Titolo originale: The Midwife of Auschwitz (2022)
Ispirato a una commovente storia vera È il 1943 e Ana Kaminski varca i cancelli di ferro di Auschwitz accanto alla sua giovane amica Ester Pasternak, spinta dalla violenza brutale delle guardie naziste e quando le due raggiungono la prima fila, Ana dice di essere un’ostetrica, Ester la sua assistente. Una volta tatuate con il numero di riconoscimento dei prigionieri del campo, sono assegnate al capannone dove le donne incinte vengono fatte partorire. Mentre tiene in braccio un neonato venuto al mondo in quell’inferno, Ana si rende conto che il destino di tantissimi bambini potrebbe essere nelle sue mani, e giura a sé stessa che farà il possibile per salvarli. E così quando, pochi giorni dopo, le SS strappano a una madre la figlia, Ana è distrutta dal dolore, ma mentre consola la donna sconvolta, le viene in mente che forse potrebbe esserci un modo per preservare quel legame. In fondo, si dice che le guardie portino via i bambini più sani per affidarli alle famiglie tedesche, e si mormora che la guerra sia quasi finita... Ana, con un coraggio che neppure lei sapeva di avere, prende una decisione che cambierà la vita di centinaia di persone: lei ed Ester cominciano a tatuare di nascosto ogni neonato con lo stesso codice identificativo della madre, così che possano, un giorno, ritrovarsi. Ma proprio mentre il piano sembra stia funzionando, una mattina Ana si accorge che l’uniforme a righe di Ester sta cominciando ad andarle stretta… Ad Auschwitz c’era l’ordine di uccidere i piccoli appena nati solo i più sani e belli venivano strappati alle madri ebree e dati in adozione a ricche famiglie tedesche. Ispirato all’incredibile e coraggiosa storia dell’ostetrica Stanislawa Leszczynska (goodreads)
Libro molto molto toccante. E' diviso in tre parti. Nella prima parte ci vengono presentate Ana ed Ester. Ester è ebrea e sta studiando da infermiera. Ana è cattolica ed è l'ostetrica che l'ha fatta nascere. In questa parte del libro ci sono le storie delle due donne e come mutano quando i tedeschi invadono la Polonia. Nel loro paese, Lodz, viene subito istituito un ghetto recintato col filo spinato. Ester è costretta ad andare a vivere lì; Ana abitava in quella zona prescelta per diventare ghetto ed è costretta a lasciare la sua casa. Ma questo è solo l'inizio, perchè poi cominceranno i razionamenti di cibo e la quasi impossibilità di comunicare tra le due parti. Ana, insieme alla sua famiglia fa parte di un gruppo di polacchi che prova, nonostante i divieti, ad aiutare gli ebrei del ghetto; per questo motivo verrà condannata ad andare ad Auschwitz.
Nella seconda parte, Ana ed Ester si ritrovano sul treno diretto ad Auschwitz-Birkenau. Ana promette alla madre di Ester di occuparsi di lei come fosse sua figlia. Entrambe vengono destinate al reparto maternità e qui cominciano subito le atrocità, perchè i bambini appena nati vengono annegati in un secchio di acqua dalla terribile kapò. Ana non ci sta, riesce a battersi affinchè questa barbarie smetta, ma il vero problema è che anche se i bambini non vengono annegati, è difficile comunque che sopravvivano, viste le condizioni terribili del campo. Perchè gli internati del campo sono malvestiti e malnutriti, non esistono latrine e le condizioni igieniche sono terribili, in estate i pidocchi portano il tifo, mentre in inverno è la tubercolosi che uccide. Ad un certo punto, i tedeschi decidono di prendere i bambini biondi per poterli "germanizzare", basandosi sull'idea che se i bambini sono biondi non possono essere ebrei e quindi si possono recuperare dandoli in adozione a brave famiglie tedesche. Ester decide di cominciare a tatuare, nascosti sotto le ascelle dei bambini, i numeri delle relative madri, in modo che dopo la guerra ci sia una speranza di farli ritrovare (i bambini dati in adozione erano gli unici che non venivano affatto tatuati). La bambina di Ester farà la stessa fine. In questa seconda parte c'è tutta la vita del campo e tutta la sofferenza delle madri (che a volte arrivavano già incinte, altre volte venivano stuprate dai tedeschi) fino a quando il campo viene liberato nel gennaio 1945.
Nella terza parte, le due donne, molto provate, tornano a Lodz, dove la vita sta riprendendo. Ana torna a casa e ritrova i figli, mentre il marito è morto. Ester rimane a vivere a casa di Ana e tutti i giorni torna sulle scale della cattedrale dove ha conosciuto Filip, nella speranza che anche lui torni nel loro posto, prima o poi. L'unica cosa che ha saputo, da un amico comune, è che Filip era nel campo di concentramento di Chelmno ed è riuscito ad evadere, ma poi si sono dispersi nel bosco.
Della terza parte non vi racconto altro perchè dovete arrivarci leggendo. Posso però dire che il libro finisce come inizia, cioè con Ana ed Ester che si recano all'orfanotrofio dove c'è questa bambina di circa due anni... Sarà la figlia di Ester?
Mi spiace che con la mia semplice cronaca non riesco a rendere l'intensità di questo libro. E' veramente tanto toccante quello che viene descritto, ed orribile.
La vicenda trae spunto dalla storia di Stanislawa Leszczynska, che davvero fu ostetrica ad Auschwitz, e che ovviamente è stata trasposta nella figura di Ana. Non si tratta di una biografia, si tratta comunque di un romanzo, nel quale sono presenti persone realmente esistite (tipo il dottor Mengele) e persone inventate ad hoc, avvenimenti realmente accaduti e avvenimenti verosimilmente accaduti e scoperti grazie alle testimonianze dei sopravvissuti.
La scrittura è molto delicata e anche trascinante, difficile mettere giù il libro, infatti nonostante siano 400 pagine le ho divorate in due giorni.
Angoscianti tante delle cose che sono raccontate e mi chiedo sempre come sia stato possibile che degli esseri umani siano arrivati ad un livello simile di crudeltà. Incredibile.
Lettura molto triste e molto toccante, che mi ha lasciato un notevole senso di sconforto addosso. Ampiamente consigliato.
Mio voto: 8 / 10