giovedì 19 dicembre 2024

Povera gente - Fiodor Dostoevskij


Titolo originale: Бедные люди (1846)
Titolo inglese: Poor folk

Quando questo romanzo venne pubblicato, Fëdor Dostoevskij aveva ventiquattro anni; fu un successo travolgente: la critica fu subito concorde nel dichiarare che il suo autore era un genio, un genio, però, che viveva nella miseria più nera, quella miseria senza speranza che ispira, appunto, "Povera gente". Due giovani si scrivono, si raccontano le loro piccole vicende quotidiane, le loro speranze, i loro sogni. Nasce così un amore che potrebbe aprire a entrambi la via della felicità, ma la loro miseria è tale che la ragazza deciderà di sposare un uomo non più giovane, ma ricco nella folle speranza di poter aiutare il suo infelice amico. Un romanzo epistolare che scosse la Russia e segnò l'inizio della carriera di un titano della letteratura mondiale. (goodreads)

Poichè mi sono ritrovata con una edizione ebook piuttosto datata (quella scaricabile da Liber liber con traduzione di Federigo Verdinois), ho provato a scaricare l'audiolibro da Media Library che aveva l'edizione Feltrinelli del 2016. Quindi procedevo ascoltando ma tenendo sott'occhio l'ebook.
Ammetto che tra i due ci sono notevoli differenze. Al di là della differenza nel linguaggio, piuttosto datato nell'ebook, decisamente più fresco nell'audiolibro, la cosa che mi ha lasciato perplessa è che ci sono proprio frasi diverse. Ad esempio, tutti i nomignoli (colombella e via dicendo) che si ascoltano nell'audiolibro non ci sono nell'ebook; poi nell'audiolibro Makar ripete duemila volte il nome di lei mentre nell'ebook non succede. Oltre ovviamene a termini tradotti in modo diverso. Questo mi ha fatto riflettere sull'importanza della traduzione ma soprattutto mi ha fatto chiedere dove stesse la verità. Cioè come scrive in realtà Dostoevskij? Sarei curiosa di vedere la versione originale...

"Povera gente" è il libro d'esordio di Dostoevskij. Nella versione Feltrinelli è scritto che qui troviamo "la prima fanciulla umiliata e offesa, il primo sognatore innamorato e disilluso dalla vita, il primo sordido individuo pronto a sottrarre l'innocenza a chi gli sta intorno". Effettivamente è vero, sono i temi che troviamo ricorrentemente nei libri di Dostoevskij.
Ho scoperto che anche la citazione a "Il cappotto" di Gogol è voluta, pare che Dostoevskij si sia ispirato da questo romanzo, in cui il protagonista è anche lui un copista come Makar. Questo romanzo fa imbestialire Makar perchè il protagonista vive una vita come la sua.
Io ci ho ritrovato molto delle notti bianche in questo libro, anche se ammetto che le notti bianche non mi ha fatto impazzire.
Ho trovato tanto amore e tanta tenerezza in Makar, paterno ma non solo, siamo quasi al limite dello stucchevole a volte. Lui è pronto ad assecondare ogni desiderio che esce dalla bocca di lei anche a costo di non mangiare o di non vestirsi. Lei invece è quella che gli è molto grata e al tempo stesso lo rimprovera perchè spende troppi soldi per lei, poi però quando lui le scrive che ha finito i soldi e non sa come pagare l'affitto lei gli chiede se può aiutarla.
Tanta denuncia sulla condizioni in cui vivono i poveri, come vengono derisi, come danno fastidio ai ricchi che però non vogliono vedere. Come esistono mendicanti veri ma anche bugiardi, mendicanti che mandano i figli ad elemosinare con la letterina di presentazione scritta da una madre che dice di essere ammalata, ma lo è poi davvero?
La povertà abbruttisce la persona anche psicologicamente. Il povero tende a considerarsi poco. Makar tende a nascondersi al lavoro perchè non vuole che vedano come è vestito male. 
Dostoevskij ha l'abilità di descrivere benissimo le scene, le situazioni, gli ambienti senza eagerare con fronzoli e di descrivere in modo emozionalmente potente il tormento dei personaggi (soprattutto quello di Makar).
Mio voto: 8 / 10

Il custode - Ron Rash


Titolo originale: The caretaker (2023)

