Titolo originale: Piero fa la Merica (2023)
Quelli come i Gevori li chiamano «i bisnenti»: hanno due volte niente. Per loro partire, più che una scelta, è un tuffo in un niente diverso, ancora sconosciuto. Anche se dai boschi del Veneto alle foreste del Brasile il viaggio è così lungo. Soprattutto in nave, soprattutto alla fine dell’Ottocento. Attraverso gli occhi di Piero, che ha quindici anni e tante cose in testa, Paolo Malaguti racconta l’epopea e la perdita dell’innocenza degli italiani nelle Americhe: il gesto rapinoso di costruire il mondo tra animali mai visti e piante lussureggianti, dove la lotta con la natura è un corpo a corpo quotidiano. E il futuro una scommessa.
Piero dei Gevori ha quindici anni e vive ai margini del bosco del Montello, l’antica riserva di legna della Serenissima. In famiglia sono tantissimi e poverissimi, hanno una casa che sta in piedi per miracolo, mangiano poco e non possiedono nulla. Come se non bastasse, la cattiva sorte si accanisce su di loro. Da qualche tempo, giù al paese, si dice che alla Merica regalino la terra a chi ha voglia di lavorare. Dopo l’ennesima ingiustizia, per i Gevori mettersi in viaggio in cerca di fortuna non è più una scelta, ma l’unica salvezza. Eppure, quando arrivano in Brasile insieme alla marea di italiani in fuga dalla miseria, non trovano il paradiso promesso. Lì in mezzo al nulla bisogna farsi spazio, abbattere gli alberi per costruire tutto da zero: dovranno strappare la terra al mato, tra le minacce sconosciute della foresta vergine, lontani da tutto e da tutti, senza alcuna possibilità di tornare alla vita che si sono lasciati alle spalle. Piero aiuta il padre e la sorella a mandare avanti il fondo, tira su case, semina granturco e fagioli: arriva alla sera con le ossa rotte, ma nel frattempo cresce. E crescendo impara due cose: che per morire basta il morso di un serpente, e che il primo amore è più pericoloso di tutte le bestie feroci messe insieme. Nel groviglio del mato, oltretutto, sarà lui a scoprire quello che nessuno aveva rivelato ai migranti. La loro terra appartiene ad altri, i nativi che quelle colline le abitano da sempre. Nel suo nuovo romanzo, Paolo Malaguti dà vita a una pagina dimenticata della migrazione italiana. Con la felicità narrativa che ben conosciamo e una lingua che ha i colori del veneto, dell’italiano e del portoghese, ci proietta in un mondo lontano e avventuroso, fatto di fatica e piante esotiche, febbre dell’oro e tradizioni da custodire a un oceano di distanza. (ibs)
Non conoscevo l'autore. Ho rischiato di fermarmi alle primissime pagine perchè mi ha fatto impressione la scena in cui descrive come uccide gli uccellini nei nidi (mi era bastato il precedente "mette la mano nel nido e fa quello che deve fare", senza dettagliarmi come lo fa). Nonostante questa scena racconti bene l'estrema povertà in cui viveva la famiglia di Piero (chiamati Gevori, che non è il loro cognome, che significa lepre, perchè si riproducono come lepri).
Mi è piaciuto molto il personaggio di Piero e la crescita lungo tutto il romanzo. Essendo il maggiore di una serie di fratelli, lui ha la sensibilità di occuparsi e preoccuparsi di Tonìn, anche prima che glielo chieda la madre. E' il suo modo di sentirsi responsabilizzato come fratello maggiore, e quando il padre gli dà una pacca sulla spalla, per lui questo gesto è il premio maggiore che poteva aspettarsi.
La vita però al paese è molto pesante, e il padre ad un certo punto torna a casa dicendo che si trasferiranno in America, perchè là c'è lavoro. Purtroppo, nel periodo in cui è prevista la traversata, la madre sarà prossima al parto; viene quindi deciso che il padre partirà coi tre figli maggiori (Piero, Lina e Tonìn), mentre il resto della famiglia li raggiungerà appena possibile. Questa spaccatura della famiglia non si rimarginerà più, e Piero molto spesso sente la mancanza della madre.
Piero, nonostante le vicende che gli accadono in Sud America, (tra cui una cosa che gli fa il padre e che tutto sommato lui riesce a comprendere) riesce a mantenere una sua sensibilità. Il finale è molto toccante.
E' un libro che ha molte cose dentro, e che non voglio raccontare troppo nel dettaglio per non spoilerare una lettura molto interessante. Anche perchè, la figura di Piero è ovviamente di fantasia, ma i fatti sono frutto di ricerca storica. Accanto a Piero e la sua crescita, protagonista del romanzo è la fame di terra, che brucia più della fame di cibo. Andare in Brasile a costruire colonie, significa anche cacciare da quei terreni, in modo piuttosto brutale, gli indigeni che ci vivevano prima. Terribile è la scena dell'assalto ai bugre (come vengono chiamati). Il senso di colpa delle azioni che ha dovuto commettere, rimarrà costantemente vigile in Piero per tutta la sua vita, in un finale che chiude un po' il cerchio con l'inizio del libro.
Molto bello.
Mio voto: 8 / 10
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