domenica 2 aprile 2023

Il pastore d'Islanda - Gunnar Gunnarsson


Titolo originale: Aðventa (1936)
Titolo inglese: The good shepherd

Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica d’Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. Nessuno osa sfidare il buio e il gelo dell’inverno islandese per accompagnarlo nella rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare sull’aiuto dei suoi due amici più fedeli: il cane Leó e il montone Roccia. Comincia così il viaggio dell’inseparabile terzetto, la «santa trinità», come li chiamano in paese, attraverso l’immenso deserto bianco, contro la furia della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo, cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo. È qui che Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in realtà «la condizione stessa dell’esistenza», con il compito cui non può sottrarsi e che porta avanti fiducioso, costi quel costi, in un continuo confronto con gli elementi e con se stesso, per riconquistare un senso alla dimensione umana. Nella sua semplicità evocativa, Il pastore d’Islanda è il racconto di un’avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell’uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Esce per la prima volta in Italia un classico della letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato Hemingway per Il vecchio e il mare, considerato in Islanda il vero canto di Natale. (goodreads)

Questo è il libro che abbiamo scelto per il gruppo di lettura di aprile. Mi è piaciuta molto la figura di questo uomo (definito anziano, che ha solo 54 anni!! e sono 27 anni che va lassù) che ogni inverno decide di andare a cercare le pecore che i "legittimi" pastori hanno abbandonato sui monti. Lui non ha nessun tornaconto da questa attività, solo che è profondamente convinto che sia giusto farlo, sfidando la furia degli elementi naturali, non può abbandonare degli esseri viventi a morire di freddo o sbranati dalle volpi. E quando, purtroppo, questo succede, lui è preso da una grandissima tristezza.

"Quel viaggio era come una poesia, con rime e parole magnifiche che restavano nel sangue. E come una poesia, col tempo s'imparava a memoria e poi si sentiva il bisogno di tornare, per accertarsi che nulla fosse cambiato. E così era: tutto era ancora estraneo e inaccessibile, eppure familiare e inevitabile. Benedikt si sentì invadere da una pace assoluta"

"Non ha preoccupazioni, o meglio una sola: non riesce proprio a immaginare chi seguirà le sue tracce, dopo di lui. Ma qualcuno dovrà pur venire. Perchè non poteva essere la volontà del Creatore - quando Benedikt non ci fosse più stato - di abbandonare al proprio destino quelle povere bestie che sfuggivano ai grandi raduni autunnali e si perdevano sulle montagne. Erano solo percore, certo, ma pur sempre creature vive di carne e sangue; carne sangue e anima. Oppure no? Bisognava pensare che Roccia, Leò e Faxe non avessero un'anima? La loro fiducia innocente valeva meno della fede incostante degli uomini?"

L'uomo e gli animali sono esseri viventi, che possono vivere insieme in armonia e rispettandosi. Se non ci avessero detto che Roccia e Leò sono due animali, avremmo dato per scontato che si tratta di un gruppo di tre uomini: Roccia quello rude e affidabile, Leò quello burlone ma indispensabile nel momento del bisogno.
Ho trovato molto tenero questo racconto. Credo sia davvero un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Un inno all'aiuto reciproco. Un inno al valore della vita degli animali, che si affidano ciecamente all'uomo il quale invece fa presto ad abbandonarli.
Mio voto: 8 / 10

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