Blowing Rock, Nord Carolina, 1951. Blackburn Gant, la cui esistenza è stata segnata fin da piccolo dalla poliomielite, sembra condannato a trascorrere una vita tra i morti come unico custode del piccolo cimitero. Il lavoro si addice alla sua personalità introversa e lo turba meno del contatto con i vivi. Ma quando il suo migliore e unico amico, Jacob Hampton, è inviato a combattere in Corea, questi gli affida la giovane moglie incinta Naomi. Anche lei è un’emarginata: povera e senza un’istruzione, lavorava come cameriera prima di incontrare Jacob. I due si erano innamorati perdutamente e si erano sposati contro il volere dei ricchi genitori di lui, provocando uno scandalo nella comunità.Isolati e respinti da tutti e spaventati dalla possibilità che Jacob non faccia più ritorno, Blackburn e Naomi si fanno forza a vicenda finché un tremendo inganno sconvolgerà le loro vite. Ma nessun segreto può essere custodito per sempre.
Appassionante e intenso, Il custode è un romanzo sui legami d’amicizia, sulle contraddizioni della famiglia e su cosa significhi davvero amare. (goodreads)

Ero molto curiosa di leggere questo libro perchè mi ispirava la trama, ovviamente, ma anche perchè ho avuto il piacere di conoscere dal vivo l'autore.
Leggere questo libro è stato emozionante. Nel bene e nel male.
Ho profondamente odiato gli Hampton e l'intrigo che hanno messo in piedi.
Ho amato Blackburn, grande e grosso, col viso deturpato dalla poliomielite, ma con un cuore enorme.
Ho sofferto con Jacob e Naomi, che si amano oltre i soldi, oltre le classi sociali, oltre la differenza di cultura.
Non voglio svelarvi niente della trama, soprattutto del finale, ma questo libro, pieno dell'atmosfera del Sud, pieno di tante emozioni, lo consiglio davvero. Se vi piacciono gli intrighi familiari, le storie di amore osteggiate, i patti di sangue. 
Mio voto: 9 / 10.

Le streghe di Manningtree - A.K. Blakemore


Titolo originale: The Manningtree Witches (2021)

Inghilterra, 1643. Il Parlamento combatte contro il re, la guerra civile infuria, il fervore puritano attanaglia il Paese e il terrore della dannazione brucia dietro ogni ombra. A Manningtree, una cittadina della contea dell’Essex privata dei suoi uomini fin dall’inizio della guerra, le donne sono abbandonate a se stesse; soprattutto alcune di loro, che vivono ai margini della comunità: le anziane, le povere, le non sposate, quelle dalla lingua affilata. In una casupola sulle colline abita la giovane Rebecca West, figlia della vedova Beldam West, «donnaccia, compagna di bevute, madre»; tra un espediente e l’altro Rebecca trascina faticosamente i suoi giorni, oscurati dallo spettro incombente della miseria e ravvivati soltanto dall’infatuazione per lo scrivano John Edes. Finché, a scombussolare una quotidianità scandita da malelingue e battibecchi, in città non arriva un uomo: Matthew Hopkins, il nuovo locandiere, che si mostra fin dal principio molto curioso. Il suo sguardo indagatore si concentra sulle donne più umili e disgraziate, alle quali comincia a porre strane domande. E quando un bambino viene colto da una misteriosa febbre e inizia a farneticare di congreghe e patti, le domande assumono un tono sempre più incalzante… Le streghe di Manningtree è la storia di una piccola comunità lacerata dalla lenta esplosione del sospetto, in cui il potere degli uomini è sempre più illimitato e la sicurezza delle donne sempre più minata. (ibs)

