Titolo originale: Cien anos de soledad (1967)
Titolo in inglese: One hundred years of solitude
Da Jose Arcadio ad Aureliano Babilonia, dalla scoperta del ghiaccio alle pergamene dello zingaro Melquìades finalmente decifrate: Cent'anni di solitudine di una grande famiglia i cui componenti vengono al mondo, si accoppiano e muoiono per inseguire un destino ineluttabile, in attesa della nascita di un figlio con la coda di porco. Pubblicato nel 1967, scritto in diciotto mesi, ma "meditato" per più di tre lustri, Cent'anni di solitudine rimane un capolavoro insuperato e insuperabile, che nel 1982 valse al suo autore I'assegnazione del premio Nobel. Un libro tumultuoso con i toni della favola, sorretto da una tensione narrativa fondata su un portentoso linguaggio e su un'invidiabile fantasia. Garcia Marquez ha saputo rifondare la realtà e creare Macondo, il paradigma della solitudine, una situazione mentale e un destino più che un villaggio. Lo ha costretto a crescere avvinghiato alla famiglia Buendia. Lo ha trasformato in una città degli specchi e lo ha fatto spianare dal vento. In questo universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne, galleggia una moltitudine di eroi predestinati alla sconfitta, cui fanno da contraltare la solidità e la sensatezza dei personaggi femminili. Su tutti domina la figura del colonnello Aureliano Buendia, il primo uomo nato a Macondo, colui che promosse trentadue insurrezioni senza riuscire in nessuna, che ebbe diciassette figli maschi e glieli uccisero tutti, che sfuggì a quattordici attentati, a settantatre imboscate e a un plotone di esecuzione per finire i suoi giorni chiuso in un laboratorio a fabbricare pesciolini d'oro. (www.lafeltrinelli.it)
Avevo letto questo libro decenni fa, probabilmente quando ero alle superiori. Ricordo che mi era piaciuto, pur avendo fatto una fatica immane coi nomi dei protagonisti che sono sempre quelli.
Stavolta ho riletto con più attenzione e mi sono segnata i nomi dei vari personaggi per vedere di non perdere colpi. E ce l'ho fatta!
Questo romanzo è un po' la metafora della storia della Colombia, dalla fondazione allo stato moderno, passando per le guerre tra conservatori e liberali, il lento progresso, le lotte sindacali.
In Cent'anni di solitudine c'è la storia della famiglia Buendìa, le sette generazioni accomunate da un destino che si rincorre, sempre uguale, fino alla fine dei cent'anni segnato da una profezia di uno zingaro.
La vicenda della famiglia Buendìa è parallela alla vicenda della città di Macondo; così come essi l'hanno fondata, con la morte della famiglia la città viene rasa al suolo.
E' sicuramente un libro da leggere con attenzione, principalmente per i tanti personaggi tutti imparentati tra loro e anche per le vicende narrate. Anche se Garcìa Màrquez ha la capacità di concentrare cent'anni di avvenimenti senza renderli pesanti e tuttavia essendo anche abbastanza chiaro su cosa sta succedendo.
Ad un certo punto ho anche notato un paio di riferimenti ad altri due suoi romanzi (Erendira e la Mamà Grande).
Quest'opera di Garcìa Màrquez rientra in una corrente chiamata "realismo magico", dove elementi fantastici si intrecciano con la realtà. Nel romanzo, la linea di demarcazione fra vivi e morti non è così nitida, infatti i defunti continuano ad abitare la casa dei Buendìa; alcuni dei componenti della famiglia hanno il dono della chiaroveggenza, il tutto su uno sfondo di isolamento e arretratezza.
Mio voto: 8 / 10.