Titolo originale: L'età fragile (2023)
Non esiste un'età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c'è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent'anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c'erano tutti. I pastori dell'Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c'erano piú. Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c'è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile. A volte il tempo decide di tornare sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono. Stretta fra il vecchio padre cosí radicato nella terra e questa figlia piú cocciuta di lui, Lucia capisce che c'è una forza che la attraversa. Forse la nostra unica eredità sono le ferite. Con la sua scrittura scabra, vibratile e profonda, capace di farci sentire il peso di un'occhiata e il suono di una domanda senza risposta, Donatella Di Pietrantonio tocca in questo romanzo una tensione tutta nuova. (goodreads)
Lucia, dopo essersi separata dal marito, è costretta a tornare a casa dal padre e a fare i conti con qualcosa che è successo quando era una ragazzina. Sua figlia, Amanda, che ha voluto a tutti i costi andare a studiare a Milano, è tornata dai suoi genitori e si è chiusa nel silenzio per qualcosa che è successo là.
I rapporti di Lucia col padre sono sempre burrascosi. E' proprio il vecchio padre che ad un certo punto le lascia il terreno su cui era stato costruito il campeggio dove si è verificata una tragedia trent'anni prima. E quello è il luogo in cui Lucia non vorrebbe tornare neanche per sogno, mentre la figlia Amanda pare esserne attratta perchè vede delle potenzialità per il futuro.
Il libro è pieno di rapporti genitori/figli. A me è piaciuta molto la figura burbera del padre di Lucia, che le sbologna una questione piuttosto delicata (secondo me) perchè non sa come venirne fuori; infatti, il gestore del campeggio, suo amico da una vita, vorrebbe vendere il terreno a degli speculatori edili. Di altre idee sono invece le persone del luogo, che non vogliono cementificare la zona. Toccherà a Lucia capire se deve aiutare l'amico del padre o sentirsi libera di fare quello che vuole.
Il romanzo alterna il presente a flashback nel passato (saltando anche un po' di palo in frasca), scoprendo poco alla volta cosa è successo alle tre ragazze. Arrivando poi ad una lettera finale con la quale Lucia riesce a fare pace con se stessa.
L'autrice ha tratto libera ispirazione per questo libro da un fatto realmente accaduto, il delitto del Morrone, sempre in Abruzzo.
Donatella Di Pietrantonio scrive molto bene, anche se ha uno stile molto asciutto. Tuttavia, nonostante questo libro abbia vinto il Premio Strega, non raggiunge l'intensità e la bellezza de "L'arminuta". Di questo libro mi rimane la difficoltà di tagliare i ponti (vedi il divorzio prolungato), il voler scappare dalla terra natia per poi ritornarci (Lucia e Amanda), la difficoltà dei rapporti tra genitori e figli.
Molto toccante la scena finale del coro.
Libro gradevole ma con qualche pecca.
Mio voto: 7 e mezzo / 10
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