Titolo originale: Seven steeples (2022)
Nell’inverno successivo al loro primo incontro, Bell e Sigh si trasferiscono nella campagna irlandese più remota. Sono giovani, innamorati, stufi della città e delle rispettive famiglie, pronti a cominciare una nuova vita. La loro casa è ai piedi di un monte dalla sommità appiattita, corrosa dai venti e da una luce millenaria: Bell e Sigh lo guardano, certi che un giorno ci saliranno. Una stagione dopo l’altra, il loro quotidiano si riempie di cose piccole e importantissime, di gesti e riti ricchi di intimità, mentre le vecchie abitudini, il passato e perfino le parole perdono di consistenza. Il mondo di Bell e Sigh si restringe e perde i confini, indistinguibile da ciò che li circonda: gli occhi degli animali e i colori dei fiori, i suoni della pioggia sul terreno e i respiri del vento tra le rocce. Fino al giorno in cui il sentiero verso la cima del monte appare facile e accogliente, come l’invito di un vicino gentile. L’occhio della montagna è una profonda meditazione sull’amore, sulla natura, su come allontanarsi dal mondo per poterlo scoprire davvero. Sara Baume torna con la prosa poetica e visionaria di fiore frutto foglia fango a esplorare l’intensità dei sentimenti, quelli che ci legano come esseri umani, e quelli, più nascosti e inafferrabili, che ci uniscono a tutte le creature viventi.
Questo libro è per chi compila la lista della spesa e poi la dimentica in tasca, per chi ha provato la timida euforia della prima notte in una nuova casa, per chi potrebbe passare ore e ore a discutere dell’esatta sfumatura di un colore, e per chi in mezzo alla folla ha incontrato la persona giusta con cui fuggire dal chiasso, e inaugurare una nuova vita fatta di natura e meraviglia. (goodreads)
Ho letto questo libro in previsione dell'incontro con l'autrice. Dalla
trama avevo molte aspettative perchè mi interessava l'argomento. Però devo
dire che sono rimasta un po' perplessa.
Bell e Sigh (coi loro due cani) vanno a vivere in mezzo al nulla, in una
casa fatiscente vicino a questo monte (che poi non è altissimo, è
praticamente una grande collina anzi "un crinale o un promontorio,
smussato, ma svettante e inospitale". Questo monte domina la vallata; è lui
che vede tutto ciò che succede sotto di sè, è lui che di notte si accende
di mille occhi degli animali che lo abitano.
Nel libro vediamo la progressione della loro vita, da praticamente eremiti
o poco meno, durante otto anni. Vediamo come chiudono fuori dalle loro vite
le famiglie e gli amici, come cercano il meno possibile di avere a che fare
con atre persone. Gli unici contatti umani che hanno sono col contadino che
porta al pascolo le vacche e col padrone di casa. Vediamo come la casa
comincia a riempirsi di oggetti trovati in giro, di insetti vari e di topi.
E di pari passo anche loro si modellano su questa vita fatiscente. Perchè,
a mio parere, un conto è vivere fuori dal casino del mondo, un altro è
vivere nella sporcizia.
Poi finalmente, dopo otto anni che vivono lì, un giorno decidono di
scalare il monte. E dalla cima del monte vedono tutto quello che vede lui,
vedono la vallata, vedono la loro casa, vedono sette menhir, sette scuole e
sette guglie (da cui il titolo in lingua originale).
Ammetto che ho letto il libro molto in fretta. La scrittura si segue bene.
L'autrice ha inserito molte frasi che visivamente sono spostate a destra o
sinistra, che hanno dei rientri. Suppongo lo abbia fatto per dare risalto a
quello che scrive (generalmente sono le frasi finali del paragrafo), ma non
le trovo così fondamentali, bastava andare a capo senza dover spostare lo
sguardo da una parte all'altra della pagina.
I capitoli cominciano tutti con la stessa frase: il monte restò non
scalato per i primi due (tre, quattro, ...) anni che vissero lì.
Interessante anche l'occhio che ha avuto sul comportamento dei due cani,
membri effettivi della famiglia (però raccapricciante che conservino i corpi
delle zecche).
All'inizio la descrizione di tutti i loro gesti, della quotidianità che si
trasforma, ecc. è interessante. Si vede come lentamente, quotidianamente,
la natura e i suoi ritmi, prende il sopravvento su tutto. E' interessante
vedere come si creano dei rituali propri, come la statua che trovano e che
diventa una specie di divinità della casa, o il compiere certi gesti sempre
nello stesso modo, nello stesso ordine, nello stesso numero. Però questa
cosa va avanti per otto anni, di cui ovviamente non ci vengono scritti
tutti i giorni, solo alcuni avvenimenti salienti. Alla lunga mi ha un po'
annoiato, diciamo che dopo il sesto anno ero già satura.
Lettura interessante ma non mi ha fatto impazzire.
Mio voto: 6 e mezzo / 10
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