta, immaginario paesino del pisano, con il “barrista” Massimo e la brava banconiera Tiziana. Il re dei giochi è il nuovissimo biliardo giunto al BarLume, attorno al quale si sono accampati i quattro pluriagenari: nonno Ampelio, Aldo l'intellettuale, il Rimediotti pensionato di destra e il Del Tacca del Comune (per distinguerlo dagli altri tre Del Tacca).
La quiete del paesino viene disturbata da una notizia: un incidente in cui un'auto ha perso il controllo ed è andata a schiantarsi contro un platano. Sulla macchina c'erano il giovane Giacomo Fabbricotti, che ha perso la vita sul colpo, e la madre Marina Corucci, vedova del Fabbricotti e addetta stampa di un famoso politico locale, il Carpanesi.
Nonostante Massimo diffidi i nonni dall'investigare, loro cominciano comunque a fare le loro supposizioni su chi può aver combinato l'incidente. E le cose prendono un'altra piega quando anche Marina Corucci muore al reparto di terapia intensiva: qualcuno le ha iniettato dell'aria nella flebo che le ha causato un'embolia.
A quel punto anche in Massimo scatta qualcosa, e comincia a fare i suoi ragionamenti. Chi può aver ucciso Marina Corucci? E perchè?

E' il primo libro che leggo di questa serie, prestato da un'amica. Purtroppo ho cominciato dal terzo episodio, ma mi riprometto di leggere anche i precedenti.
I personaggi sono molto simpatici. I nonni poi sono tremendi. Un bel giallo da relax.
Mio voto: 7 / 10


San Isidro Futbòl - Pino Cacucci



San Isidro è un villaggio di 22 case di legno e lamiera, al confine tra gli stati di Veracruz, Puebla e Oaxaca. Non essendo un vero e proprio paese, non ha vero e proprio alcalde, ma le sue funzioni sono svolte da Don Cayetano Altamirano, uomo saggio di venerabile età.
Durante la partita di futbol, viene chiesto al vecchio Alvaro Cristòbal di prestare un sacco del suo concime, molto simile alla calce, per tirare le righe del capo. Quintino Polvora, bomber del San Isidro, è il primo a sperimentare gli effetti miracolosi di questo strano concime, quando durante la partita scivola e finisce per annusarlo, ritrovandosi con una grinta nuova. Cristòbal dice che quel concime gli è stato dato dal cielo. Si tratta del carico di un piccolo aereo precipitato nel bosco che ha trovato mentre andava per funghi.
Nel giro di qualche settimana, al villaggio si presentano ben tre gruppi di personaggi che si spacciano per federali e che cercano il luogo in cui è caduto l'aereo.
Ma Padre Pedro Iscazcoicea, il temuto missionario basco sa come risolvere la situazione.

Il libro è piccolo e si legge molto scorrevolmente. Alcune delle descrizioni dei personaggi fanno proprio sorridere. Questa volta il libro di Cacucci mi è piaciuto, è ironico e simpatico.

Mio voto: 6 e mezzo / 10

mercoledì 7 maggio 2014

Accabadora - Michela Murgia



Sardegna anni cinquanta.
Fillus de anima. È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Maria era la quarta figlia della vedova Listru, indesiderata, ignorata. Finchè non viene notata a rubacchiare in una bottega da Bonaria Urrai, vedova prima ancora di potersi sposare con l'uomo che amava, morto in guerra, e senza figli.
Bonaria parla ad Anna Teresa Listru della possibilità di prendere Maria a fill'e anima, accompagnando la richiesta con un'offerta tale che alla vedova di Sisinnio Listru non viene nemmeno la tentazione di dirle di no.
Tzia Bonaria insegna a Maria un mestiere, quello di sarta e la manda a scuola. Ogni tanto Maria torna alla sua famiglia d’origine, in genere quando hanno bisogno di braccia in più. 
Un giorno, mentre aiutano la famiglia Bastìu nella vendemmia, sentono un rumore provenire da sotto il muretto di confine. Scavano e trovano, ancora vivo, un cucciolo di cane. Scoprono così che la famiglia confinante ha spostato il muretto, e il cucciolo di cane sepolto rappresenta una maledizione. Maria decide di tenere il cane e lo chiama Mosè.
Maria viene poi chiamata per i preparativi del matrimonio della sorella Bonacatta. Ma il giorno delle nozze combina un disastro col pane degli sposi e le viene imposto di fingere un malore per non partecipare alla cerimonia. “In tutto questo, c'era di buono che non fu più necessario inventare scuse per non andare ad aiutare sua madre a fare il pane”.
Intanto erano passati quattro anni dal fatto del confine e Nicola Bastìu non capiva come mai suo padre avesse mandato giù la questione senza fare nulla. Decide allora di farsi vendetta da solo e di dare fuoco alle vigne del vicino. Senonchè un colpo di fucile lo lascia sanguinante a terra e in seguito gli viene amputata una gamba. Nicola non resiste in quella situazione e chiede a Bonaria di aiutarlo ma lei rifiuta. 