Ho fatto un po' di fatica all'inizio di questo libro, soprattutto per il linguaggio un po' ruvido e scurrile utilizzato. In effetti, essendo il libro narrato in prima persona da Rebecca, è allineato al personaggio. Tutto il linguaggio è sapientemente adattato al periodo storico di cui racconta, e troviamo spesso dei termini che non ho mai sentito in vita mia (altrettali libelli per altrettanti libri, o doglianza per dolore). Ad un certo punto la storia prende e ammetto che diventa difficile interrompere la lettura perchè sono stata catturata dalla vicenda, molto triste, delle streghe. Intanto siamo in piena guerra civile, molti uomini sono al fronte o sono già morti; le donne che hanno atteggiamenti sopra le righe, o che sono vedove o povere, sono guardate male. Alcune di esse si suppone che sappiano fare malefici in quanto dopo aver lanciato delle "maledizioni" succede che davvero qualcosa di simile si avvera. Così succede col bambino che risponde male alla Beltam West che gli fa una domanda; quando poi lui si ammala con convulsioni che sembra posseduto dal demonio, allora la gente pensa che sia stata la sgridata che ha ricevuto dalla donna. Peraltro, la Beltam West ha fama di essere riuscita, con una maledizione, a far naufragare una intera nave...
Fatto sta che Matthew Hopkins, nuovo proprietario della locanda, comincia ad assumersi il ruolo di predicatore, mandato da Dio per riconoscere e sconfiggere il demonio che vive sulla terra, e comincia ad accanirsi contro la Beltam West e le sue amiche. Vediamo quindi i metodi che utilizza per estorcere confessioni, per torturare queste donne (tipo privarle del sonno). In particolare la prima che tortura è una ottantenne senza una gamba, Elizabeth Clarke, la prima donna che riesce a far giustiziare per stregoneria.
L'autrice dice che le interessava più concentrarsi sulle vittime che non sul carnefice, e sicuramente attraverso le parole di Rebecca riusciamo a capire molto. Ma anche la ricostruzione ipotetica che ha fatto del carnefice è interessante. Dico ipotetica perchè di Hopkins si sa in realtà poco, a parte del suo operato come inquisitore e del fatto che è morto giovane, il resto è stato inventato dall'autrice. Interessante però anche il suo tormento nei confronti di Rebecca.
Il libro è molto interessante, molto crudo e triste, soprattutto pensando che riprende un avvenimento storico in cui la povertà, l'ignoranza e la superstizione hanno portato ad uccidere centinaia di donne perseguitate senza avere nessuno che le difendesse. Aggiungerei anche la codardia di molti uomini.
Le pagine dove vengono trascritte alcune delle testimonianze davvero registrate durante il processo alle streghe, sono complicate da leggere per il linguaggio. Le pagine con le poesie mi sono chiesta se c'entravano o meno.
Quasi tutti i personaggi sono realmente esistiti, tranne alcuni (tipo Mastro Eldes). 
Molto toccante il momento in cui viene impiccata la vecchia Clarke.
Libro gradevole. Bisogna però ricordarsi che, pur se la scrittura è scorrevole e la vicenda scorre bene, la verità è che queste cose sono successe davvero.
Mio voto: 7 e mezzo / 10

Saltblood. Sangue Salmastro - Francesca De Tores


Titolo originale: Saltblood (2024)

Plymouth, 1685. Un bambino di circa un anno, Mark Read, muore proprio mentre sta venendo alla luce la sua sorellastra Mary. Per continuare a percepire un reddito da parte della famiglia del padre del bambino, la madre dei due escogita uno stratagemma: farà passare la neonata Mary per Mark, allevandola come un maschio e facendole prendere il posto del primogenito. Cresciuta all’ombra del fratellastro morto e portandone il nome, Mary impara presto a mantenere il segreto rappresentato dal proprio corpo. Adolescente, viene impiegata a servizio di una donna benestante, ma quando nel 1701 l’Inghilterra entra in guerra contro Francia e Spagna, Mary vede in quel conflitto una via di fuga da una sorte che sente già segnata: si arruola quindi nella Royal Navy, che le permette di conoscere il mondo e di assaporare un briciolo di libertà. Dopo anni trascorsi nella marina e nell’esercito, Mary trova l’amore e decide di rivelare il proprio segreto e congedarsi dalle forze armate. Trasferitasi nelle Fiandre insieme al marito, Mary si accinge a diventare moglie e madre, ma la sua cognizione di sé e della propria vita cozzano contro ciò che la società si aspetta da una donna, e lei si sente soffocare. Sarà l’ineludibile richiamo del mare a sancire il suo destino, e a far sì che – dopo essere stata fanciulla, ragazzo, marinaio, soldato e moglie – Mary diventi chi forse è sempre stata: una pirata, parte della ciurma di Calico Jack Rackham e affiancata dalla temeraria Anne Bonny, di cui è amica e amante. Ispirato alla vera storia di Mary Read e Anne Bonny, "Saltblood. Sangue salmastro" è insieme una rigorosa ricostruzione storica e un romanzo d’avventura, una storia d’amore e un Bildungsroman che s’interroga sui limiti del corpo, del genere e di quello che siamo e osiamo immaginare di diventare. (goodreads)
Una delle libraie mi ha proposto di leggere questo libro, secondo titolo di una nuova collana edita da N/N editore.
La trama spiega già bene cosa si trova inquesto libro. Una bambina che ha sempre vissuto all'ombra del fratello morto, portandone il nome e dovendosi passare per lui, che ad un certo punto è stanca di questa situazione perchè vuole essere Mary e non più Mark. E' il mare che le fa capire la sua vera natura, quella di pirata, di navigatrice, di qualcuno che ha il mare nel sangue. Molte sono le riflessioni che fa Mary nella sua vita, credo che il suo personaggio sia caratterizzato molto bene.
Ho fatto fatica un po' ad ingranare nella lettura che parte molto lenta. Ho trovato noiosa la parte in cui Mary si arruola nell'esercito (si poteva decisamente tagliare). Ho apprezzato molto le pagine in mare, mi sono proprio sentita il sale addosso. Mi è piaciuta la figura del corvo che sta sempre appollaiato in vista di Mary. E' stato interessante scoprire alcune cose che non sapevo dei pirati.
Nel complesso è stata una lettura gradevole.
Mio voto: 7

