venerdì 27 marzo 2020

La vita davanti a sè - Romain Gary


Titolo originale: La vie devant soi (1975)
Titolo inglese: The life before us

"Non bisogna piangere, figlio mio, è naturale che i vecchi muoiano. 
Tu hai tutta la vita davanti"

Momò è un bambino che viene cresciuto da Madame Rosa in un appartamento al sesto piano di un palazzo nel quartiere multietnico di Belleville a Parigi. La donna, un'anziana ebrea reduce da Auschwitz, si occupa di crescere i figli di prostitute che, per legge, non possono tenerli con sé. 
A mano a mano che cresce, Momo si rende conto che Madame Rosa sta invecchiando e che i sei piani da salire ogni giorno potrebbero risultarle fatali con i suoi 95 chili di peso. Un giorno Momo fa conoscenza con una bella ragazza, Nadine, lavora come doppiatrice di film. Momò ha già visto che la donna ha due figli, e questo limita la sua speranza di essere adottato da lei, anche se lei è sempre molto affettuosa quando lo vede.
Intanto la salute di Madame Rosa peggiora; le prostitute non le lasciano più i bambini perché non riesce più ad accudirli e i soldi scarseggiano. Il dottor Katz dice a Momò che, anche se non ha il cancro, l'anziana donna è grave, e avrebbe bisogno di essere portata in ospedale. Ma Madame Rosa ha fatto promettere a Momò che non l'avrebbe mai lasciata portare in ospedale perchè non vuole vivere per anni come un vegetale. Al tempo stesso, Momò ha paura di essere affidato agli assistenti sociali. La solidarietà degli inquilini si mobilita, cercando di aiutare Madame Rosa.
Un giorno, durante uno dei rari periodi di lucidità dell'anziana donna, si presenta a casa un omino di nome Kadir Yoûssef; è appena uscito dal manicomio criminale dove è stato rinchiuso 11 anni per omicidio di una prostituta (che poi era la madre di Momò), e vuole vedere il figlio che era stato affidato a Madame Rosa. Si tratta del padre di Momò, che in questa occasione scopre di avere 14 anni e non 10, come gli ha fatto credere Madame Rosa per timore di perderlo. La donna si oppone tenacemente alle richieste dell'uomo, anzi gli dice che suo figlio è un altro dei bambini e che anzichè allevarlo come musulmano è stato allevato come ebreo. L'uomo è talmente agitato che ha una crisi cardiaca e muore. Confuso, Momò torna a trovare Nadine, la quale lo porta a casa propria. Suo marito è un medico, molto interessato al caso del ragazzino, che però scappa quando vede i due figli della coppia.
La situazione di Madame Rosa peggiora ancora, il dottor Katz insiste nel volerla ricoverare in ospedale ma Momò, ricordando la promessa fatta alla donna, dice al dottore che i suoi parenti stanno arrivando da Israele per portarla via con loro. Il medico è stupito ma sembra credere a questa storia. Momò decide di portare Madame Rosa nella cantina, dove lei, da anni, ha ricavato il suo “angolo ebraico”. Momò rimane con lei. La donna muore qui, e Momò rimane per tre settimane accanto al corpo dell'anziana finché i vicini, richiamati dall'odore, scoprono i due nello scantinato.

Romain Gary ha scritto questo libro sotto lo pseudonimo di Emil Ajar e gli è pure valso il suo secondo Premio Goncourt (con alcune polemiche).

Io l'ho appena terminato e ammetto che non so darne un giudizio, non so dire se mi sia piaciuto o meno.
Ho fatto fatica ad ingranare con lo stile narrativo. Questo bambino un po' sbruffone, che parlava "apposta" come un bambino (e quindi con anche errori ortografici, pensieri sparsi, ..) mi ha fatto stare un po' a distanza. Sinceramente mi sono imposta di proseguire perchè dovevo leggerlo per il gruppo di lettura, ma nella mia mente non vedevo l'ora di poter leggere altro. Poi la storia si modifica un po' e viene a galla sempre di più il rapporto quasi "materno-filiale" che c'è tra Momò e Madame Rosa. Per lei, Momò è sempre stato il suo bambino preferito, al punto che gli ha mentito sull'età perchè non voleva farlo crescere troppo in fretta, ha mentito al padre perchè non lo voleva lasciare ad un padre malato di mente, tutta una serie di atteggiamenti protettivi nei suoi confronti; allo stesso tempo, su Momò sa di poter contare, infatti affida a lui la promessa di non farla mai portare in ospedale per non morire lì. D'altro canto, per Momò la figura di Madame Rosa è la cosa più simile ad una madre che abbia avuto, e pur esagerando nel far notare i suoi difetti (i chili soprattutto, il suo enorme culo, ecc) in realtà è molto legato a lei, sta sempre attento a ciò che la può far star male, anche nel finale quando se ne prende cura in maniera quasi maniacale.
Cosa non mi è piaciuto: lo stile narrativo così bambinesco un po' forzato in alcuni punti, molto colorito, con frasi e concetti ripetuti fino alla noia; alcune descrizioni veramente troppo prolisse.
Cosa mi è piaciuto: il senso di comunità del condominio che si industria per aiutare Madame Rosa; le riflessioni sull'eutanasia di Madame Rosa, che ormai sa di essere alla fine e vorrebbe potersi "abortire" pur di non rimanere anni e anni in un letto come un vegetale. Mi ha colpito il dolore di Madame Rosa, che si accorge della sua decadenza, che ha paura perchè è sola.
In sintesi, la prima metà del libro l'ho trovata noiosa e a tratti fastidiosa; la seconda metà, più riflessiva, più profonda, mi è piaciuta molto di più. Alla luce di ciò direi che darò un voto medio.
Mio voto: 7 / 10

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