“credi davvero che il mio compito sia ammazzare chi non ha il coraggio di affrontare le difficoltà?... Se basta una gamba a fare l'uomo, allora ogni tavolo è più uomo di te”

Nicola affronta la sua sofferenza con rabbia crescente, senza volere visite a parte quelle di Bonaria, in cui continua a chiederle di porre fine alle sue sofferenze in modo che sembri morte naturale, altrimenti troverà comunque lui un modo di farla finita. Nicola, alla lunga, colpisce nel segno, perchè le stesse cose le aveva dette Raffaele, il fidanzato di Bonaria, prima di partire per la guerra. 
Maria aveva otto anni quando iniziò a sospettare che Bonaria le nascondesse un segreto, qualcosa che la notte la portava ad uscire furtivamente rispondendo alle chiamate dei compaesani. Non capisce di cosa si tratta fino a quando Andrìa, pieno di rabbia per la morte di Nicola suo fratello, non glielo rivela: Tzia Bonaria è un’accabadora, “colei che finisce”; colei che aiuta il destino, di chi è più tra i morti che tra i vivi, a compiersi.  

“anche io avevo la mia parte da fare, e l'ho fatta”
“e quale parte era?”
“l'ultima. Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto”
“per me siete stata la prima, e se mi chiedeste di morire, io non sarei capace di uccidervi solo perchè è quello che volete”
“non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”

La scoperta di questa verità porta Maria a scappare da Tzia Bonaria e da Soreni, finendo a Torino, a fare la bambinaia. Qui però si troverà vittima della gelosia della bambina più piccola e dovrà lasciare la casa con vergogna. Oltre a questo, i ricordi del paese natio, che pensava di aver lasciato oltremare, tornano a tormentarla. Finchè sua sorella Regina le scrive che Tzia Bonaria ha avuto un ictus e deve tornare al suo capezzale. Pur essendo più di là che di qua, Bonaria sembra non volersene andare, con mesi lunghissimi di sofferenza per entrambe. Maria capisce allora cosa voleva dirle Bonaria, tre anni prima, con la frase “non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo”.

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Bello. Mi è piaciuto molto questo libro. Bella scrittura, con pochi termini in dialetto così la storia non ne risente per chi non li capisce. Avendone letto la trama, temevo di trovarmi di fronte una storia pesante e invece è una bellissima lettura che vede il tema dell'eutanasia come una cosa "normale", in una comunità in cui il gesto non è visto come un omicidio bensì come un estremo gesto d'amore che pone fine alle sofferenze terrene di chi ormai è appeso ad un filo. Fino all'estremo in cui il sofferente è un ragazzo che non si capacita di poter vivere senza una gamba e Bonaria, probabilmente, si lascia convincere ad andare un po' oltre le sue "competenze" perchè rivede in lui il fidanzato che ha perso prima di poter sposare.
Altro tema trattato è quello "dell'adozione" elettiva. I "fill'e anima" acquistano il diritto a diventare eredi in cambio di occuparsi della madre nella vecchiaia. Pochi fronzoli, basta l'accordo tra una madre povera che non riesce ad occuparsi della sua quartogenita e una donna che non ha avuto figli. 
Bonaria e Maria rappresentano l'unione tra il mondo delle tradizioni, in cui una collettività stringe una serie di patti condivisi e ne tiene il segreto, ed il mondo moderno che sembra inorridito da queste tradizioni chiedendosi dove sia il confine tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.

Mio voto: 8 / 10