domenica 25 giugno 2023

Educazione siberiana - Nicolai Lilin


Titolo originale: Educazione siberiana (2009)

Nicolai Lilin ha solo ventinove anni, ma ha da raccontare una vita straordinaria e un universo che non assomiglia a nessun altro: anche per questo Educazione siberiana è un libro unico, senza paragoni possibili. Cosa significa nascere, crescere, diventare adulti in una terra di nessuno, in un posto che pare - e non è - fuori dal mondo? Pochi forse hanno sentito nominare la Transnistria, regione dell'ex Urss autoproclamatasi indipendente nel 1990 ma non riconosciuta da nessuno Stato. In Trans-nistria, ai tempi di questa storia, la criminalità era talmente diffusa che un anno di servizio in polizia ne valeva cinque, proprio come in guerra. Nel quartiere Fiume Basso si viveva seguendo la tradizione siberiana e i ragazzi si facevano le ossa scontrandosi con gli sbirri o i minorenni delle altre bande. Lanciando mini molotov contro il distretto di polizia, magari: «Quando le vedevo attraversare il muro e sentivo le piccole esplosioni seguite dalle grida degli sbirri e dai primi segni di fumo nero che come fantastici draghi si alzavano in aria, mi veniva da piangere tanto ero felice». La scuola della strada voleva che presto dal coltello si passasse alla pistola. «Eravamo abituati a parlare di galera come altri ragazzini parlano del servizio militare o di cosa faranno da grandi». Ma l'apprendistato del male e del bene, per la comunità siberiana, è complesso, perché si tratta d'imparare a essere un ossimoro, e cioè un «criminale onesto». E quest'altra scuola, ben più importante di quella della strada, passa soprattutto attraverso i vecchi, i criminali anziani a cui la comunità riconosce lo specialissimo ruolo di «nonni» adottivi. Sono loro, giorno dopo giorno, a trasmettere valori che paiono in conflitto con quelli criminali: l'amicizia, la lealtà, la condivisione dei beni. L'amore per i disabili, che i siberiani chiamano «Voluti da Dio». E anche la cultura del tatuaggio, della pelle che dice il destino di ognuno. «Nonno Kuzja - scrive Lilin - non mi educava facendo lezioni, ma raccontando le sue storie e ascoltando le mie ragioni. Non parlava della vita dalla posizione di uno che la osserva dall'alto, ma da quella di un uomo che sta in piedi sulla terra e cerca di restarci il più a lungo possibile». Grazie alla forza della narrazione, quel mondo incredibile, tragico, dove la ferocia e l'altruismo convivono con naturalezza, diventa a poco a poco familiare e vero. Come lo stile, che è intenso ed espressivo, anche in virtù di una buona ma non perfetta padronanza dell'italiano, che risulta ora sgrammaticato, ora fin troppo esatto, ora contaminato. Uno stile a tratti spiazzante, con una sua dimensione etica, oppure decisamente comico, nei momenti di distensione che attraversano le pagine come la vita. (goodreads)

Ho trovato interessante questo libro e devo ammettere che, nel complesso, mi è piaciuto abbastanza.
Cose che non ho apprezzato: innanzitutto, non amo particolarmente le storie "matrioska" (cioè parte con una storia poi ne apre un'altra poi un'altra, ecc.). L'ho trovato anche un po' prolisso. In alcuni punti, poi, è esagerato. In particolare, non ne potevo più delle battaglie.
Cose che mi sono piaciute del libro. Il codice di grande disciplina e rispetto di questi criminali (a parte per i poliziotti, i ricchi e gli esponenti del "potere"). Rispetto delle donne, dei vecchi. L'ascolto nei confronti dei più vecchi e della loro saggezza. Accettazione dei disabili o malati di mente, che vengono aiutati dalla comunità (sono "voluti da Dio"). Nessuna ostentazione del lusso, vita umile. Niente gioielli, solo tatuaggi (tra l'altro è molto interessante dove parla della simbologia dei tatuaggi). Il controllo delle parole (offendere è un reato). Imparzialità nei processi. Se non ci fosse la parte della violenza (che secondo il loro codice va comunque usata con un motivo, a volte discutibile in effetti...) sarebbe una società ideale.
Ho letto che questo libro ha scatenato molte polemiche in merito alla veridicità di ciò che l'autore scrive. A me, in realtà, fa poca differenza che si tratti di una biografia o di una fiction, in quanto ciò che racconta, purtroppo è molto verosimile.
Mio voto: 7 / 10

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