L’età fragile - Donatella Di Pietrantonio


Titolo originale: L'età fragile (2023)

Non esiste un'età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c'è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent'anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c'erano tutti. I pastori dell'Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c'erano piú. Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c'è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile. A volte il tempo decide di tornare sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono. Stretta fra il vecchio padre cosí radicato nella terra e questa figlia piú cocciuta di lui, Lucia capisce che c'è una forza che la attraversa. Forse la nostra unica eredità sono le ferite. Con la sua scrittura scabra, vibratile e profonda, capace di farci sentire il peso di un'occhiata e il suono di una domanda senza risposta, Donatella Di Pietrantonio tocca in questo romanzo una tensione tutta nuova. (goodreads)

Lucia, dopo essersi separata dal marito, è costretta a tornare a casa dal padre e a fare i conti con qualcosa che è successo quando era una ragazzina. Sua figlia, Amanda, che ha voluto a tutti i costi andare a studiare a Milano, è tornata dai suoi genitori e si è chiusa nel silenzio per qualcosa che è successo là. 
I rapporti di Lucia col padre sono sempre burrascosi. E' proprio il vecchio padre che ad un certo punto le lascia il terreno su cui era stato costruito il campeggio dove si è verificata una tragedia trent'anni prima. E quello è il luogo in cui Lucia non vorrebbe tornare neanche per sogno, mentre la figlia Amanda pare esserne attratta perchè vede delle potenzialità per il futuro.
Il libro è pieno di rapporti genitori/figli. A me è piaciuta molto la figura burbera del padre di Lucia, che le sbologna una questione piuttosto delicata (secondo me) perchè non sa come venirne fuori; infatti, il gestore del campeggio, suo amico da una vita, vorrebbe vendere il terreno a degli speculatori edili. Di altre idee sono invece le persone del luogo, che non vogliono cementificare la zona. Toccherà a Lucia capire se deve aiutare l'amico del padre o sentirsi libera di fare quello che vuole.
Il romanzo alterna il presente a flashback nel passato (saltando anche un po' di palo in frasca), scoprendo poco alla volta cosa è successo alle tre ragazze. Arrivando poi ad una lettera finale con la quale Lucia riesce a fare pace con se stessa.
L'autrice ha tratto libera ispirazione per questo libro da un fatto realmente accaduto, il delitto del Morrone, sempre in Abruzzo.
Donatella Di Pietrantonio scrive molto bene, anche se ha uno stile molto asciutto. Tuttavia, nonostante questo libro abbia vinto il Premio Strega, non raggiunge l'intensità e la bellezza de "L'arminuta". Di questo libro mi rimane la difficoltà di tagliare i ponti (vedi il divorzio prolungato), il voler scappare dalla terra natia per poi ritornarci (Lucia e Amanda), la difficoltà dei rapporti tra genitori e figli.
Molto toccante la scena finale del coro.
Libro gradevole ma con qualche pecca.
Mio voto: 7 e mezzo / 10